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Economia

Famiglie torinesi. Indagine Camera di Commercio: ‘Carrello più ricco e qualche risparmio’

Redazione Quotidiano Piemontese

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Presentati oggi a Palazzo Birago i dati 2017 dell’indagine sulle spese delle famiglie torinesi, realizzata dalla Camera di commercio di Torino e giunta alla 21° edizione. Sotto la lente le abitudini di spesa di 240 nuclei familiari residenti in Torino, a cui è stato richiesto di monitorare puntualmente le spese sostenute, conservando gli scontrini fiscali.

“La spesa dei torinesi cresce e cambia: un incremento costante negli ultimi 5 anni ci sta riportando ai valori pre-crisi, mentre aumentano le famiglie che dichiarano di beneficiare di un maggiore potere di acquisto. Crescono tutte le spese, anche nei settori che in passato avevano mostrato maggiore sofferenza: vacanze, pasti fuori casa, cultura e tempo libero – ha commentato Vincenzo Ilotte, Presidente della Camera di commercio di Torino. – Se da un lato aumentano rispetto a 10 anni fa le famiglie che riescono ad accantonare a fine mese almeno una parte del proprio reddito, diminuisce tuttavia il numero dei grandi risparmiatori, capaci di mettere da parte oltre il 20% del reddito familiare”.

I dati dell’indagine

Quinta crescita consecutiva nel 2017 per i consumi delle famiglie torinesi che raggiungono in media i 2.535 euro mensili (+3,2% rispetto al 2016): si tratta del secondo valore più alto negli ultimi 10 anni. A crescere sia le spese alimentari (+3%, il 15,4% del totale) sia le non alimentari (+3,3%, l’84,6% del totale).

La spesa alimentare

Nel 2017 sono stati spesi mensilmente 391 euro in generi alimentari e bevande (+12 euro rispetto al 2016, quinto anno consecutivo di crescita). A crescere soprattutto le bevande (+5 euro), seguite da carni e salumi, legumi e ortaggi (entrambi +4 euro) e frutta (+3 euro); continua, seppure in maniera più contenuta, l’incremento dei cibi di asporto (+1 euro). In calo, invece, pane e cereali (-2 euro), oli e grassi (-3 euro) e pesce (-1 euro).

È la carne a rappresentare la quota più ampia del carrello alimentare, con il 21,8% della spesa; seguono latte, formaggi e uova (14,2%), pane e cereali (13,6%), e verdura (il 12,2%). Minore incidenza per le bevande (il 7,3%), per il pesce (il 5,4%), per i cibi pronti, da asporto, gastronomia (il 3,8%) e per gli oli e i grassi (il 2,1%).

Tra le tipologie di famiglie, la spesa per generi alimentari varia dai 286 euro della famiglia unipersonale ai 516 euro della famiglia con 4 o più componenti. Nelle famiglie più numerose (con almeno 4 componenti) è più elevata la percentuale destinata ad acquisti di pane e cereali, frutta e dolciumi, mentre le famiglie meno numerose (1 solo componente) spendono una quota maggiore in carne, salumi e verdura. I nuclei degli ultra 64enni si confermano quelli più moderati e parsimoniosi (334 euro in spesa alimentare) e, tra l’altro, meno propensi all’acquisto di bevande alcooliche.

La spesa non alimentare

In crescita per il quinto anno consecutivo anche i consumi non alimentari, pari a 2.144 euro, con un +3,3% rispetto al 2016 (+68 euro). Il primo capitolo di spesa riguarda l’abitazione (52,1%), seguito dal macro insieme composto da “altri” beni e servizi (il 14,3%). Al terzo posto i trasporti e comunicazioni (14%), al quarto il welfare (13,7% della spesa non alimentare). Quest’ultimo è un nuovo aggregato dove l’indagine di quest’anno ha fatto confluire quattro categorie principali: cultura, ricreazione e spettacolo, servizi sanitari e salute, assistenza e istruzione.

Abitazione (1.119 euro, 52,1% della spesa non alimentare)

In questa voce convergono non solo le spese strettamente collegate alla casa (benché siano quelle più consistenti, 794 euro – il 37%), ma anche le utenze (181 euro – l’8,4%) e le spese per l’arredamento (144 euro – il 6,7%).

