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Cronaca

La strana storia che lega Bene Banca, Banca d’Italia e Banca Popolare di Vicenza

Redazione Quotidiano Piemontese

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Per fare il punto sui rapporti fra Bene Banca, Banca d’Italia e Banca Popolare di Vicenza da cui arrivo il commissario  Francesco Bedino Ex Presidente di Bene Banca ha scritto una lunga lettera aperta che riassume fatti e legami fra gli istituti

E’ passato ormai più di un anno da quel 7 marzo 2015, data a partire dalla quale la stampa – nazionale e non – ha iniziato a citare il caso del “sospetto” deposito milionario della piccola Bene Banca in a.s. alla lontana Banca Popolare di Vicenza, costituito a 370 km da Bene Vagienna da un Commissario che era al contempo amministratore delegato di una SIM del gruppo della popolare vicentina. Un’operazione ad avviso del querelante illegittima e pertanto oggetto di denuncia penale presentata dal sottoscritto contro il Commissario per violazione della normativa sul conflitto di interesse, nonché per presunti reati di abuso d’ufficio ed infedeltà patrimoniale.

I soci della bcc benese hanno sentito così parlare, forse per la prima volta, della Banca Popolare di Vicenza, presente a Torino da poco tempo nei locali che erano della Popolare di Spoleto, sportello che poi mesi dopo, sempre dalla stampa, si è appreso essere stato concesso in dote alla banca di Zonin in cambio del ritiro della BPVi proprio dalla corsa per l’acquisto della popolare spoletina , che, sotto la regia di Palazzo Koch, era destinata al Banco Desio.

Da allora le vicende della BPVi hanno catalizzato l’attenzione dei media per il susseguirsi di eventi sempre più rilevanti, ed a Bene Vagienna i più hanno iniziato a capire molte cose, oltre a rendersi conto del perché di siffatti esposti all’Autorità Giudiziaria.

Da Vicenza infatti notizie sempre più allarmanti, in pieno contrasto con le dichiarazioni fornite alla stampa dai nuovi vertici della Bene Banca che, a giustificazione dell’operato del Commissario, citavano “rendimenti superiori mediamente di almeno un punto percentuale rispetto ai c/c offerti dagli altri istituti” e “l’investimento serviva a sviluppare partnership commerciali”, il tutto “con l’unico intento di massimizzare i rendimenti minimizzando i rischi”.

Beh, sul minimizzare i rischi poi … Dal primo taglio del valore delle azioni operato ad aprile (da 62,5 a 48 euro), alle perquisizioni della GdF di settembre, dai multipli avvisi di garanzia a Zonin & soci indagati per svariati reati, alle dimissioni del Presidentissimo di fine novembre, dall’approvazione di una semestrale in profondo rosso all’assemblea blindata di marzo c.a. che ha sancito la trasformazione in SpA e la quotazione in Borsa, sotto il diktat della BCE che minacciava per iscritto il commissariamento in caso contrario.

Da qualche settimana non c’è giorno in cui i principali quotidiani non  parlino della Banca Popolare di Vicenza, il “grande malato” del Sistema bancario nazionale, al punto che è stato ideato in fretta e furia un sistema di salvataggio privato (che sa però molto di pubblico), il fondo Atlante, per evitare, usando le parole del Financial Times, “il rischio di un fallimento di mercato e di sistema per l’effetto domino”.

Ma è lo stesso Prospetto Informativo dell’Aumento di Capitale della vicentina a parlare di rischio dell’Emittente di essere “presumibilmente sottoposto a misure di risoluzione da parte del Single Resolution Board”. Un prospetto che parla di indicatori di adeguatezza patrimoniale e di liquidità sotto le soglie minime, un CET1 ratio del 6,65% contro un 7% minimo ed un 10,25% imposto alla BPVi dalla BCE, un LCR (Liquidy Coverage Ratio) del 47,5% contro un requisito regolamentare del 70%. Ed ancora “un capitale circolante di cui dispone il Gruppo alla data del prospetto, INSUFFICIENTE per i suoi fabbisogni di liquidità correnti (..)”.

L’ennesima beffa per gli azionisti della BPVi, che hanno visto, nel volgere di 12 mesi,  crollare i loro titoli da 62,5 a 0,10 euro, senza di fatto poter fare alcunché se non assistere impotenti dato che le azioni erano bloccate e congelate, stante l’assenza di un mercato ufficiale ed il divieto di riacquisto da parte della BPVi per il difetto dei requisiti patrimoniali.

A Vicenza, a frittata completata, la Banca d’Italia ha dichiarato che, pur sapendo, non poteva fare nulla per impedire questa “iper valutazione” se non bacchettare i vertici, tollerando di fatto per anni un bilancio “gonfiato” : una verità che oggi è sotto gli occhi di tutti, uno scandalo che ha bruciato oltre 6 miliardi di valore,  sudati risparmi di 118.000 azionisti.

