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ThyssenKrupp, mercoledì incontro in Regione L’azienda si difende: “Nessuna discriminazione”

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Dopo la lettera a Napolitano, gli incontri istituzionali. I 16 lavoratori della Thyssen in cassa integrazione, da questa mattina in presidio in piazza Castello, incontreranno i vertici regionali su richiesta della Fiom mercoledì alle 14,30. Domani invece sarà la volta di un tavolo in prefettura. Il 30 giugno scadranno infatti gli ammortizzatori sociali e gli operai – costituitisi parte civile nel processo contro la multinazionale tedesca per il rogo del 6 dicembre 2007 – verranno posti in mobilità, ovvero in quella che giudicano “un’anticamera della disoccupazione”.

“Ci siamo sempre occupati e continueremo a occuparci della vicenda Thyssenkrupp – ha dichiarato Lino La Mendola della Fiom torinese – All’incontro di mercoledì auspichiamo che l’azienda sia presente, che sia possibile rinnovare ulteriormente la cassa integrazione, e che soprattutto gli enti locali si facciano carico di trovare soluzioni occupazionali per questi lavoratori”.

LE PAROLE DI BOCCUZZI. “Non chiediamo altro che il rispetto dell’accordo siglato con l’azienda, ovvero che ci venga data la possibilità di continuare a lavorare”: così ha dichiarato il deputato del Pd (sopravvissuto all’incendio del 2007) Antonio Boccuzzi, presente al presidio permanente degli operai davanti al palazzo della Regione. ?”Ai 16 lavoratori della Thyssen è arrivata la lettera di licenziamento per cui dal 30 giugno saranno costretti alla mobilità senza che sia loro concessa la cassa integrazione in deroga e, soprattutto, senza che sia loro garantita quella ricollocazione lavorativa che era prevista nell’accordo di chiusura dello stabilimento torinese. Chiediamo alla Regione un intervento immediato, affinché i patti vengano rispettati e con essi la dignità dei lavoratori”.

“NESSUNA DISCRIMINAZIONE”. Secondo fonti della direzione del personale raccolte da La Nazione, la ricollocazione dei lavoratori non sarebbe “in nessun modo” legata alla costituzione di parte civile nel processo torinese: “All’atto della chiusura dello stabilimento piemontese, la forza lavoro era costituita da 385 unità, che nel frattempo grazie anche alla collaborazione di aziende di outplacement, sono state in buona parte ricollocate, con eccezione di quelle che hanno avuto accesso alla pensione. Va precisato, peraltro – sottolineano le fonti – che ai fini della ricollocazione, la eventuale costituzione di parte civile nel processo non ha assolutamente rappresentato elemento di discriminazione”.