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Cultura

Nel film di formazione del torinese Faenza il dolore è solo nel titolo

Davide Mazzocco

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Questa volta il coming of age, il film di formazione non arriva da un giovane emergente ma da Roberto Faenza, regista con 45 anni di cinema alle spalle che porta sullo schermo Un giorno questo dolore ti sarà utile, romanzo di Peter Cameron edito da Adelphi. La storia – nei cinema italiani dal 24 febbraio – ricorda quella del giovane Holden e vede il 17enne James (Toby Regbo) fare i conti con l’eccentrica famiglia composta dalla madre il cui ultimo matrimonio è andato a monte dopo 48 ore, la sorella Gillian che ha una relazione adulterina con il suo professore di linguistica, il padre che frequenta giovani ragazze e progetta un’operazione di chirurgia estetica e la nonna anticonformista che sembra l’unica in grado di comprenderne lo spirito sensibile e introverso.

Il pool di attori messo in campo per questo film è di assoluto livello. C’è Ellen Burstyn un Oscar (per Alice non abita più qui)  e altre cinque nomination ma famosa soprattutto per essere stata la mamma del cult L’esorcista, c’è la bravissima Marcia Gay Harden (Oscar per Pollock) e poi ci sono comprimari di provata affidabilità come  Peter Gallagher (già volto dei Coen, di Soderbergh, Altman e Mendes), Stephen Lang (Avatar) e Lucy Liu (Charlie’s Angels e Kill Bill). Anche il giovane protagonista Tony Regbo (già visto in Mr Nobody) si muove con grande disinvoltura sullo schermo e conferma come la coralità sia il punto di forza di un film che sembra invece mancare proprio nella descrizione del “dolore” oggetto del titolo.

Sarà per i tempi in cui viviamo ma è difficile immedesimarsi negli ordinari drammi di un adolescente introverso e malinconico come tanti ma provvisto di parecchie uscite di sicurezza dovute al suo status sociale. I “drammi” scaturiti dalla più volte evocata gita a Washington, risolti con un paio di sedute di running e psicanalisi sull’Hudson sembrano acqua fresca al cospetto di altri ritratti con efficacia dal regista torinese (su tutti la storia di don Puglisi in Alla luce del sole). È come se ci fosse troppa letteratura in questo film che sottolinea con acutezza il divario fra il linguaggio edulcorato degli adulti e quello innocente e sincero degli adolescenti ancora capaci di chiamare le cose con il loro nome. Lo psicanalista diventa life coach, la plastica facciale diventa intervento di chirurgia estetica mirata, la discarica è isola ecologica. Il dolore di crescere che era il fulcro di due fra i più bei film della scorsa stagione (The tree of life e Il ragazzo con la bicicletta) qui è ridotto a episodi ed è davvero difficile provare empatia per il protagonista che corre dalla nonna dopo l’ennesima incomprensione con i famigliari e le chiede come “consolazione” una casa di campagna da 98.000 dollari. Ed è altrettanto difficile provare empatia per questo ragazzo che dopo essersi scontrato con i compagni coi quali è in gita va a rifugiarsi in una suite d’albergo da 700 dollari (!) a notte. In questi tempi, in cui per parecchi giovani con dieci anni in più del protagonista è difficile persino guadagnare quella cifra a fine mese, un film come Un giorno questo dolore ti sarà utile sembra un oggetto distante, incapace di suscitare le emozioni che promette.

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