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Cronaca

Prima prova della maturità: ecco le tracce dei temi

Redazione Quotidiano Piemontese

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9afefc52942cb83c7c1f14b2139b09baFiltrano le prime indiscrezioni sulle tracce che il Ministero ha confezionato per la prima prova della maturità 2014, quella di italiano.
Quasimodo sarebbe tra gli autori proposti ai maturandi, con una riflessione sulla poesia “Ride la gazza, nera sugli aranci”.
Per ciò che riguarda il tema storico, l’argomento verterebbe su “il confronto dell’Europa tra il 1914 ed il 2014”, chiedendo dunque l’opinione degli studenti sul primo conflitto mondiale nel suo centenario.
Una frase dell’architetto Renzo Piano è la traccia di attualità: Siamo un Paese straordinario ma fragile”.
Per il saggio breve sono stati proposti quattro temi: la violenza e la non violenza; le nuove responsabilità sotto il profilo socio-economico; il tema del dono nell’arte; la tecnologia pervasiva.

Nel dettaglio, i testi di tutte le tracce

La poesia di Salvatore Quasimodo:

Forse è un segno vero della vita: 

intorno a me fanciulli con leggeri 


moti del capo danzano in un gioco 


di cadenze e di voci lungo il prato


della chiesa. Pietà della sera, ombre 


riaccese sopra l’erba così verde, 


bellissime nel fuoco della luna! 


Memoria vi concede breve sonno; 


ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo 


per la prima marea. Questa è l’ora: 


non più mia, arsi, remoti simulacri. 


E tu vento del sud forte di zàgare, 


spingi la luna dove nudi dormono 


fanciulli, forza il puledro sui campi 


umidi d’orme di cavalle, apri 


il mare, alza le nuvole dagli alberi: 


già l’airone s’avanza verso l’acqua 


e fiuta lento il fango tra le spine, 


ride la gazza, nera sugli aranci.

Ecco la citazione integrale dell’archistar genovese Renzo Piano:

Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile.
È fragile il paesaggio e sono fragili le città (…). Siamo un Paese che è capace di costruire i motori delle Ferrari, robot complicatissimi, che è in grado di lavorare sulla sospensione del plasma a centocinquanta milioni di gradi centigradi. Possiamo farcela perché l’invenzione è nel nostro Dna.

Come dice Roberto Benigni, all’epoca di Dante abbiamo inventato la cassa, il credito e il debito: prestavamo soldi a re e papi, Edoardo I d’Inghilterra deve ancora renderceli adesso. Se c’è una cosa che posso fare come senatore a vita non è tanto discutere di leggi e decreti, c’è già chi è molto più preparato di me. Non è questo il mio contributo migliore, perché non sono un politico di professione ma un architetto, che è un mestiere politico. Non è un caso che il termine politica derivi da polis, da città. Norberto Bobbio sosteneva che bisogna essere «indipendenti» dalla politica,ma non «indifferenti» alla politica.

Se c’è qualcosa che posso fare, è mettere a disposizione l’esperienza, che mi deriva da cinquant’anni di mestiere, per suggerire delle idee e per far guizzare qualche scintilla nella testa dei giovani. Una scintilla di una certa urgenza, con una disoccupazione giovanile che sfiora una percentuale elevatissima. Quindi con il mio stipendio da parlamentare ho assunto sei giovani, che ruoteranno ogni anno e che si occuperanno di come rendere migliori le nostre periferie.

Perché le periferie? Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. Nel centro storico abita solo il 10 per cento della popolazione urbana, il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Qui si trova l’energia.

I centri storici ce li hanno consegnati i nostri antenati, la nostra generazione ha fatto un po’ di disastri,ma i giovani sono quelli che devono salvare le periferie. Spesso alla parola «periferia» si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città? Diventeranno o no urbane, nel senso anche di civili? Qualche idea io l’ho e i giovani ne avranno sicuramente più di me. Bisogna però che non si rassegnino alla mediocrità. Il nostro è un Paese di talenti straordinari, i giovani sono bravi e, se non lo sono, lo diventano per una semplice ragione: siamo tutti nani sulle spalle di un gigante. Il gigante è la nostra cultura umanistica, la nostra capacità di inventare, di cogliere i chiaroscuri, di affrontare i problemi in maniera laterale.

