Cultura
Nel film di formazione del torinese Faenza il dolore è solo nel titolo
Il pool di attori messo in campo per questo film è di assoluto livello. C’è Ellen Burstyn un Oscar (per Alice non abita più qui) e altre cinque nomination ma famosa soprattutto per essere stata la mamma del cult L’esorcista, c’è la bravissima Marcia Gay Harden (Oscar per Pollock) e poi ci sono comprimari di provata affidabilità come Peter Gallagher (già volto dei Coen, di Soderbergh, Altman e Mendes), Stephen Lang (Avatar) e Lucy Liu (Charlie’s Angels e Kill Bill). Anche il giovane protagonista Tony Regbo (già visto in Mr Nobody) si muove con grande disinvoltura sullo schermo e conferma come la coralità sia il punto di forza di un film che sembra invece mancare proprio nella descrizione del “dolore” oggetto del titolo.
Sarà per i tempi in cui viviamo ma è difficile immedesimarsi negli ordinari drammi di un adolescente introverso e malinconico come tanti ma provvisto di parecchie uscite di sicurezza dovute al suo status sociale. I “drammi” scaturiti dalla più volte evocata gita a Washington, risolti con un paio di sedute di running e psicanalisi sull’Hudson sembrano acqua fresca al cospetto di altri ritratti con efficacia dal regista torinese (su tutti la storia di don Puglisi in Alla luce del sole). È come se ci fosse troppa letteratura in questo film che sottolinea con acutezza il divario fra il linguaggio edulcorato degli adulti e quello innocente e sincero degli adolescenti ancora capaci di chiamare le cose con il loro nome. Lo psicanalista diventa life coach, la plastica facciale diventa intervento di chirurgia estetica mirata, la discarica è isola ecologica. Il dolore di crescere che era il fulcro di due fra i più bei film della scorsa stagione (The tree of life e Il ragazzo con la bicicletta) qui è ridotto a episodi ed è davvero difficile provare empatia per il protagonista che corre dalla nonna dopo l’ennesima incomprensione con i famigliari e le chiede come “consolazione” una casa di campagna da 98.000 dollari. Ed è altrettanto difficile provare empatia per questo ragazzo che dopo essersi scontrato con i compagni coi quali è in gita va a rifugiarsi in una suite d’albergo da 700 dollari (!) a notte. In questi tempi, in cui per parecchi giovani con dieci anni in più del protagonista è difficile persino guadagnare quella cifra a fine mese, un film come Un giorno questo dolore ti sarà utile sembra un oggetto distante, incapace di suscitare le emozioni che promette.