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“I Piemontesi non sono italiani, vogliamo più rispetto”. Parola a Gioventura Piemontèisa – video

Redazione Quotidiano Piemontese

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Comoli Novero Gioventura PiemonteisaNon è in una piola di una volta, ma in un bar di piazza Rivoli che incontro i rappresentanti di uno dei movimenti forse meno noti, ma più controversi dell’intero Piemonte. Maglioncino a righe dai colori pastello, occhialetti tondi con il cordino, capigliatura ordinata: Carlo Comoli non ha per nulla l’aspetto di quel ribelle sabaudo che il suo ruolo imporrebbe. Presidente, anzi, “Reggente” (come mi suggerisce il suo collega Roberto Jean Michel Novero) di Gioventura Piemontèisa, associazione che dal ’93 lotta per l’identità piemontese.

Noi non siamo italiani. Non lo siamo per storia, cultura, lingua e tanti altri motivi. Né siamo francesi. I Piemontesi sono un gruppo a sé nato dalla divisione tra Cisalpini e Transalpini e, dall’Unità d’Italia in poi, lo stato sta provando a sostituirci.

Con chi?
Con gli italiani! Ci dicono che discendiamo dai Celti, ma vorrebbero che fossimo tutti come il commissario Montalbano.

In che senso?
Dal 1860 in poi ci hanno messo su un piano inclinato. È stato attuato un vero e proprio processo di “nation building” a discapito del popolo che questa nazione ha contribuito a crearla. Il modello di cittadini che le istituzioni hanno in mente è quello dei Rom, gente senza patria, frammentata e più facile da comandare.

Facciamo un passo indietro. Cos’è Gioventura Piemontèisa?
Siamo nati ormai 21 anni fa per tutelare le nostre radici. Non è un discorso razzista, anzi. Bisogna sempre distinguere l’immigrazione dal problema della criminalità, ma in Piemonte non esiste il razzismo o l’intolleranza, è un’invenzione dei giornali. Ha presente i cartelli dei primi anni ’60 con scritto “Non si affitta ai meridionali?”

2694339162Sì e allora?
Sono falsi. Abbiamo conosciuto chi, per far montare la polemica, li ha scritti di suo pugno e poi ha inventato la storia che i giornali hanno portato avanti. L’immigrazione ha influito in questo processo di de-piemontesizzazione, ma rischia di essere solo un grosso alibi per chi vuole tacciare il Nord-Ovest di poca apertura.

Cosa fa nel concreto il vostro movimento?
Cerchiamo di difendere una specificità che da Roma vogliono cancellare per uniformare tutti. La colpa è anche dei piemontesi stessi che hanno accettato per troppo tempo le imposizioni dell’Italia senza fiatare, ma li posso capire. Dopo che per 50 anni giri i bulloni in Fiat è normale che ti rincoglionisci…Noi vogliamo partire dalla riscoperta della lingua piemontese, riconosciuta tale dall’Unesco, ma non dal vostro Paese, una cosa incredibile!

Parla del programma Arbut?
Sì, dal 1999 abbiamo realizzato un progetto in collaborazione con le scuole per insegnare il piemontese ai bambini, una materia che ha avuto subito tanto successo in tutte le classi. Poi la legge regionale che prevedeva la possibilità di insegnare le lingue locali a scuola è stata resa incostituzionale grazie a calunnie e cavilli appositamente fabbricati e la giunta Cota ha dato il colpo di grazia abolendo il capitolo di bilancio.

Ma chi non sa il dialetto, pardon, la lingua, è meno piemontese di altri?
No, per nulla. La colpa è di un sistema che ritiene la cultura regionale un disvalore. Mentre all’estero viene tutelata, penso alla Catalunya, all’Irlanda, la Scozia o la Svizzera, qui da noi nessuno insegna più il piemontese ai bambini. non lo fanno le scuole, non ci provano più i genitori, ormai convinti che non serva a nulla.

E invece a cosa serve il piemontese?
Serve ad essere qualcosa. Serve ad identificarsi con una storia, con una cultura che non deve sparire. In Italia è in corso un genocidio.

Chi sono i vostri associati?
Tutta gente per bene, spesso ai due estremi della società. Ci sono certamente gli anziani che non si vogliono arrendere, ma anche molti giovanissimi che sono orgogliosi di poter riscoprire le loro radici. Vengono alle nostre manifestazioni i molto semplici ed i plurilaureati. Credo che Gioventura Piemontèisa sia un’azione di rottura, un movimento precursore di qualcosa che verrà.

basta_apartheidDove volete arrivare?
A tagliare il cordone ombelicale con l’Italia, vale a dire indipendenza. L’Europa ed il mondo intero sta progressivamente scivolando verso una frammentazione degli stati sovrani. La costituzione concede la libertà di esprimersi a tutti i popoli, non vedo perchè non dovremmo farlo noi.

A questo proposito, ultimamente si è parlato molto degli indipendentisti veneti. Che opinione avete di loro?
Al di là dei metodi, siamo con i veneti al 100%. L’unica soluzione è l’indipendenza, il federalismo ormai non può più bastare. Spiace l’ironia sul “tanko”, è tipica del provincialismo italiano e credo che, infine, avesse ragione Churchill quando diceva che “La democrazia è per gli inglesi, per gli italiani è meglio il fascismo”. Noi siamo apartitici, ma siamo stufi di vedere i grandi enti che ci discriminano.

Gli enti locali, invece, sono da abolire?
Siamo ferocemente contrari all’abolizione di Province e Comuni. Vogliono uniformare il popolo e telecomandare le persone poi da Roma.

Che posizione prendete sulla TAV Torino-Lione?
Ci chiediamo innanzitutto perchè  le popolazioni coinvolte non siano state interpellate prima dell’inizio dei lavori. Si sarebbe dovuto far votare un referendum e attenersi poi all’opinione maggioritaria. Ricordiamoci che ora c’è una valle in Piemonte occupata dagli italiani.

Concludiamo con un gioco.
La vostra opinione su alcuni personaggi storici piemontesi. Cominciamo da…