La prima cosa da fare è non costruire nuove periferie. Bisogna che le periferie diventino città ma senza ampliarsi a macchia d’olio, bisogna cucirle e fertilizzarle con delle strutture pubbliche. Si deve mettere un limite alla crescita anche perché diventa economicamente insostenibile portare i trasporti pubblici e raccogliere la spazzatura sempre più lontano. Oggi la crescita anziché esplosiva deve essere implosiva (…) Nelle periferie non bisogna distruggere, bisogna trasformare. Per questo occorre il bisturi e non la ruspa o il piccone.

C’è ancora una cosa che voglio consigliare ai giovani: devono viaggiare. Mica per non tornare più, però viaggiare secondo me serve a tre cose. Prima e più scontata per imparare le lingue, seconda per capire che differenze e diversità sono una ricchezza e non un ostacolo.

Terza per rendersi conto della fortuna che abbiamo avuto a nascere in Italia, perché se non si va all’estero si rischia di assuefarsi a questa grande bellezza e a viverla in maniera indifferente. Si tratta di una bellezza che non è per nulla inutile o cosmetica, ma che si traduce in cultura, in arte, in conoscenza e occupazione. E’ quella che dà speranza,che crea desideri, che dà e deve dare la forza ai giovani italiani.

 

Il tema di maturità di ambito tecnico-scientifico è tratto da un articolo de L’Espresso:

Anche la Silicon Valley ha la sua religione. E potrebbe presto diventare il paradigma dominante tra i vertici e gli addetti ai lavori della culla dell’innovazione contemporanea. È il «transumanismo» e si può definire, scrive il saggista Roberto Manzocco in “Esseri Umani 2.0” (Springer, pp. 354), come «un sistema coerente di fantasie razionali para-scientifiche», su cui la scienza cioè non può ancora pronunciarsi, «che fungono da risposta laica alle aspirazioni escatologiche delle religioni tradizionali».

Per convincersene basta scorrerne i capisaldi: il potenziamento delle nostre capacità fisiche e psichiche; l’eliminazione di ogni forma di sofferenza; la sconfitta dell’invecchiamento e della morte. Ciò che piace ai geek della Valley è che questi grandiosi progetti di superamento dell’umano nel “post-umano” si devono, e possono, realizzare tramite la tecnologia. E tecniche, la cui fattibilità è ancora tutta da scoprire, come il “mind uploading”, ossia il trasferimento della coscienza su supporti non biologici, e le “nanomacchine”, robot grandi come virus in grado di riparare le cellule cancerose o i danni da malattia degenerativa direttamente a livello molecolare. Facile lo scetticismo e l’ironia sui proclami di questi strani eredi dell’Oltreuomo nietzschiano e dei Futuristi in salsa tecnoutopista, le cui radici vengono nel volume individuate nell’alchimia occidentale, nella pratica egizia della mummificazione e nel pensiero taoista. Ma, sostiene Manzocco, giornalista scientifico e scrittore, il transumanismo «non fa più ridere».

Per il saggio breve di ambito storico ecco la richiesta del Ministero:

L’Europa del 1914 e l’Europa del 2014: quali le differenze? Il candidato esamini la questione sotto almeno tre dei seguenti profili: forme istituzionali degli Stati principali; stratificazione sociale; rapporti fra cittadini e istituzioni; sistemi di alleanze; rapporti fra gli Stati europei; rapporti fra l’Europa e il resto del mondo.

Saggio artistico-letterario invece incentrato sulla tematica del dono e agli studenti sono stati forniti alcuni testi da cui prendere ispirazione: “Il dono di Natale” di Grazia Deledda, Minima Moralia di Thodor Adorno, “Il dono al tempo di Internet” di Marco Aime e Anna Cosetta, un brano di Mark Anspach “Cosa significa ricambiare”, “Dono senza reciprocità” di Enzo Bianchi.

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