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Cronaca

Francesco Bedino, ex presidente di Benebanca: per farsi ascoltare in Italia occorrei cospargersi di benzina e darsi fuoco ?

Redazione Quotidiano Piemontese

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Francesco Bedino, ex presidente di Benebanca ha scritto una lunga e dettagliata lettera aperta in cui riassume molti degli episodi che hanno prima portato al forzoso commissariamento della Banca diCredito Cooperativo di Benevagenna e poi a una serie di eventi che hanno coinvolto Banca d’Italia , Giambattista Duso e laPopolare di Vicenza. Bedino chiude provocatoriamente la sua lettera: “Il sottoscritto intende quanto prima convenire presso via Nazionale, davanti alla Sede di Banca d’Italia, per compiere un gesto particolare, non degno di emulazione ma l’unico ahimè in grado di attirare l’attenzione delle Istituzioni, quale quello di cospargersi di benzina e darsi fuoco. Non è tollerabile per un cittadino onesto, dover subire da ormai tre anni questi soprusi senza che gli sia garantito il diritto di difesa, ancorchè minimo”.

La lettera integrale di Francesco Bedino:

Il 30 gennaio 2016 la Banca d’Italia ha diramato un comunicato stampa con cui ha tentato di dare delle risposte alle pressanti domande ed interrogativi che di giorno in giorno sorgono spontanei tra l’opinione pubblica circa l’operato di una Istituzione che dovrebbe essere l’emblema della legalità, trasparenza ed imparzialità.

E le domande sono state ben 20, alle quali sono seguite altrettante risposte per ribattere alle critiche anche aspre che di giorno in giorno si levano dal parterre dei risparmiatori.

Ma già alla lettura della risposta alla prima domanda (“Ci sono stati ritardi nel porre le banche in amministrazione straordinaria?”), il sottoscritto è sobbalzato dalla sedia in segno di forte disappunto.

Banca d’Italia infatti, per giustificarsi di un possibile ritardo nella propria azione di vigilanza, acclarato dalla fine ingloriosa delle quattro banche “salvate per decreto” (con 130.000 famiglie che hanno perso i risparmi di una vita) , rivendica un “margine di discrezionalità assai ristretto”, tanto da non poter ricorrere ad “un’azione troppo tempestiva” perché se “lo facesse la Banca d’Italia opererebbe al di fuori dei poteri previsti dall’ordinamento”.

E questo perché “un’azione troppo tempestiva potrebbe indurre a commissariare un istituto ancora in grado di proseguire la propria attività”.

Una risposta che ai più può apparire plausibile, ma non è così, di sicuro non per il sottoscritto che ha ahimè vissuto sulla propria pelle una esperienza devastante, che gli ha rovinato l’esistenza e la salute, propria e dei familiari, come quella del commissariamento PREVENTIVO della Bene Banca, la prima Banca del Piemonte ad essere posta in amministrazione straordinaria, ma anche il commissariamento più veloce della storia bancaria italiana.

Già “preventivo” e non “troppo tempestivo” come riportato dal comunicato di Palazzo Koch dello scorso gennaio. Ed a definirlo “preventivo” sono stati direttamente gli Organi Giudiziari Amministrativi aditi (Tar del Lazio e Consiglio di Stato) nelle sentenze che hanno respinto i ricorsi contro il commissariamento, compensando però le spese di lite data “la peculiarità della vicenda”, quando normalmente seguono la soccombenza.

Ma non finisce qui.

Venerdi 25/3 scorso in serata, Palazzo Koch ha pubblicato sul proprio sito internet la “Lettera al Presidente della Commissione Consiliare di studio su Banca delle Marche” con cui, in 8 paginette, ha tentato di dare spiegazioni all’opinione pubblica sulla gestione della vicenda della banca marchigiana, oggetto negli ultimi giorni di svariati articoli di stampa, dettagliati e pieni di critiche all’operato di Banca d’Italia in ordine tanto alla non corretta gestione della procedura per la richiesta di intervento del Fondo di Garanzia dei Depositi (Fitd) nonostante i reiterati richiami della Commissione UE, quanto all’adozione di criteri alquanto stringenti per la valutazione delle “sofferenze” (17,6% contro una media del sistema bancario italiano pari al 42% circa).

