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Piemonte

Nosiglia per Pasqua: Torino deve restituire speranza al futuro dei giovani

Redazione Quotidiano Piemontese

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L’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia in Duomo durante la messa ha sostenuto che Torino ha il triste primato di considerare un giorno speciale come Pasqua alla stregua di un giorno feriale, dove tanti supermercati sono aperti e tanti lavoratori sono costretti a lavorare non avendo così l’opportunità di vivere in famiglia una festa che accomuna tutti, credenti e laici. Ha poi aggiunto che  la sete di denaro e di profitto è ormai diventata l’idolo più assoluto e indiscusso a cui si sacrifica ogni altro valore.

Secondo Nosiglia occorre invece restituire speranza al futuro dei giovani e sostenere sul piano morale, economico e sociale la famiglia. I giovani -devono essere aiutati ad un inserimento meno precario nel mondo del lavoro e favorendo la creazione di nuove famiglie, caratterizzate da stabilità e sicurezza”.

L’omelia integrale di Nosiglia per Pasqua.

A Pasqua risuona potente l’annuncio della fede su cui si fonda la speranza di ogni uomo, la vittoria sulla morte, l’ultimo nemico che appare invincibile. Cristo l’ha vinta non solo per se stesso, ma per tutti, come ben sottolinea la liturgia: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora vivo trionfa”.

La morte e la vita continuano a duellare nella storia degli uomini e agli occhi di chi ne subisce le conseguenze sembra che la morte abbia quasi sempre il sopravvento. Fatti di cronaca, di ogni giorno ce lo dimostrano, gettando nel nostro animo un’ombra di tristezza e di impotenza. L’uomo, creato da Dio per amare e gioire, si lascia sottomettere al peccato dell’avidità di guadagno, dell’orgoglio, della violenza: pensiamo al terrorismo, a quella guerra a pezzi in corso nel mondo come dice Papa Francesco, al femminicidio e a tanti minori che subiscono le violenze fisiche o morali di adulti senza scrupoli e privi di quel rispetto e senso etico di fondo, che hanno sempre segnato il confine invalicabile di una società che si dica umana.

In questo giorno di Pasqua poi Torino aggiunge un triste primato che è quello di considerare questo Giorno speciale, giorno feriale, dove tanti supermercati sono aperti e tanti lavoratori costretti a lavorare non avendo così l’opportunità di vivere in famiglia una festa che accomuna tutti, credenti e laici.La sete di denaro e di profitto è ormai diventata l’idolo piu’ assoluto e indiscusso a cui si sacrifica ogni altro valore.Ma questo non fa che aggravare il declino di una società verso una deriva etica e umana sempre piu’ devastante per il nostro futuro .

Ma tutto cio’ è solo una lettura parziale e non piena della realtà che ci circonda. Ad uno sguardo più attento e carico di fede possiamo scorgere i segni di vita e di risurrezione che la Pasqua del Signore continua a immettere nella storia delle persone e dei popoli.

C’è un esercito di uomini di buona volontà, che lotta per la vita degli altri, soprattutto di coloro che, a causa di malattie, miserie morali e fisiche, ingiustizie, violenze subite, sembrano tagliati fuori e destinati a raccogliere solo le briciole della vita.

Questi fratelli e sorelle annunciano la Pasqua ogni giorno e la testimoniano mostrando che il male non è più forte del bene e che l’amore vince la dura battaglia della vita sulla morte.

L’apostolo Paolo, parlando della Pasqua ai suoi cristiani di Corinto, li invita a togliere dal loro cuore il lievito vecchio per essere pasta nuova.Il lievito vecchio è il peccato, che impedisce di credere nella forza della fede e dell’amore che la Pasqua ci dona; è lo scoraggiamento che ci fa tirare avanti una vita cristiana tiepida e rassegnata, senza entusiasmo e senza generosità; è l’impotenza che blocca di fronte al fallimento di un patto d’amore ritenuto ormai spento, di una vocazione sacerdotale o religiosa vissuta senza entusiasmo, di un’amicizia entrata in crisi e considerata perduta; è la sfiducia di credere comunque nell’amore di Dio quando subentra nella vita qualche prova e sofferenza dura da affrontare per sé o per i propri cari; è la delusione che intristisce il cuore davanti a tentativi falliti di scelte oneste e controcorrente nel proprio ambiente di vita o di lavoro; è l’incapacità di perdonare chi ci ha offeso profondamente negli affetti o nei rapporti familiari o comunitari; è l’indifferenza verso chi soffre o è nel bisogno.