I 794 euro destinati alla casa si ripartiscono fra affitto e fitto figurativo, spese condominiali, imposta rifiuti e assicurazione. Le utenze includono 71 euro medi mensili destinati al riscaldamento centralizzato, 49 euro per consumo di gas e altri combustibili, 40 euro per energia elettrica e 21 euro destinati al consumo di acqua. Tutte le voci sono rimaste mediamente stabili rispetto all’anno precedente, tranne le bollette per energia elettrica e acqua che hanno subito un significativo incremento rispettivamente di +7 euro e di +4 euro medi mensili.

Le spese in altri beni e servizi (307 euro, il 14,3%)

Si tratta di una categoria che, sebbene residuale, rappresenta il 14,3% dei consumi non alimentari delle famiglie torinesi, in crescita di 15 euro rispetto al 2016. La componente più importante è relativa alle vacanze per le quali le famiglie spendono circa 101 euro al mese (+2 euro, quarto valore più elevato dal 2008). Altra voce significativa è data dai pasti fuori casa, ai quali i consumatori destinano 77 euro al mese (erano 68 euro nel 2016, valore più alto dal 2008).

Trasporti e comunicazioni (300 euro, il 14%)

Il dato è in lieve diminuzione rispetto al 2016 (-4 euro): il calo è imputabile principalmente alle spese nelle telecomunicazioni (passate da 88 a 79 euro) che comprendono telefoni, bollette, ricariche e servizi postali. Al contrario, i consumi legati ai trasporti sono in crescita (da 216 euro nel 2016 a 221 euro): l’aumento è imputabile alla voce “benzina e gasolio” (99 euro contro i 92 euro del 2016) e a quella per acquisti di biglietteria aerea e ferroviaria (22 euro; +8 euro rispetto al 2016).

Welfare (292 euro, il 13,7%)

Raggruppando quattro voci principali (salute, istruzione, cultura e tempo libero e assistenza) la spesa per il welfare raggiunge i 292 euro mensili, in linea con quanto registrato nel 2016 (+1 euro).

Le spese sanitarie e destinate alla salute sono in calo per il secondo anno consecutivo e ammontano a 89 euro mensili (-12 euro rispetto al 2016). A diminuire, soprattutto gli acquisti di occhiali e altre protesi mediche e ortopediche mentre rimangono stabili i costi di onorari medici, analisi, medicinali e ticket.

In aumento (120 euro, +17 euro) la quota destinata per attività culturali, sportive e tempo libero. Crescono gli acquisti di libri, di articoli sportivi e per il tempo libero. Importante anche la categoria “altre voci del tempo libero” che nei 51 euro di spesa (+7 euro), include 25 euro al mese destinati ad abbonamenti a strutture sportive e 8 euro mensili destinati a hobby.

Per l’istruzione si spendono in media 32 euro, con un incremento di 4 euro rispetto al 2016. Qui confluiscono l’acquisto di libri scolastici, e le spese per rette scolastiche e tasse universitarie. Tuttavia, le famiglie che hanno effettivamente questa voce nel budget famigliare sono solo il 22,5% delle rispondenti e se si considera il carico economico solo per questo spicchio del campione, la spesa sale a 144 euro al mese (era 124 euro nel 2016).

Ammontano a 51 euro mensili le spese dei torinesi destinati ai servizi di assistenza (servizi domestici, asili nido e baby sitter), in calo di 8 euro rispetto al 2016. Anche in questo caso, le famiglie del campione che effettivamente beneficiano di questi servizi sono contenute: i 68 nuclei famigliari che si servono di colf spendono in media 126 euro mensili, mentre le 19 famiglie che utilizzano il servizio di baby sitter, spendono 210 euro.

Vestiario e calzature (101 euro, il 4,7%)

Boccata di ossigeno per questa voce, penalizzata negli ultimi anni e invece passata nel 2017 da 88 a 101 euro mensili. Crescono sia gli acquisti per abbigliamento e spese sartoriali (65 euro; +7 euro), sia per le calzature (36 euro; +6 euro).