In tale missiva, precisamente nella premessa, via Nazionale scrive testualmente come “una situazione problematica di una banca emerge generalmente a seguito di una ispezione della Vigilanza, disposta in via ordinaria o per ragioni speciali quali l’esito negativo di analisi a “distanza”, eventi giudiziari o informazioni esterne. Se essa rivela seri problemi (ad esempio, cattiva organizzazione, pratiche inadeguate o violazioni di norme e regolamenti nel valutare le richieste di credito), ma la banca ispezionata rispetta i requisiti patrimoniali, il passo successivo consiste in una comunicazione formale al Consiglio di Amministrazione (CdA) della banca, mediante una cosiddetta “lettera di intervento”, contestuale alla consegna del rapporto ispettivo, in cui si elencano i provvedimenti correttivi da adottare. Questi variano a seconda delle carenze riscontrate: misure di contenimento del rischio (limiti all’erogazione del credito e all’espansione territoriale, maggiori requisiti di capitale, e così via), richieste di sostituzione degli esponenti aziendali, di revisione del piano industriale, di aumento del capitale, di aggregazione con un’altra banca.

Se la Vigilanza ha successivamente motivo di ritenere che le misure correttive non siano state attuate dalla banca o siano insufficienti, fa in genere seguire altre azioni (quali nuove ispezioni o lettere di intervento).Quando tali azioni non appaiono risolutive dei problemi, almeno in prospettiva, e si manifesta il rischio di un ulteriore peggioramento, si dà luogo ad un’ispezione i cui esiti saranno determinanti per la successiva azione di vigilanza e che si rivelerà quindi “decisiva”. Nell’assetto precedente, la Vigilanza valutava se sussistessero i presupposti di legge per avviare il commissariamento della banca (…)”.

Ma quando mai avviene questo??

Di sicuro NON nel caso Bene Banca, dove all’esito di una verifica ispettiva è scattato il commissariamento della bcc, come detto il primo caso in Piemonte ma anche la procedura più veloce della storia bancaria nazionale, visto che in poco più di 12 mesi la banca benese è stata restituita al territorio in bonis e senza traumi, quali cessioni di sportelli, aggregazioni “spintanee”, anzi con addirittura assunzione di nuovo personale.

Mai una lettera di intervento che contemplasse maggiori requisiti patrimoniali, o sostituzione di esponenti aziendali, consegnata contestualmente al rapporto ispettivo che, nel “caso Bene Banca” è stato per giunta notificato agli amministratori, ormai deposti da Bankitalia, ben dopo e solo a partire dal 21.05.2013 , quando il Commissario si era insediato il 3.5.2013, ossia il giorno immediatamente antecedente l’Assemblea Ordinaria chiamata a deliberare sul rinnovo cariche, che sarebbe avvenuto per acclamazione essendosi nel contempo candidata una unica lista caratterizzata dai membri del CdA uscente.

E vi è di più …

Dalla lettura, non tanto del rapporto ispettivo poi notificato in seguito alla residenza di ogni consigliere, quanto della proposta di Amministrazione Straordinaria del 16.4.2013, approvata senza battito di ciglio dal MEF che ne ha decretato il commissariamento il successivo 26.4.2013, letta dagli emissari di Palazzo Koch al loro insediamento, il sottoscritto e gli altri amministratori hanno potuto riscontrare come la Banca d’Italia auspicasse una “necessaria discontinuità nella gestione aziendale” che “le imminenti elezioni non appaiono in grado di assicurare”.

Ma perché nel caso Bene Banca il “protocollo procedurale” invocato pochi giorni fa per una giustificazione (di circostanza?) di via Nazionale di fronte alla ingloriosa fine di Banca Marche, non è stato adottato ??

Se il problema erano gli esponenti aziendali, come parrebbe dalla lettura dei documenti interni della Vigilanza, perché non è stata notificata (contestualmente al rapporto ispettivo) una “lettera di intervento” con la richiesta di sostituzione degli esponenti aziendali ??

Già ma a Bene Vagienna l’ordine di notifica è stato un altro .. Ossia prima il decreto di scioglimento degli Organi di Amministrazione e Controllo, e solo dopo circa 20 giorni, è stato notificato il rapporto ispettivo …

Ma non solo … In tutto lo sviluppo del “caso Bene Banca” l’ordine dei documenti risulta per Banca d’Italia un optional…

Molto più significativo è infatti l’ordine dei protocolli interni ed esterni di tutti gli atti di Palazzo Koch dell’iter deliberativo del commissariamento Bene Banca, i quali evidenziano macroscopiche discrasie tanto in ordine alla protocollatura, quanto ai contenuti, al punto da essere richiamati nelle memorie dei ricorsi contro l’Amministrazione Straordinaria intentati avanti il Tar del Lazio ed il Consiglio di Stato ed essere oggetto di una querela di falso ideologico e materiale in sede penale e da ultimo di una querela di falso ex Art. 221 cpc in sede civile.

