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Cultura

Un assist per morire, intervista con Andrea Monticone

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Golem Edizioni ha pubblicato un raro libro ambientato nel mondo del calcio in Italia. Si tratta di Un assist per morire di Andrea Monticone. E’ in realtà un giallo vero. Si parte dalla morte di un ragazzo di 17 anni, promessa del calcio che gioca in Lega Dilettanti e poi via con l’indagine del sostituto commissario Max Brandi.

Me è anche il modo per tuffarci con tutte le scarpe (o gli scarpini) nel mondo del calcio dilettantistico. Nel mondo del calcio dilettantistico torinese, a dirla tutta, visto che il romanzo è tutto torinese e la Sanpa, la squadra intorno a cui tutto si svolge, mira a diventare la terza squadra professionistica cittadina. Trovate qui la recensione completa del romanzo.

Andrea Monticone ha risposto alle nostre domande.

Un giallo (o se preferisci un noir) che è però anche un’immersione totale nel mondo del calcio dilettantistico. Come nasce l’idea di trattare questo tema?

Nasce dalla mia passione per il calcio. Inizialmente stavo scrivendo una sorta di raccolta di racconti sul tema, partendo dal punto di vista di un ex professionista ormai a fine carriera. Poi mi sono chiesto: qualcuno ucciderebbe per un campionato? O per giocare ancora tra i professionisti? E a quel punto ho virato sul noir.

Tu sei un amante della parte più poetica del calcio. Come si fonde questa poesia con i campetti di periferia del calcio dilettantistico?

Il mio amico Darwin Pastorin ha appena pubblicato un bel libro a questo proposito. Dice che se torniamo su quei campi possiamo ancora sognare, sperare… Io che sono più cinico di lui faccio di tutto per crederci. Anche se poi il marcio nel mio romanzo non risparmia neppure queste realtà.

Una riflessione a parte merita secondo me il personaggio di Brandi, rarissimo caso letterario in cui un commissario omosessuale non è trattato come una macchietta.

Caso rarissimo, il primo forse, per la narrativa di genere italiana che è indietro di anni o decenni. Nel mondo anglosassone non è così. D’altra parte cosa avrei dovuto fare: farlo sculettare per la Questura stile ‘vizietto’? O farlo parlare ogni due per tre di problemi di identità? Max Brandi ha passato i 40, ha una stabile relazione con un medico che è nota a tutti, è un duro e ha dei lati oscuri. Se qualcuno si stupisce è perché pensa che il giallo sia quella roba lì dell’epoca di Fruttero e Lucentini oppure, e parlo anche di molti autori noir, non è mai entrato in una Questura.

Quella di Brandi è un’apparizione sporadica o lo vedremo di nuovo all’opera?

Ho già una bozza di una nuova storia per lui. Ma dipenderà dal successo di questo libro.

La mia solita ultima domanda: immagina una trasposizione cinematografica del romanzo. Quali attori ti piacerebbe interpretassero i tuoi personaggi?

Rimanendo all’ambito italiano, per Brandi direi Marco Leonardi, mentre Thomas è Daniele Liotti. Il portiere Pat? Quello lo faccio io!

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