Con l’azione a 62,5€ la Popolare di Vicenza valeva circa 1,7 volte il patrimonio netto tangibile, un valore spropositato superiore a qualsiasi altra banca, che la poneva ai vertici (la terza) del panorama bancario nazionale per capitalizzazione. Oggi a 0,10€, post aumento di capitale, la vicentina viene prezzata a 0,377 il patrimonio netto, un valore in linea con il sistema seppur a livelli superiori ad altre banche più in salute, tanto che lo stesso amministratore delegato Iorio parla di un “numerone, un ottimo risultato”…

10 Centesimi è il valore delle nuove azioni, un valore che attribuisce alla banca una capitalizzazione ante aumento di 10 mln di euro, una cifra inferiore addirittura ai compensi erogati nel 2015 ai vertici della vicentina, un valore che però sancisce una perdita del 99,84% per i vecchi azionisti.

Ma le azioni valeva 62,50 € nel marzo 2015, 12 mesi fa e non un decennio fa ! In 12 mesi bruciati 6,2 miliardi di capitali ! Uno dei più grandi falò della storia italiana, titolava il quotidiano IlSole24Ore qualche giorno fa…

Ma un po’ più ad ovest, a Bene Vagienna in provincia di Cuneo, accadeva invece tutt’altro:   nel bilancio di fine commissariamento (peraltro della procedura più veloce della storia bancaria nazionale) al 31.05.2014 non sono state valutate volutamente 11,7 milioni di plusvalenze lorde, pari a 8,324 milioni al netto della fiscalità, al solo fine di chiudere un conto economico in perdita di 7,8 mln e così poter giustificare ai soci ed al Territorio l’intervento pesantissimo di Banca d’Italia.

Altro che super valutazione, per Bene Banca un bilancio “sgonfiato” ! Ma la Banca d’Italia dov’era ??

A Bene Vagienna bilancio di fine commissariamente puntualmente approvato anche da Palazzo Koch.

Ma anche tale comportamento è al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, giusta denuncia penale contro gli Organi della Procedura e la stessa Banca d’Italia dal sottoscritto presentata lo scorso 3 luglio 2015, per false comunicazioni sociali e per eventuali reati fiscali ravvisabili.

A Vicenza invece, dal 2008 l’Adusbef ha presentato ben 19 denunce sul  valore “gonfiato” delle azioni, cadute tutte pressoché nel vuoto dato che soltanto negli ultimi mesi sono partite le indagini, quando la frittata era ormai servita.

Banca d’Italia sapeva ma non ha fatto nulla ed il Governatore Visco in audizione al Senato il 19 aprile, si è ostinato a difendere Palazzo Koch dichiarando che l’azione della Vigilanza negli anni della recessione “ha prevenuto l’insorgere di una crisi profonda e generalizzata del sistema bancario” .

Per usare le parole di Alessio Mannino di Veneto Vox “ci pisciano in testa e dicono che piove”…

Ma nel frattempo, in questi 12 mesi di declino, che fine ha fatto la governance della Popolare di Vicenza ? Sempre rigorosamente al proprio posto, con il benestare di Visco.

Ma a Bene Vagienna niente di tutto ciò …

Un commissariamento  in via preventiva di una banca in salute, con requisiti patrimoniali pienamente rispettati, con una ottima situazione di liquidità, una procedura tuttora sub judice, imposta con protervia dagli uomini di Visco per “la necessaria discontinuità nella gestione aziendale” in quanto non “assicurata dalle imminenti elezioni”, tornata elettorale in cui era in corsa una unica lista, caratterizzata dal CdA uscente, peraltro candidatosi il giorno dopo la delibera del Direttorio di Palazzo Koch …

Un intervento di rigore, frutto di una procedura alquanto perplessa, oggetto di plurime denunce, con da ultimo una querela di falso in sede civile ove, nella costituzione in opposizione, la difesa di Bankitalia ha testualmente dichiarato che “quanto riferisce il querelante, lungi dall’attestare la falsità dei documenti interni della Banca d’Italia ne assevera l’esattezza anche nella loro parte meramente predittiva e prognostica”.

In sostanza Banca d’Italia ha doti di preveggenza in quanto sapeva – ben un mese prima – che a Bene Vagienna ci sarebbe stata non una votazione, bensì la rielezione del CdA uscente per acclamazione essendosi presentata una unica lista di candidati …

Ma se di doti “prognostiche”si deve parlare,  perché la Vigilanza le ha usate solo a Bene Vagienna ??

Non poteva farne buon uso anche per i casi delle 4 banche del Centro Italia, finite in dissesto e salvate per decreto a novembre dello scorso anno, sulle spalle del sistema bancario e di ignari risparmiatori ??

Non poteva usarle a Vicenza? Addirittura per la Popolare di Zonin era agevolata nel lavoro dalle 19 denunce presentate dall’Adusbef sin dal 2008 …

Già, ma per la Vigilanza la Popolare di Zonin era quel “partner di elevato standing” con cui la Popolare dell’Etruria e del Lazio doveva avviare un percorso di integrazione…

Ma anche sul caso della Popolare aretina la Banca d’Italia era stata preventivamente informata sulla “particolare gestione” del CdA dall’ex consigliere Rossano Soldini, che nell’ottobre 2009 denunciò direttamente a Palazzo Koch una “conduzione non lineare”, con litigi con altri consiglieri che “si auto-concessero affidamenti per 185 milioni di euro”, per poi, data l’assenza di riscontri, pubblicare “a pagamento sui giornali locali una lettera di spiegazioni alla città”.