Dall’esame della protocollazione in calce ai diversi documenti della Vigilanza, emerge infatti una singolare discrasia: il numero di pagina interno recato dall’ “Appunto per il Direttorio” dell’Ufficio R.E.A. (141236/2013), che dovrebbe precedere il verbale e la “Proposta al MEF” del Direttorio, essendone ad ogni buon conto il rendiconto dell’attività di istruttoria interna ed il presupposto di ogni decisione collegiale, è invece superiore a quello della “Proposta” (139339/2013), a sua volta però inferiore a quello del verbale del Direttorio (167633/2013), rispetto al quale dovrebbe invece essere successivo.

Anche e soprattutto il numero di protocollo esterno recato dal verbale di delibera (0374392/2013) risulta superiore a quello della “Proposta” al MEF (0372034/2013), rispetto al quale invece avrebbe dovuto essere inferiore, essendo il primo atto logicamente antecedente al secondo.

In definitiva, alla stregua dei numeri di protocollo così “ordinati”, questa risulta essere la sequenza degli atti adottati nel corso della procedura interna a Banca d’Italia: “Proposta”, “Appunto” REA, “decisione e verbale del Direttorio”, quando secondo la legge (e quantomeno la logica) il primo atto dovrebbe essere l’elaborato del R.E.A. (Appunto), Ufficio che si deve occupare dell’istruttoria, il successivo dovrebbe essere la decisione e relativo verbale del Direttorio di Palazzo Koch e solo come ultimo atto la lettera di comunicazione al MEF della “Proposta” di commissariamento.

Per di più, mentre la “Proposta” e il verbale recano l’indicazione della data (entrambi il 16.4.2013), l’ “Appunto” ne è stranamente sprovvisto.

È oltremodo evidente l’anomalia, se non l’illegittimità tout court della procedura, laddove la protocollazione degli atti mette in luce come la “Proposta” al Ministero abbia indebitamente preceduto, pur non potendo prescinderne, sia l’istruttoria del R.E.A. ed il successivo “Appunto per il Direttorio”, sia la seduta del Direttorio stesso ed il relativo verbale.

Ma la denuncia penale, proposta con il Legale Rappresentante pro tempore di Banca d’Italia, dopo essere stata rubricata contro ignoti è stata oggetto di richiesta di archiviazione (poi accolta dal Giudice), il giorno stesso di ricezione, senza l’avvio di una ancorchè minima indagine…

Nella lettura della richiesta di archiviazione ex art. 408 cpp, non si può non rilevare come il Pubblico Ministero abbia cercato di togliersi la “patata bollente” in modo molto sbrigativo, motivando tale richiesta per 2 profili: a) mancata fondatezza dei rilievi di falsità degli atti ; b) elementi “insignificanti” e come tali non sostanziali (data ed il numero di protocollazione).

Secondo il PM “gli atti tacciati di falsità costituiscono atti endoprocedimentali che, in quanto tali, assumono rilevanza solo attraverso il provvedimento finale” (decreto MEF) “e che i rilievi di falsità concernono non già il contenuto ideologico per così dire sostanziale dei provvedimenti, idonei per ciò stesso ad inficiare la “scelta finale” del soggetto decidente” (MEF) , “bensì atti privi di detta qualità, quali la data ed il numero di procedura di protocollazione e, come tali, insignificanti ai fini della denuncia di falsità”.

Beh sul contenuto ci sarebbe da ridire, quantomeno in ordine al ragionamento sulle “imminenti elezioni” definite dalla Vigilanza come “non in grado di garantire la necessaria discontinuità nella conduzione aziendale”, quando NON ERA ANCORA SPIRATO (20-04-2013) IL TERMINE PER LA PRESENTAZIONE DELLE CANDIDATURE (e soprattutto al 10/4 ed al 16/4 Banca d’Italia non poteva conoscere nulla in ordine alle liste candidatesi per il rinnovo cariche, quando il CdA uscente ha depositato la propria candidatura il 17/4/2013 ed a tutto il 20/4/2013 poteva essere depositata la candidatura da parte di chicchessia degli oltre 7.000 soci della Bene Banca!!).

