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Cultura

Alberto Airola contro la gestione del Museo del Cinema: la situazione a Torino fa schifo

Redazione Quotidiano Piemontese

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In un concitato intervento al Senato Alberto Airola del M5S ha voluto denunciare la situazione presente al Museo del Cinema di Torino in cui si sono fatte nomine e aumenti di stipendi non congrui, in cui ci sono state ingerenze della politica nella gestione e procedure poco limpide nell’affidamento dei lavori con il risultato delle dimissioni di diversi componenti della governance del Museo.

Il resoconto stenografico dell’intervento di Airola

Il 31 dicembre 2015 scadeva dopo dodici anni il mandato di direttore di Alberto Barbera. La normativa in materia di trasparenza e i regolamenti del Comune e della Regione in materia di nomine nelle partecipate imponevano di procedere alla ricerca del nuovo direttore mediante un bando pubblico. Bando pubblico è una parola chiave che si sente sempre meno in questa Nazione.

Tuttavia, per salvare Barbera (consulente a partita IVA), il 22 dicembre 2015 il Collegio dei fondatori del Museo decide dì ricercare un direttore gestionale aggiuntivo e nominare Barbera direttore artistico, violando così palesemente lo statuto del Museo.

Quindi al bilancio del Museo si aggiunge lo stipendio di un direttore gestionale e di contro lo stipendio di Barbera rimane invariato (140.000 euro l’anno più IVA) pur essendo il suo incarico (già di otto mesi all’anno) enormemente ridotto. A marzo, l’assessore Braccialarghe scrive una mail (alla faccia delle ingerenze della politica) in cui impone che la ricerca non sia diretta a un direttore, ma a un dirigente gestionale. Siccome i soci fondatori privati non cadono nella trappola, viene deciso di rimandare tutto a dopo le elezioni. Il 28 dicembre 2015 (tre giorni prima della sua scadenza), Barbera effettua una «manovrina» di 21 aumenti di livello e stipendio, tra cui la nomina di tre nuovi quadri (altra attività abituale per voi: le nomine poco prima dei rinnovi), compresa quella per Angela Savoldi, la sua assistente, anche lei, come Barbera, con doppio incarico, Torino e Venezia, che riceve l’ennesimo aumento di stipendio. La manovra comporta per il Museo un aumento di 70.000 euro di costi fissi l’anno, mentre Barbera ha deleghe per un massimo di 50.000 euro di spesa. È evidente che si sta creando un buco.

Pur essendo il Museo una fondazione a prevalenza di contributi pubblici (Comune e Regione in primis), e pertanto soggetta alla normativa in materia di affidamenti pubblici, non esistono un regolamento di contabilità, un criterio formalizzato per l’affidamento dei lavori e l’acquisto di beni e servizi, un regolamento per la ricerca e assunzione di personale – signori, fate schifo – un organigramma o mansionario dei dipendenti – altra vergogna – un regolamento per l’affidamento di incarichi a consulenti, collaboratori e ditte, che non di rado vengono cooptate con criteri del tutto discutibili, quando non apertamente clientelari.

Tale situazione ha portato alle dimissioni dei seguenti componenti del Comitato. Ve lo dico perché è molto interessante. A novembre 2014 si è dimesso Claudio Saracco, presidente del collegio dei revisori dei conti, che casualmente se ne va apposta; a dicembre 2014, Ugo Nespolo, presidente della Fondazione; a gennaio 2015, Giovanni Desiderio, consigliere nominato dalla Fondazione CRT; a giugno 2015, Stefania Raimondi, vicepresidente nominato dalla Compagnia di San Paolo; a marzo 2016, Sergio Foà, vicepresidente nominato dalla Compagnia di San Paolo.

La situazione a Torino fa schifo. Se pensate di vincere le elezioni e di proporci questo schifo, io veramente mi auguro che spariate dalle amministrazioni.

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