Asti
Intervista a uno dei naufraghi di San Damiano d’Asti: “Ricordo il pianto e le urla dei bambini, un incubo”
Certo, non avrei mai pensato allo schianto con uno scoglio, mi sembra anche adesso impossibile. Nel giro di poco tempo, la situazione è diventata allarmante, è mancata la corrente elettrica e la nave si stava inclinando da un lato. Era chiaro che la Concordia si stava inabissando.
Le persone, bambini, donne incinte, anziani, alcuni disabili in carrozzella, insomma tutti abbiamo iniziato a urlare, a piangere, a chiedere aiuto, ma nessuno ci prestava attenzione. Ricordo i pianti ininterrotti dei bambini, dei neonati. Un incubo ad occhi aperti. L’equipaggio, per due volte, ci ha esortato a star tranquilli ma senza fornirci spiegazioni. Ci dicevano solo che era tutto sotto controllo, ma poi… poi la corsa alle scialuppe.
Le prime ad essere calate in mare sono state quelle al 4° piano della nave, ma è stato difficile raggiungerle. A quel punto la nave si stava già inclinando molto e non si riusciva a camminare, a procedere nella direzione delle scialuppe. Bisognava aggrapparsi a qualsiasi cosa, camminare di lato. Mia moglie ed io, insieme ai nostri parenti, abbiamo cercato di restare uniti e di dirigerci al livello delle barche per fuggire dalla nave che naufragava però gli oggetti, i carrelli, le stoviglie, i tavoli, tutto ci precipitava addosso rapidamente. Se uno di noi fosse stato colpito da un oggeto in movimento sarebbe sicuramente rimasto gravemente ferito. Come si può camminare in un senso se il pavimento è adagiato su un fianco e ogni cosa, ogni pezzo d’arredo ti casca addosso?
Gli unici ad aiutarci – prosegue Franco – sono stati i camerieri, gli animatori della nave che, pur essendo impreparati come noi alla situazione, ci hanno sostenuto, mentre non ho visto nessuno dei marinai fare altrettanto.
Finalmente, saliti sulla scialuppa che poteva ospitare 150 persone circa e, secondo me ne sono state caricate anche di più, siamo stati condotti a terra, sull’isola, dove una signora del posto ci ha suggerito di recarci in un bar aperto per l’occasione, per rifocillarci. Anche la chiesa e l’asilo sono stati aperti per accogliere i naufraghi. Avevamo tutti freddo. Eravamo terrorizzati e non capivamo ancora bene cosa fosse successo. Ricordo di aver detto, una volta entrato nel bar, che almeno eravamo a terra, in salvo. Non importa se abbiamo perso tutto, abiti, gioielli di mia moglie, almeno stiamo bene e ora siamo a casa. Non tutti possono dirlo, purtroppo.
Polizia, carabinieri, guardia costiera, c’era una tale confuzione… Più tardi, dopo la nottataccia passata in bianco – conclude Franco – un autobus ci ha portati a Savona e lì, mio figlio è venuto a prenderci in auto, proprio stasera. Il viaggio è stato lungo, non vedevamo l’ora di rincasare, cambiarci d’abito, riscaldarci e dimenticare. Non farò mai più un viaggio in mare, preferisco andare in giro per le mie vigne a San Damiano“.
Vincenzo Franco e la sua famiglia sono arrivati, poco prima delle 20.30 di oggi a casa, a San Damiano e, nonostante il comprensibile trauma, stanno bene. Anche i due astigiani che risiedono in città sono tornati alle proprie abitazioni e stanno bene.