Cultura
Bagnata e felice: l’Italia del concerto in piazza Vittorio
Inizia una lunga serata di musica: a tratti (clima a parte) vengono in mente le notti della taranta, quelle kermesse di danze indiavolate fino all’alba che colorano le estati del sud Italia. Tanti artisti, uno per ogni regione, danno vita a un interessante collage di tradizioni: il folk insieme al rock, la pizzica salentina seguita dalle nostalgiche melodie friulane, il dialetto ligure alternato al napoletano e al siculo. Sono già passate le 23 quando sale sul palco Davide Van De Sfroos: il suo stile (un ironico folk comasco condito di rock e di Sud America) non è strutturalmente molto diverso da quello degli altri cantanti, ma l’allure sanremese, che nel giro di poche settimane lo ha portato a conquistare le radio, si sente e si vede. Gli applausi sono calorosi, soprattutto quando Van De Sfross duetta con Irene Fornaciari e con Beppe Dettori, leader dei Tazenda.
Intanto, sotto gli ombrelli aperti, si crea una specie di comunità affettiva. C’è davvero l’Italia in piazza: la lingua nazionale e tanti dei suoi dialetti, i ragazzini che urlano a volte fino a coprire la musica e i pensionati composti, le famiglie con i bambini, le mamme neoitaliane con l’hijab. Verso mezzanotte, improvvisamente, questa collettività variegata si ammutolisce: per qualche istante l’Italia ha le fattezze di una ragazza avvolta nel tricolore, che volteggia in aria appesa a una mongolfiera. Un vero colpo di teatro, un’immagine leggiadra e bellissima.
Dopo lo spettacolo mozzafiato dei fuochi tricolori con colonna sonora verdiana, quando piazza Vittorio e via Po sono completamente invase dalla gente in festa, arriva il vincitore di Sanremo, Vecchioni, la guest star della serata. Gli adolescenti lo aspettano e lo acclamano quasi fosse un’icona rock. Strano modo, il suo, di arrivare al grande pubblico, con uno stile sempre in bilico tra la poesia autentica e la retorica più pericolosa, con una canzone, Chiamami ancora amore, che tutto fa tranne innovare e che nonostante questo (o forse proprio per questo) riesce a intercettare qualche bisogno profondo della gente. All’una e mezza passata, con Samarcanda e Luci a San Siro (“immaginatevela ambientata a Torino”, propone Vecchioni) la festa arriva al culmine. Poi impermeabili fradici e ombrelli iniziano a sciamare lungo via Po, consapevoli, forse, di aver partecipato a una serata memorabile, destinata, come le notti olimpiche del 2006, a rimanere nel cuore di tanti torinesi.