In particolare la tesi del Pubblico Ministero, nella conclusione, fa rimando all’insegnamento della Suprema Corte (Cass.Sez.V pen, 14 dicembre 1993, n. 11497) in tema di falso documentale, e precisamente come “la falsità non è punibile quando si rilevi in concreto inidonea a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità del documento , vale a dire quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico ed appaia del tutto irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio”

Ma sul tema esiste altresì un’altra pronuncia della Suprema Corte (Cass.Sez.III pen, 2 aprile 2014, n. 30265 (rv. 260237)) che sancisce come “la falsità che ricade sulle annotazioni di registro di protocollo, essendo intrinsecamente attinente alla sua funzione certificativa, che è quella di attestare con fede privilegiata la data e la successione nel tempo della ricezione e della spedizione di atti da parte di un ufficio di P.A., non può integrare gli estremi del “falso innocuo” o essere giustificata con la potenziale mancanza di effetti giuridici pregiudizievoli desumibili dal contenuto dell’atto protocollato”.

Peccato poi che, a quanto pare, il PM non conoscesse l’orientamento giurisprudenziale in tema amministrativo e civile secondo cui i provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia, quale Authority sul credito, non sono suscettibili di sindacato giurisdizionale sulle valutazioni di merito compiute in ordine ai presupposti dei provvedimenti stessi, “con esclusione dei soli casi di manifesta erroneità o irragionevolezza”.

Su tutte valga la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, del 11 novembre 2010, n. 8016 : “la sezione condivide gli orientamenti giurisprudenziali, richiamati nella sentenza qui gravata, che riconoscono ampia discrezionalità valutativa alla Banca d’Italia nella valutazione dei presupposti legittimanti il commissariamento, e che conseguentemente escludono ogni sindacato giurisdizionale sulle valutazioni di merito compiute in ordine a tali presupposti, con esclusione dei soli casi di manifesta erroneità o irragionevolezza”.

Pur avendo contestato punto per punto ogni addebito della vigilanza, sottolineando svariati errori ed imprecisioni, la difesa degli ex amministratori di Bene Banca si è vista così rispondere dal Tar del Lazio: “non si rinvengono pertanto evidenti e macroscopici vizi idonei ad autorizzare il sindacato giurisdizionale sul provvedimento impugnato in base al noto principio (..)” sopra descritto.

E tutti i rilievi e contestazioni mosse dagli ex amministratori alle valutazioni ispettive della Banca d’Italia nel ricorso contro la sentenza del Tar del Lazio avanti il Consiglio di Stato sono state respinte da quest’ultimo Tribunale Amministrativo che così ha testualmente ribadito: “con giudizio ancora una volta immune da critiche di macroscopica erroneità o irragionevolezza, si è concluso che la situazione non fosse significativamente migliorata” .

Ma come? Una banca in salute, con i conti in ordine che poteva tranquillamente “proseguire la propria attività” per usare le stesse parole della vigilanza nel comunicato dello scorso 30/1 …

Una banca che ha chiuso un commissariamento lampo con un bilancio di fine procedura che evidenzia una redditività complessiva positiva ed un patrimonio in crescita , con un conto economico chiuso volutamente in perdita di 7,8 mln, per la mancata valutazione del portafoglio di proprietà a prezzi correnti. Era sufficiente infatti la sola valutazione dei titoli utilizzando un quotidiano finanziario del 31/5/2014 per conteggiare plusvalenze maturate ed oggettive di oltre 11 milioni lorde, e nette per 8,324 milioni, ed avere così un risultato positivo di oltre 500.000 euro !!

Ma già al 31/12/2012 Bene Banca evidenziava queste peculiarità:

M.O.L. : 12, 6 mln (+ 237% sul 2011)

R.O.E.: 16,03% (+ 139%)

R.O.I.: 1,23% (+ 188%)

Cost/Income: 56,63% (- 30,49%)

Sofferenze/Tot.Crediti: 7%   (media sistema bancario in pari data 9,4%)

Tasso Ingresso Sofferenze: 2,28% (media sistema bancario in pari data 3%)

Non sono forse miglioramenti questi??

Per Bankitalia no e nemmeno per la Giustizia Amministrativa, secondo cui gli errori od i vizi per i quali può essere messa in discussione la AMPIA DISCREZIONALITA’ di Banca d’Italia sulle valutazione dei presupposti legittimanti il commissariamento delle banche devono essere MACROSCOPICI !!!

Altro che “il margine di discrezionalità è assai ristretto” , come ha cercato di giustificarsi il 30/1 scorso Palazzo Koch !!

