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Cultura

Dalla Galizia al Piemonte Movie ecco “9 onde”, il film ad azionariato popolare

Davide Mazzocco

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Cresciuto a Cirimido (Co), laureato in Scienze della Comunicazione con una tesi su cinema e cultura galiziana, Simone Saibene vive da un paio d’anni in Galizia, a Ourense. Alle spalle ha un documentario sperimentale sull’Apocalisse di San Giovanni a Patmos in Grecia e i corti Il furto della zucca e Ritorno a San Andrés, lavoro al quale hanno partecipato i torinesi Andrea Viali e Fabio Russo che hanno curato il suono in presa diretta. Quest’estate girerà il suo primo lungometraggio 9 onde, il cui innovativo progetto di finanziamento dal basso (crowdfunding) verrà presentato sabato 10 marzo alle ore 18:30 al Blah Blah.

Nei periodi di crisi capita spesso che le spinte innovative arrivino dalle periferie, lontano dai grandi centri culturali, quasi che la necessità rendesse il pensiero più agile, più adattabile ai cambiamenti. Puoi spiegarci a grandi linee che cos’è il progetto El Cercano?

Elcercano.com, ideato dal giornalista Moncho Conde-Corbal, è uno spazio fisico e virtuale, reale e utopico allo stesso tempo, fuori dalla logica delle sovvenzioni pubbliche e aperto a chiunque lo desideri. Lì si sviluppano idee e progetti sperimentando nuove forme di coesione tra coloro che scommettono su un cambio di paradigma. Condivido con te l’idea che Elcercano.com non sarebbe diventato in pochi anni quello che è senza Ourense, una città di 119mila abitanti, nell’entroterra galiziano, dove si conoscono più o meno tutti e dove l’offerta culturale non è scarsa ma non è nemmeno quella di Santiago o di Madrid. Non mi immagino Elcercano.com, e nemmeno il progetto 9 onde, in grandi città come Milano o Barcellona. Il contesto culturale non lo permetterebbe.

Di che cosa parla 9 Onde? Che peso avranno i luoghi nella tua opera e in rapporto alla tua condizione di galego acquisito?

9 onde si avvicina al tema dell’identità nel mondo contemporaneo. È la storia di un uomo che perde la memoria bevendo a una fonte d’acqua al confine tra Galizia e Portogallo e da quel momento comincia un cammino verso la sua vera identità. In 9 onde i luoghi sono reali: Lobios, il Couto Mixto, Xinzo de Limia, Ourense, A Lanzada…  Ognuno di essi è un contenitore di simboli, di leggende e tutti apporteranno qualcosa alla storia. Oltretutto l’identità galiziana, definita da Santiago Lamas come borrosa, sfocata e imprecisa, è lo scenario ideale per una storia che rivendica l’opacità in tema d’identità. Il fatto poi di essere italiano d’anagrafe ma fortemente identificato con un’altra terra, mi permette di mantenere un dialogo sempre aperto con questo tema. In questo senso mi considero un galego ritrovato più che acquisito.

Quanto c’è di autobiografico nel tuo film?

9 onde non è un film autobiografico però comincia anche all’interno di queste riflessioni… Credo che semplicemente quando incontri una terra, un luogo dove puoi sviluppare il tuo destino in forma naturale, bene, questo è il tuo luogo. Questa ricerca mi ricorda quella dei cespugli che si vedono rotolare nei film western. Sono piante che percorrono grandi distanze durante molto tempo prima di incontrare il suolo perfetto dove gettare le proprie radici. E il tempo trascorso rotolando non è perso, al contrario, è poetico, è molto cinematografico.

9 Onde verrà prodotto con una formula partecipativa: puoi spiegarci, nel dettaglio, le tre formule di partecipazione? 

La prima formula partecipativa è quella della vendita di azioni del valore di 100 € cada una. Ogni singola azione, oltre che dare diritto al possessore comparire, con il proprio nome e cognome, tra i credits del film, darà diritto allo 0,4% dei proventi che genererà 9 onde nel corso dei prossimi 25 anni. La seconda formula è quella della vendita di partecipazioni del valore di 50 € cada una che darà diritto al possessore soltanto di comparire tra i credits del film. L’ultima formula è quella della partecipazione con singole quote a partire da 10 € che daranno diritto a un biglietto per l’anteprima e a un foglio di ringraziamento per l’aiuto concesso. Non ci appoggiamo a nessuna piattaforma digitale, si può fare un versamento direttamente sul conto corrente segnalato sulla pagina di www.elcercano.com, o personalmente assistendo a una delle presentazioni che faremo in Italia e Spagna nel corso di prossimi mesi.

Esistono precedenti in tal senso? Puoi citarci qualche titolo che abbia utilizzato questa formula?

Se non sbaglio il documentario collettivo Milano 55.1, curato a Luca Mosso e Bruno Oliviero, è stato finanziato con la formula del crowdfunding. Anche altri due documentari Vinylmania di Paolo Campana e La fabbrica è piena di Irene Dionisio (entrambi presenti nell’edizione 2011 di Piemonte Movie, ndr), si basano su questa strategia. Nell’ambito dei lungometraggi di finzione non mi vengono in mente esempi, Moncho ed io abbiamo deciso di trasferire al cinema questa formula di finanziamento collettivo dopo aver assistito al successo di due libri pubblicati da Elcercano.com. Ovviamente, per il cinema, ne abbiamo inventato una a tre partecipazioni, completamente nuova e che non ha precedenti a quanto ci risulta.

In una società in cui le leggi e le modalità che hanno tenuto insieme il patto sociale per secoli sembrano non essere più valide che significato ha fare un film che nasce con una partecipazione dal basso?

Per persone come me, intorno ai 30 anni, che hanno sempre vissuto precariamente e fuori dalle logiche dei dinosauri della grande industria cinematografica, ora si aprono grandi opportunità. Stiamo vivendo un cambio di paradigma e io credo che il crowdfunding sia un cammino possibile, qui e ora. Già si sono raggiunti risultati importanti nella musica, nella letteratura… perché non provare con il cinema? In Galizia, negli ultimi anni, si è dimostrato che si possono produrre film molto interessanti, con pochissime risorse. Per esempio, Oliver Laxe con un finanziamento di 30.000 € ha realizzato Todos vós sodes capitáns vincendo la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes… Inoltre trovo molto interessante questa formula di finanziamento collettiva perché permette di avvicinare la gente a un cinema più personale e periferico già dal principio. Mentre la maggior parte delle volte sono due mondi che viaggiano separatamente. Penso che nell’era del digitale il cinema debba continuare a essere un’arte collettiva.

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