Seguici su

Cultura

Il tesoro dentro, intervista con Elena Genero Santoro

Avatar

Pubblicato

il

E’ un ottimo thriller Il tesoro dentro di Elena Genero Santoro, 0111 edizioni, sebbene forse non sia quella la base su cui il romanzo è stato pensato e scritto. Anna ha perso il marito da due anni e faticca a riprendersi.Le è rimasta solo la libreria antiquaria in pieno centro a Torino lasciatale dalla zia, ma anche quella è in forte perdita.

L’arrivo di due uomini che sembrano interessarsi a lei sembrano però smuovere finalmente i suoi sentimenti. Intanto la sua collega Amanda è sempre più taciturna e solitaria e l’antica libreria sembra nascondere un segreto. Trovate qui la recensione completa del libro.

Elena Genero Santoro ha risposto alle nostre domande

Dolori da superare, vite da ricostruire, un mistero nascosto, una donna malata… tanti temi per questo romanzo. Da cosa è nata la necessità di scriverlo?

Avevo voglia di dolcezza. Volevo una storia che scaldasse il cuore, volevo un amore che riscattasse le amarezze affrontate dai protagonisti fino a quel momento. I personaggi principali sono Anna, una giovane vedova depressa, Emil, un danese in fuga da qualcosa e Amanda, una contabile con delle strane manie. Ognuno di loro ha un suo dolore, una sua spina nel fianco. L’essersi incontrati per caso ed essersi imbattuti in un mistero da svelare li aiuterà a uscire dal loro stato di impasse. C’è un tesoro da trovare, è vero, ma alla fine il vero tesoro è qualcos’altro. È l’amore che risolve, che cura, che risana: l’amore in tutte le sue forme, anche inteso come amicizia e solidarietà.

Dal passato arrivano poi un mistero nascosto e almeno due storie personali che non sono state risolte. Un passato molto “presente”…

Tutta la vicenda affonda le radici in un passato più o meno remoto. Anna, nonostante sia alle prese con due corteggiatori, rivive nel ricordo tutto il suo rapporto con il defunto marito Francesco, al quale è ancora parecchio legata. Anna oscilla a lungo tra quello che “è stato” e quello che “sarebbe potuto essere”, non curandosi di ciò che “potrebbe essere”. Sarà proprio la presa di coscienza sul suo primo matrimonio ormai concluso che la traghetterà finalmente nel presente e la metterà in grado di decidere del proprio futuro. Poi c’è Emil, che è in vera e propria fuga da un passato recente, da una storia sentimentale interrotta, da una situazione personale scomoda, figlia di avvenimenti scioccanti. Infine c’è Amanda, attorno alla quale ruota la vicenda del tesoro da scoprire, e il tesoro ha un’origine parecchio antica, che verrà svelata alla fine… Insomma, le soluzioni stanno tutte nel passato!

Come sempre nei tuoi lavori la storia serve (anche) a sollevare un tema importante. In questo caso parliamo di schizofrenia paranoide…

Il racconto della schizofrenia paranoide nasce da un’ispirazione reale perché ho avuto modo di frequentare una persona che è affetta dalla stessa patologia. Lo schizofrenico paranoide soffre essenzialmente di manie di persecuzione e vede minacce anche in parole, comportamenti e immagini totalmente neutri. Lo schizofrenico paranoide è quello che crede che la presentatrice della tv stia parlando direttamente a lui, magari in codice. O quello che pensa che una foto su una pagina Facebook di qualcuno che nemmeno conosce sia un messaggio a lui diretto, dietro il quale c’è una congiura complicatissima ordita ai suoi danni. Quindi lo schizofrenico, se non curato, vive in uno stato di ansia perenne. Per chi gli sta intorno (parenti, amici, colleghi) è molto difficile ricondurlo sui binari di un ragionamento lineare. E se per sua sfortuna vive da solo rischia di “perdersi” e persino di non far valere i propri diritti, anche quando li ha, perché vive in un mondo tutto suo, completamente disconnesso da quello reale. È il rovescio della medaglia della legge Basaglia 180/1978, che rivoluzionò (e per fortuna) la concezione della psichiatria e condusse alla chiusura dei manicomi che, fino a quel momento, erano stati dei veri propri lager e luoghi di contenzione. Oggi però un malato mentale che non vive in seno a una famiglia, che viene lasciato a se stesso perché per i congiunti è un peso, (e chi le aiuta, le famiglie, a prendersi cura di un parente così ingombrante?), rischia solo di peggiorare le sue condizioni cliniche.
Però se il malato psichico viene seguito amorevolmente, le cose per lui o lei possono migliorare parecchio.

Sullo sfondo una Torino un po’ magica con al centro un mistero nascosto nelle mura di uno dei suoi palazzi. Torino, magia e mistero compongono un triangolo classico. Quanto ne sai e qual è il tuo rapporto con la Torino magica e misteriosa?

Il mio primo approccio con la Torino magica risale alla terza media quando la professoressa di educazione artistica ci portò a vedere tutti i luoghi in cui si possono ammirare le maschere grottesche. Quello fu l’inizio. Poi, quando frequentavo la facoltà di ingegneria, ho avuto la possibilità di studiare gli angoli di Torino in molti modi e sfaccettature, nei vari corsi di storia dell’architettura e dell’urbanistica. Abbiamo visitato chiese barocche e neoclassiche e monumenti ed edifici eclettici e liberty. La chiesa neoclassica di San Massimo è una di queste. Costruirci intorno una leggenda è stato estremamente divertente!

La mia tradizionale ultima domanda: immagina una trasposizione cinematografica del romanzo, quali attori ti piacerebbe vedere interpretare i ruoli dei tuoi protagonisti?

Per il ruolo di Emil sarebbe perfetto Luke Bracey, che non conoscevo ancora quando ho immaginato il mio protagonista, ma che sarebbe davvero la sua incarnazione.
Per Anna avrei meno preclusioni, vedrei un tipo alla Monica Bellucci, ma sulla trentina. In pratica quelli che piacerebbero a me chiederebbero un cachet stellare, ma, tanto, mica abbiamo problemi di budget, noi?