Se sul merito Banca d’Italia gode della massima autonomia e discrezionalità valutativa (al di là della lamentala manifestata da Palazzo Koch circa un asserito margine discrezionale assai ristretto …) al punto che il suo operare non può essere oggetto di censura, la Vigilanza ha però un obbligo inviolabile, ossia il rispetto della normativa vigente e della procedura imposta dalla Legge.

Nei provvedimenti di vigilanza, ove non vi è questione di discrezionalità tecnica, vige però l’obbligo insopprimibile dell’Autorità procedente di seguire scrupolosamente le procedure, che costituiscono – proprio in ambiti caratterizzati da discrezionalità tecnica – il primo elemento di salvaguardia per le posizioni soggettive dei terzi coinvolti !!

A tal fine deve essere assolutamente ricordata la Sentenza del Consiglio di Stato (sex. VI) del 29 gennaio 2013 n.542 , che espressamente esclude l’applicazione del disposto dell’Art. 21 octies della Legge n. 241/1990 e succ. mod. (irrilevanza dei vizi formali e predominanza del contenuto sostanziale degli atti della Pubblica Amministrazione) alle procedure sanzionatorie e repressive della Banca d’Italia, affermando che non si tratta di provvedimenti “vincolati” e che proprio l’esercizio di poteri discrezionali rende di per ciò solo inapplicabile la norma citata in merito alla non rilevanza di vizi formali !!

Adesso, data l’importanza decisiva dei vizi formali rilevati con assoluta dovizia di particolari in ordine alla procedura seguita dalla Banca d’Italia per addivenire al commissariamento di Bene Banca, non può essere tollerata l’archiviazione della denuncia sulla scorta di quanto addotto dal PM relativamente alla “irrilevanza” dei rilievi denunciati, ritenuti comunque non di portata “sostanziale” per inficiare la scelta finale del MEF.

E’ infatti oltremodo evidente che, dimostrati tali vizi procedurali, essi rappresentino una prova insuperabile ed inconfutabile delle irregolarità procedurali, tali da rendere censurabile il comportamento di Banca d’Italia nel caso di specie.

Delle due l’una: o il comportamento di Bankitalia non può essere oggetto di sindacato giurisdizionale per qualsiasi motivazione (merito e/o procedura seguita), fattispecie che renderebbe la Vigilanza bancaria come un ente infallibile, oppure almeno sul lato procedurale l’operato della Banca d’Italia può essere oggetto di valutazione e/o contestazione, per cui non appare ammissibile la motivazione di archiviazione della denuncia almeno sotto l’aspetto che proprio “i vizi formali” sono le uniche fattispecie per cui è autorizzato un sindacato da parte del Giudice, civile, amministrativo o penale !!

Alla luce di quanto sopra esposto, ecco che chi scrive non può più tollerare un simile vuoto di giustizia, grazie al quale l’operato della Banca d’Italia da un lato non può essere oggetto di sindacato del Giudice Amministrativo e dall’altro non può venire censurato dal Procuratore in quanto gli unici vizi su cui la Vigilanza Bancaria può essere sul banco degli imputati sono ritenuti irrilevanti …

Senza contare che poi, in modo del tutto arrogante e disancorato dalla realtà, la stessa Banca d’Italia tenti di giustificarsi davanti al Pubblico indistinto, lamentando dapprima “un margine di discrezionalità assai ristretto” e poi esplicitando un modus operandi non adottato minimamente nel caso che vede ahimè il sottoscritto coinvolto !

Purtroppo in Italia se un povero cittadino non arriva a compiere il gesto estremo non riesce ad ottenere la dovuta attenzione dei media e dalle Istituzioni …

Ed è proprio per questo che, vittima di un Sistema che fa acqua da tutte le parti, nonostante le Autorità professino l’esatto contrario quotidianamente, il sottoscritto intende quanto prima convenire presso via Nazionale, davanti alla Sede di Banca d’Italia, per compiere un gesto particolare, non degno di emulazione ma l’unico ahimè in grado di attirare l’attenzione delle Istituzioni, quale quello di cospargersi di benzina e darsi fuoco …

Non è tollerabile per un cittadino onesto, dover subire da ormai tre anni questi soprusi senza che gli sia garantito il diritto di difesa, ancorchè minimo …

La Giustizia deve essere UGUALE per tutti e non solo per qualcuno, mentre le Autorità di Vigilanza Bancaria sono, non solo “più uguali degli altri”, ma addirittura considerate infallibili ….