Se allarghiamo lo sguardo al piano sociale, credo che lievito vecchio possano essere considerati anche alcuni problemi che nel nostro ambiente vanno affrontati con l’apporto di tutte le componenti ecclesiali e civili.

Mi riferisco in particolare:

1) alla necessità di ridare speranza al futuro dei nostri giovani, aiutandoli ad un inserimento meno precario nel mondo del lavoro e favorendo la creazione di nuove famiglie, caratterizzate da stabilità e sicurezza;

2) all’urgenza di sostenere sul piano morale, economico e sociale la famiglia, in particolare quelle che si trovano in difficoltà anche per il lavoro, l’assistenza ai bambini piccoli e agli anziani e malati;

3) alla promozione di un incontro accogliente e solidale con gli immigrati per affrontare insieme i loro problemi e necessità.

Il lievito pasquale è l’amore di Cristo, che vince l’odio e la violenza; è la forza del suo perdono; è la lotta contro ogni forma di peccato e di morte spirituale e morale; è la certezza che il bene alla lunga produrrà frutto per sé e per gli altri; è il sacrificio assunto con responsabilità, in famiglia come nella vita professionale e sociale; è la fedeltà e la perseveranza nel matrimonio;è il dono di se stessi nella scelta della vocazione sacerdotale, religiosa, missionaria.

Con la fede in Cristo risorto tutto è possibile, tutto può ricominciare e niente appare perduto, perché la potenza della vita divina ci investe nell’animo e la speranza rinasce nei cuori. Tutta la pasta, che è l’intera esistenza personale, familiare, comunitaria, con la molteplicità delle sue esperienze, diventa “pasta nuova”, pronta per essere consumata con gioia.

Solo chi ha provato questa esperienza pasquale, può testimoniarla agli altri e mostrare che essa dona la vita vera, anticipo della vita per sempre.

Nella mia Visita pastorale il Signore mi sta dando la grazia di incontrare tante persone, che mi testimoniano questa speranza pasquale. Penso alle assemblee domenicali frementi di gioia e di fraternità in celebrazioni dove si respira il soffio dello Spirito Santo e si sperimenta un clima di famiglia; penso ai sacerdoti, diaconi e religiose fedeli alla loro vocazione, spesa per tutti, senza posa; penso ai malati e sofferenti, nelle loro case, che trovano nella preghiera la forza di offrire al Signore le prove più dure e testimoniano la beatitudine di coloro che piangono, forti della presenza del Signore nel loro cuore; penso alle famiglie sottoposte a fatiche gravissime per disabilità di congiunti e comunque circondate da persone amiche, che, con semplicità, ne condividono la sorte; penso ai giovani disponibili ad un servizio generoso e gratuito verso gli altri; penso agli anziani ricchi di una fede coraggiosa e perseverante; penso ai volontari, che si prestano a servire in spirito di accoglienza fratelli e sorelle che soffrono per molteplici forme di povertà, senza distinzione di nazionalità e religione, testimoniando solo l’amore verso ogni uomo riconosciuto come figlio di Dio.

Questa gente “feriale”, che non fa notizia nella cronaca quotidiana, di fatto rivela però quanto la Pasqua sia penetrata nel tessuto concreto dell’anima e della vita del popolo cristiano e ne abbia forgiato lo spirito, la cultura, l’esistenza. Allora, anche le nubi che sembrano addensarsi sul futuro non ci spaventano.

Buona Pasqua, dunque, a tutti coloro che sperano e lottano per un mondo piu’ umano e divino insieme e non perdono mai la speranza che ciò possa avvenire anche oggi. A tutti giunga l’annuncio pasquale accompagnato dalla preghiera e dal nostro amore solidale : “Sì, ne siamo certi: Cristo è veramente risorto! Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza!”.

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