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Cultura

Andrea Pazienza rivive al Piccolo Regio, con la voce di Stefano Benni

Redazione Quotidiano Piemontese

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Stefano BenniPompeo di Andrea Pazienza è un testo che non può lasciare indifferenti. Questo romanzo grafico “visceri sul tavolo”, come l’autore lo definiva, ha una carica dirompente che tradisce, pur tra le sue infinite contraddizioni, i tratti del genio. Un’opera così complessa sembra amplificata dall’adattamento teatrale andato in scena al Piccolo Regio di Torino, in una serata con molto pubblico proposta dal Circolo dei Lettori. Protagonisti l’attore Stefano Benni alla voce (che è come uno strumento concertante) e il musicista Danilo Rossi alla viola. Il risultato: un pugno nello stomaco.

Pompeo, scritto nel 1987, è una specie di testamento nero del grande fumettista Pazienza. E’ la storia degli ultimi giorni di un uomo, di un artista distrutto dalla droga. La morte è un dato di fatto, così ovvio da diventar banale, e la cronaca del disfacimento fisico-spirituale del protagonista ha una vividezza che raggela il sangue. Le corrispondenze con la vita dell’autore, che si spense nell’88, sono tali da far parlare di opera autobiografica: in questo lavoro c’è tutta la vita di Pazienza, la sua attività di insegnante, i luoghi della sua infanzia, la sua infinita fragilità, frutto di una sensibilità amplificata e sofferente, la sua grandezza. Nessuna speranza o redenzione in una storia fatta “di passati, presenti e nessun futuro mai” perché “il mio futuro sta in un centimetro cubo”.

Di fronte a un così doloroso garbuglio di arte e vita, che rende di fatto impossibile qualunque giudizio, si impongono due considerazioni. La prima è che l’opera di Pazienza è un caso di autentica letteratura. Sarebbe un errore liquidarla tra i generi minori, come certa tradizione italiana, un po’ snobistica nei confronti del fumetto, vorrebbe. Il testo è scritto in una lingua geniale, che pesca da tutti i registri, letteratura alta compresa, e che in certi momenti fa pensare a un “Rimbaud dei nostri giorni”. L’altra osservazione è che la lettura di Stefano Benni (integrata dalla proiezioni di una sessantina di disegni tratti dal libro) tira fuori l’anima del testo. Una lettura pacata, a volte ritmica, attenta a non esasperare le tensioni già evidenti di per sé. Lo stesso Benni, che ha conosciuto Pazienza e che è autore dell’adattamento, a fine spettacolo sembra quasi soverchiato da una storia tanto dura. “Io leggerei questo testo nelle scuole – dice – perché secondo me è contro la droga. Ti fa passar la voglia di fumare anche solo una sigaretta”. E prima di salutare il pubblico regala un bis, un suo pezzo intitolato Volano, surreale e delicato, che lascia trasparire, dopo tanto buio, un luccichio di timida speranza. Alla resa drammatica contribuisce efficacemente la musica di Danilo Rossi, prima viola della Scala di Milano, eccezionale nel gestire tutte le potenzialità dello strumento, dal suono più puro al più distorto. Rossi coniuga brani di sua invenzione con opere del passato, dimostrando che la grande musica, dovunque sia invitata, è sempre al suo posto. E’ il caso di un momento drammatico dello spettacolo, sottolineato dalla stupenda Sarabanda della Suite n. 2 di Johann Sebastian Bach.

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