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Servizio civile in bilico. Anche a Torino

Redazione Quotidiano Piemontese

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In teoria dovrebbe essere un’opportunità per i giovani, un incentivo a impegnarsi in progetti di crescita e aiuto, con la garanzia di una piccola retribuzione. In realtà è un sistema paralizzato e vicino al collasso. Il Servizio Civile volontario, nato nel 2001 dopo la fine della leva obbligatoria e il tramonto della vecchia figura dell’obiettore di coscienza, proponeva un modello d’eccellenza, tra i più evoluti d’Europa. Oggi, dopo anni di tagli selvaggi, è ridotto a lumicino. Non ci sono nemmeno più i fondi per pagare i volontari già messi a bando. E così i progetti si riducono e le partenze si spostano, sperando in qualche piccola boccata d’ossigeno per il futuro. I ragazzi selezionati a ottobre per i progetti proposti dal Comune di Torino inizieranno il servizio non prima di maggio (e non è neanche detto). Le conseguenze sul mondo del sociale e della cultura rischiano di essere pesanti.

Da tempo, a livello nazionale, la macchina organizzativa non funziona più: si devono usare fondi del nuovo anno per coprire le spese dell’anno precedente, i lunghi tempi d’attesa scoraggiano molti ragazzi che, anche se ritenuti idonei, preferiscono ripiegare su scelte lavorative più sicure e immediate. Ma, naturalmente, i più danneggiati sono gli enti beneficiari, che ogni anno vedono drasticamente ridursi il numero di giovani a loro disposizione e per di più devono fare i conti con ritardi e incertezze. Un quadro che rende di fatto impossibile qualunque progetto a lungo termine. Anche il Comune di Torino si trova in questa situazione. Nel 2011 ha partecipato alla graduatoria nazionale con 38 progetti e ha selezionato 163 volontari su 1341 candidati. Ora però tutto è fermo: l’avvio del servizio sembra un miraggio e ai ragazzi si chiede di aspettare fino a data da destinarsi.

Per dare un’idea della situazione basta ricordare che nel 2009 lo Stato aveva stanziato 299 milioni di euro per il servizio civile, mentre la Finanziaria per il 2011 ne prevedeva solo 110, poi ulteriormente ridotti dalle varie manovre. In Piemonte, oltre agli enti territoriali, tante realtà attive nel sociale rischiano di trovarsi in grave difficoltà e di dover rinunciare, per mancanza di volontari, a progetti preziosi. Un esempio tra tanti è il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti, molto conosciuto a Torino per le sue tante iniziative a sostegno degli ultimi.  Fino al 2005 il Gruppo Abele poteva contare su circa 40 volontari ogni anno. Oggi i giovani in servizio sono appena 12, a fronte di una richiesta sempre crescente: le candidature sono più di 90.