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Cultura

La mano del morto, intervista con Andrea Monticone

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Torna il colonnello Gabriele Sodano, nato dalla penna di Andrea Monticone. Ne La mano del morto, agile e immediato racconto per la collana Fiaschette di Buendia Books, il nostro è impegnato in un’indagine per omicidio che lo coinvolge direttamente. Nel senso che il cadavere gli è letteralmente piovuto tra i piedi.

Sodano si troverà ad affrontare la parte più nera della periferia nord di Torino, in un viaggio, veloce e letale, che lo porterà tra bische clandestine, criminali senza scrupoli e poliziotti che di scrupoli ne hanno ancora meno. Trovate la recensione completa del libro qui.

Andrea Monticone ha (ancora una volta) gentilmente risposto alle mie domande.

Torna il colonnello Sodano, impegnato in un’indagine nerissima e immediata. Come è nata questa storia?

Credo per caso. Proprio come capita a Sodano, come gli capita spesso a dire il vero. Avevo iniziato a prendere appunti ai tempi di “Un assist per morire”, perché alle volte scrivo delle scene che non finiscono nel romanzo cui sto lavorando solo per lavorare sul carattere e la fisionomia di alcuni personaggi. Nel caso, il commissario Natuzzi, che mi sono divertito a fare interagire con Sodano. Poi piano piano è diventato questo racconto, che è rimasto per un po’ nel cassetto.

Questa volta la Torino che ci racconti è quella della periferia nord ed è una Torino che ricorda le città dei grandi noir americani o francesi. Cupa, violenta, senza speranza. Non proprio una Torino da cartolina…

No, non è una Torino da cartolina ma è una Torino vera. Non è una città senza speranza, è una città in cui si muovono dei personaggi che probabilmente sono senza speranza, ma hanno ancora quella scintilla per fare qualcosa, fosse pure l’ultima cosa che faranno nella loro vita.

Per stare a galla in tutto questo nero Sodano deve scendere a compromessi e accettare di buon grado le maniere di Natuzzi. La scena nella bisca è per me una perla molto cinematografica. Come è nata?

Decenni di passione per i western, a dirla tutta. Il titolo stesso del racconto rimanda all’immaginario western e al suo bagaglio di miti. Non dovrei essere io a dirlo, ma come scena d’azione è venuta bene. E senza rinunciare al sorriso, a un filo di ironia. E tutto sommato per Sodano non è stato uno scendere a compromessi, secondo me si è divertito davvero.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro di Sodano?

Qualcosa di inaspettato.

Questo, se non sbaglio, è il tuo secondo lavoro per le Fiaschette di Buendia Books. Ti piace la libertà di movimento che concede il racconto breve?

Il racconto, inteso come una storia compiuta, mi piace e mi affascina. Non mi piacciono invece quei racconti che sembrano semplicemente i pensierini delle elementari e spacciati per letteratura minimalista. Quando scrivo e quando leggo ho una domanda fissa, come una specie di partitura di basso e di batteria che deve reggere tutto: c’è una cazzo di trama? Ecco, molto semplice. Questo racconto era forse in origine la base di un romanzo, come già mi era accaduto con ‘L’ultimo che muore chiuda l’ombrellone’ ma alla fine è rimasto tutto in una dimensione più raccolta, ma a modo mio completa. ‘Golden ring’ di Clapton dura tre minuti e mezzo, ma c’è tutta una storia, passato, presente, futuro. E a me piace muovermi a questi ritmi.

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