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Cultura

Midnight in Paris, l’ultimo film di Woody Allen in anteprima italiana al Torino Film Festival

Davide Mazzocco

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Lui che quando era molto molto più giovane proclamava a ogni sequenza di ogni suo film l’amore per New York, lui che sulla Grande Mela fece un film – Manhattan – che racconterà eternamente la sua città con la stessa struggente malinconia con cui la raccontano le note di Gershwin, lui ora che viaggia verso gli ottant’anni sembra aver scoperto che altri set sono possibili. Se è vero che l’Europa, specialmente negli ultimi anni, ha dimostrato di apprezzarlo più del suo paese natale è anche vero che Woody Allen ha intuito il modo per spendere l’ultima fase della propria carriera ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo. Dopo Londra e la Spagna per Midnight in Paris la capitale di Francia: la macchina da presa indugia a lungo sulle bellezze della capitale francese con una spudorata operazione di product placement di cui avevamo già avuto fulgido esempio in Vicky Cristina Barcelona. A citare i latini pecunia non olet… Le aziende di promozione turistica ringraziano e per gli spettatori meno smaliziati il product placement (in italiano “marketting”) non è che cornice. Fra l’altro la prossima città a ringraziare sarà Roma, beneficiaria di Nero Fiddled.

Ma veniamo al dunque. Gil (Owen Wilson) è uno sceneggiatore frustrato con una moglie tanto bella quanto noiosa (Rachel McAdams). Lui è un po’ retrò e il suo sogno sarebbe quello di vivere nella Parigi degli anni Venti, quella che per una straordinaria congiunzione astrale fu attraversata dai maggiori geni dell’epoca. Il miracolo si compie. Nelle sue passeggiate notturne Gil si trova proiettato, per uno strano sortilegio, proprio nell’epoca tanto sognata. Conosce quei due mattacchioni di Francis Scott Fitzgerald e Zelda, il giovane Pablo Picasso, uno stralunato Salvador Dalì (giù il cappello per Adrien Brody!!!), un divertito e divertente Cole Porter, uno scontroso Ernest Hemingway e poi, ancora, Henri Matisse, Gertrude Stein, Man Ray, Luis Bunuel, e così via. La fascinosa Adriana (Marion Cotillard) lo porterà ben oltre, in un’altra epoca che gli dimostrerà come gli artisti riescano ad andare al di là dell’epoca nella quale hanno piantati saldamente i loro arti inferiori.

Un divertissement bello e buono, senza pretese. Qualcuno potrà dire: un filmetto. Difficile dargli torto. Allen paga il fatto di voler fare un film all’anno con frequenti battute a vuoto. Ma al contempo questo è il suo stile: 4-6 settimane di riprese in estate, post produzione fra autunno e inverno, presentazione a Cannes o a Venezia. Woody Allen è un brand e come tale va alimentato anche con regolarità e adattandosi ai cambiamenti. Allen – passato per le mani di quella volpe di Spielberg – ha capito che nell’era della globalizzazione avrebbe dovuto portare le sue nevrosi borghesi fuori da Manhattan e lo sta facendo usando il mestiere e la malizia. D’altronde con oltre quarantatré film in quarantacinque anni di carriera non ha più nulla da dimostrare. E, comunque, nonostante non sia certo un capolavoro, ce ne fossero dalle nostre parti di commedie così!

In programmazione domenica 27 novembre alle ore 22 al Reposi 3, lunedì 28 novembre alle ore 14:30 al Reposi 3, martedì 29 alle 22 al Greenwich Village 3.

 

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