Cultura
Rata Nece Biti, viaggio negli incubi della ex Jugoslavia
Gaglianone pedina, preparato sulla storia e sul contesto, ma non sulle specificità dei luoghi che attraversa. Incrocia un pastore reticente che pare voler tenere per sé la propria storia ma, poi, lo segue durante un pascolo e questi lo conduce ad un’altura dalla quale può vedere la valle percorsa in lungo e in largo durante la guerra. E lì, soltanto lì, il pastore inizia a parlare. Soltanto un occhio disattento può affermare che Rata Nece Biti non abbia una regia. Pur nella sua ruvida essenzialità il documentario è illuminato da intuizioni. Come quando Gaglianone sceglie di far coprire la voce dell’addetta dell’International Commission of Missing Persons dai rumori di fondo, mentre questa spiega con freddezza il lavoro di ricomposizione dei resti umani dissotterrati dalla fosse comuni. Oppure quando sceglie di far sentire le voci di Karadzic, di Milosevic e di Itzebegovic in un lungo camera car per non rubare con le immagini di repertorio l’attenzione da riservare alle loro parole.
Anche se è un documentario fluviale, anche se si svolge fra Serbia e Bosnia, Rata Nece Biti è, in tutto e per tutto, un film di Gaglianone. La guerra partigiana è stata sostituita dal conflitto serbo-bosniaco, l’emarginazione delle periferie è la stessa alla quale si condannano, reciprocamente, le etnie non pacificate dell’ex Jugoslavia, i ragazzi senza futuro di Nemmeno il destino e Pietro hanno lo sguardo dagli orizzonti limitati di quelli di Sarajevo, città che proprio vent’anni fa, il 5 aprile 1992, fu attaccata per la prima volta dalle forze paramilitari serbe. E il confine fra i film di finzione e i documentari è più sottile di quanto sembra. Perché è sempre il regista che sceglie come, dove, quando e perché accendere la camera.
Rata Nece Biti di Daniele Gaglianone è in vendita a 12,75 euro sul sito della casa Editrice Derive e Approdi. Insieme al film è allegato un libro-reportage con testi dello stesso Daniele Gaglianone (regista del film), Luca Rastello (scrittore e giornalista torinese), Nicole Janigro (saggista) e Gianfranco Bettin (scrittore).