Il risparmio nelle famiglie torinesi

Nel 2017 il 44,6% delle famiglie è riuscito a risparmiare almeno una parte del reddito mensile: il dato è in leggero calo rispetto al 2016 (47,4%), ma in crescita rispetto a 10 anni fa (43,3%). In media il risparmio si è attestato al 7,2% del reddito mensile. Dieci anni fa le famiglie risparmiavano il 7,5%, ma il dato è in recupero dopo il record negativo del 2013 (6,7%). Nel 2007, ultimo anno prima della crisi economico finanziaria, la quota media di risparmio delle famiglie raggiungeva il valore più elevato, pari all’8,8%.

Diminuito invece il numero dei grandi risparmiatori, capaci di accantonare oltre il 20% del reddito famigliare (era il 6% nel 2008, contro il 4,8% del 2017).

Il rapporto tra tipologia famigliare e quota di risparmio mensile è stringente: chi ha maggiori difficoltà economiche è il monogenitore con figli che riesce a risparmiare al mese solo il 4,1% del reddito famigliare. Migliori le condizioni, invece, per le coppie senza figli dove il risparmio tocca il 10,7% del reddito medio mensile.

Potere d’acquisto

In aumento la percentuale dei nuclei famigliari che dichiara di aver visto incrementare lievemente il potere d’acquisto (il 4,2% contro l’1,3%) mentre è diminuita quella di chi afferma di aver registrato un’erosione più o meno marcata (il 28,5% contro il 31,4%). Non solo: di fronte ad una avvertita variazione dei prezzi, il 51,2% delle famiglie (il 50% nel 2016) ha dichiarato di non aver cercato di limitare i propri acquisti, il 30,9% di aver ridotto la spesa (a fronte del 33,4% dell’anno precedente), mentre la soluzione di acquistare prodotti o marche differenti è stata adottata dal 9,1% dei rispondenti.

Luoghi di acquisto

Cambiate profondamente negli ultimi 10 anni le preferenze relative ai luoghi di acquisto: in generale, più della metà delle famiglie del 2017 predilige super/ipermercati e hard discount (erano il 46,4% nel 2008), mentre si mostra in calo la scelta del negozio tradizionale, passato nello stesso periodo dal 36,1% al 28,7% delle preferenze. Nella categoria “altro” in crescita l’e-commerce, ma anche, seppure marginali, gli acquisti diretti dai produttori e gli outlet.

Se si guardano le singole categorie merceologiche, la Grande Distribuzione Organizzata oggi si conferma essere il luogo di acquisto preferito per la spesa di alimentari, in particolare di prodotti da forno, frutta e verdura, a discapito del negozio tradizionale.

Acquisti sostenibili e solidali

Il consumatore torinese si dimostra sempre più attento alla tutela della propria salute e dell’ambiente: il 74,5% delle famiglie ha dichiarato di aver acquistato almeno qualche volta prodotti biologici (il 75,5% nel 2016), il 49,4% quelli del commercio equo e solidale e il 5,9% di aver fatto ricorso ai GAS (gruppi di acquisto solidale). La ricerca della qualità e del rapporto di fiducia fra produttore e consumatore, oltre all’abbattimento dei costi, sono le ragioni alla base di questi nuovi comportamenti d’acquisto che, rispetto a quanto dichiarato nella precedente indagine, sono confermati o in crescita, come nel caso della scelta dei prodotti equo solidali e dei GAS (rispettivamente aumentati del 5,7% e del 1,1% rispetto al 2016). Confermata anche quest’anno la crescita del ricorso ai beni di seconda mano: a fronte di un 38% del 2016, quest’anno poco mendo di una famiglia su due (il 49,4%) ha dichiarato di averne acquistati.

Acquisti on line

Il web è utilizzato dal 39,3% delle famiglie torinesi almeno una volta al mese (erano il 35,8% l’anno scorso). Il 28,9% del totale dei rispondenti ha dichiarato di ricorrere “qualche volta” all’e-commerce, mentre il 10,5% afferma di utilizzarlo “spesso”. Fra questi ultimi, cresce, rispetto all’anno scorso, la quota degli utilizzatori con età compresa fra i 40 e i 65 anni (dal 40% al 52%), a testimonianza del fatto che la navigazione on line sta diventando una consuetudine non solo fra i giovani. Piacciono anche i coupon sui siti di social shopping: un terzo delle famiglie ha dichiarato di utilizzare questi buoni per usufruire di beni e servizi a prezzo scontato (era il 27,4% nel 2016).

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