Denunce tutte ininfluenti, non considerate, magari neanche lette, e di conseguenza cadute nel vuoto …

E questo è successo anche a Bene Vagienna, anche se solo in parte; i dissensi tra CdA e Collegio Sindacale erano emersi in seguito all’individuazione di un comportamento poco edificante dei Sindaci, i quali erano inclini a gonfiare i chilometri percorsi per l’esercizio delle loro funzioni per ottenere  maggiori rimborsi spese.

Tale comportamento è stato oggetto di una denuncia penale per truffa, sporta dal sottoscritto quale Presidente in data 8 febbraio 2013 e consegnata in copia agli Ispettori della Vigilanza proprio in visita ispettiva presso Bene Banca in tal periodo.

Tale increscioso accadimento di per sé doveva indurre il Collegio Sindacale alle doverose dimissioni, ma questo non è successo. Anzi.

Il Collegio Sindacale, in tutta risposta, ha presentato alla Banca d’Italia in data 12 febbraio 2013 un esposto ai sensi art. 70 TUB in cui ha chiesto all’Authority di intervenire per la rimozione del solo Organo Amministrativo, lamentando fattispecie in larga parte non veritiere, magari non conoscendo appieno la portata degli articoli del Testo Unico che contemplano lo scioglimento tanto degli Organi con funzioni amministrative che di controllo…

Ebbene i risultati si sono visti, eccome: intervento fulmineo della Banca d’Italia che ha preso per “oro colato” quanto denunciato da un Collegio Sindacale “particolare”, sorvolando sulla denuncia per truffa a loro mani, della quale peraltro nessun cenno è stato fatto, tanto nel rapporto ispettivo quanto  nella proposta di commissariamento.

E tale denuncia è poi stata archiviata a marzo 2015 in modo alquanto singolare, ossia “perché il fatto sussiste” …

In effetti il GIP ha disposto l’archiviazione condividendo le argomentazioni del Pubblico Ministero, il quale aveva testualmente osservato : “la fattispecie concreta della truffa aggravata sussiste certamente quanto all’elemento oggettivo del reato, come dimostrano le indagini svolte dalla Sez. di p.g. e dalle deposizioni degli stessi dipendenti della banca che hanno ricevuto l’illegittima richiesta di rimborso dei tre sindaci; peraltro la modestia degli importi richiesti e l’unicità dell’episodio appaio circostanze idonee ad escludere la prova dell’elemento soggettivo del reato”.

Allora , di fronte a certi accadimenti, come può il cittadino italiano avere ancora fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia ?.

Care Forze dell’Ordine e cari Inquirenti, invece di preoccuparVi della volontà del sottoscritto di manifestare il proprio disappunto davanti alla sede di Bankitalia in via Nazionale, andate piuttosto a guardare cosa succede dentro Palazzo Koch facendo finalmente emergere la verità!

Questo lo dovete di fronte ad uno scandalo senza precedenti, a svariati miliardi di euro distrutti ed andati in fumo per la complicità di una vigilanza forse distratta, ma di sicuro non imparziale oltre ad essere poco trasparente …

Dal Rendiconto del Fondo di Risoluzione al 31.12.2015 si è appreso che il tentativo di Salvataggio delle 4 banche del Centro Italia è costato per il momento 3,7 miliardi, con 2,4 miliardi di contributi straordinari a carico del Sistema bancario.

Il declino della Popolare Vicentina è costato al momento 6,2 miliardi agli azionisti; il valore ante aumento della vicentina stessa è di soli 10 milioni ed è stato subito messo dalla stampa in contrapposizione con i compensi percepiti nel 2015 da consiglieri, sindaci e top management addirittura superiori …

Ma nessuno ha al momento  citato come, dal Prospetto Informativo della BPVi a pag 52, il contributo straordinario al Fondo Nazionale di Risoluzione sia stato per la vicentina di ben 41 milioni di euro (ossia 4 volte la capitalizzazione ante aumento).

Ma quando emergerà la complicità della Banca d’Italia ?

Causa una vigilanza à la carte, il Sistema Bancario nazionale ha spesato nel 2015 2,4 miliardi per il tentativo di salvataggio di 4 banche locali, Banca Marche, Popolare Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti.

In queste settimane, nelle varie assemblee di approvazione del bilancio 2015, ogni banca sta giustificando ai soci risultati economici penalizzati da tale componente straordinaria.

E nessuno si lamenta della Banca d’Italia, complice una doverosa e consolidata sudditanza psicologica… Tutti a pagare in rigoroso silenzio … Ma fino a quanto proseguirà questa omertà nei confronti di una Vigilanza che si è dimostrata non all’altezza della situazione ??

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