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Ambiente

I rischi ambientali della Valle Susa: acqua, uranio e amianto – video

Redazione Quotidiano Piemontese

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Il Fatto Quotidiano ha mandato i suoi  giornalisti in Valle Susa a verificare i rischi ambientali nella Valle, che purtroppo sono molti e complessi: dalle falde acquifere alle presenze di radioattività da Urano e da amianto diffuso.

Falde compromesse, torrenti avvelenati, sorgenti prosciugate: in Val di Susa a creare problemi non è solo il Tav. Nel comune di Giaglione, in particolare, sono tre le minacce alla preziosa riserva idrica: oltre all’alta velocità, le opere delle società Sitaf (autostrade) ed Iren (energia idroelettrica) potrebbero presto lasciare il paese valsusino completamente all’asciutto. “L’amministrazione ha preso accordi con le società senza avvertire la popolazione e rifiutando di incontrala in riunioni e dibattiti pubblici”, protesta un gruppo di donne giaglionesi: “Si abbassa la testa di fronte a grandi società che promettono soldi o il rifacimento di piazze e strade in cambio della gestione del territorio”. Un territorio minacciato anche dai materiali radioattivi del sottosuolo. Che, se non lasciati dove sono, possono aumentare notevolmente l’incidenza di diverse patologie. Nella miniera del Molaretto, ad esempio, la presenza di uranio porta i livelli di radiazioni fino a 1000 volte il fondo naturale.

Ma i problemi di quelle aree non si limitano alla perdita delle risorse idriche. Resta anche da affrontare la questione della presenza di uranio nelle montagne. Secondo il governo italiano, autore di un recente documento in cui si sostiene che il progetto del Tav “non genera danni ambientali diretti ed indiretti” e il cui “impatto sociale sulle aree attraversate è assolutamente sostenibile”, questo minerale addirittura non è presente in quelle rocce. Le rivelazioni eseguite in loco da Massimo Zucchetti, docente di Protezione dalle Radiazioni del Politecnico di Torino, sembrano però dare torto all’esecutivo. Per il docente torinese il documento diffuso dal governo è di “un’imbarazzante pochezza”. Il testo prodotto dal tecnico Monti, dice, “affastella affermazioni approssimative, errate, e soprattutto – cosa più grave – prive di fonti e studi verificabili a loro supporto”.

In effetti, nella miniera del Molaretto di radiazioni ce ne sono eccome, mentre chi oggi propone la grande opera ferroviaria afferma che in seguito ad appositi carotaggi tutti i valori “rientrano nella norma”. “Strano che non risulti presenza di uranio proprio dove si scaverebbe il tunnel – ricorda Zucchetti – quando in tutta l’area si segnalano ben 28 affioramenti uraniferi”.

Uranio, gas radon, ma anche amianto, di cui nei progetti si ammette la presenza solo nei primi 500 metri di roccia, ma il cui smarino (polveri e detriti) prodotto durante le fasi di scavo e movimentazione del materiale di risulta potrebbe determinare una contaminazione ambientale in aria e su superfici di entità non trascurabile. “Solo 500 metri di tunnel di base – sottolinea il professore – corrispondono comunque a 170.000 metri cubi di questo smarino, pari al carico di 17.000 Tir”. “Attendiamo una valutazione seria su questi aspetti, che tuttora manca”, conclude l’ingegnere nucleare: “O forse resta solo da capire quante risorse e quanti ulteriori soldi pubblici verranno sprecati prima che il progetto venga abbandonato”.

 

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