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Cronaca

Stranieri. Assessore Cerutti: “La percezione della popolazione italiana è distorta”

Redazione Quotidiano Piemontese

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monica-ceruttiPresentati i dati dell’osservatorio interistituzionale sugli stranieri in provincia di Torino. Su questo argomento, secondo Monica Cerutti, assessore regionale Pari opportunità, Diritti civili e Immigrazione, “la percezione della popolazione italiana è distorta”. In un post sul suo blog, l’assessore spiega:

Un’analisi interessante in merito è quella che ha pubblicato Beppe Servegnini su Il Corriere della Sera qualche settimana fa. Il giornalista infatti raccontava delle risposte bizzarre che aveva ricevuto durante un evento pubblico in merito a domande sull’immigrazione. Qualche esempio delle risposte in Italia? “Quanti sono i musulmani residenti?”. Risposta: il 20% della popolazione! (in verità sono il 4%). “Quanti sono gli immigrati?”. Risposta: 30% (in realtà 7%).

In provincia di Torino ad esempio un dato significativo è la presenza di immigrati in quasi tutti i comuni, ne fanno eccezione solo 6, ad evidenziare una capillare presenza sul territorio. L’altro elemento indicativo è il radicamento e la stabilizzazione delle famiglie immigrate, dato che è confermato per l’intero territorio regionale anche nel rapporto nazionale presentato a fine ottobre. I dati della Prefettura registrano per il 2013 rispetto al 2012 un aumento delle richieste di cittadinanza italiana con un significativo incremento delle istanze per naturalizzazioni e una riduzioni per matrimonio. Il tema della cittadinanza apre ad altre riflessioni, si pensi a tutto il dibattito intorno alla possibile riforma che, secondo le dichiarazioni dell’allora Ministra Kyenge, doveva vedere la luce quest’anno; ciò che è certo è che molti cittadini stranieri, e soprattutto i loro figli nati in Italia, sono costretti a vivere in una situazione di precarietà fino alla maggiore età.

Ma proprio il tema della stabilizzazione delle famiglie migranti deve farci spostare il timone da risposte di tipo emergenziale a politiche di lunga durata. Le istituzioni, in sinergia con i soggetti della società civile e le stesse associazioni di immigrati devono cooperare per creare vere e stabili condizioni per l’integrazione sociale, le pari opportunità, la coesione e cittadinanza attiva.

Politiche a favore degli immigrati ma senza dimenticare che l’integrazione è un processo complesso e difficile e che l’accoglienza va costruita nel rispetto delle identità di tutti e nella considerazione del “sentire” di ciascuno, immigrati e italiani.

E’ necessario raccogliere e non negare il disagio rappresentato da chi “ingenuamente” di fronte al diverso e al nuovo si difende con forme più o meno manifeste di intolleranza, e provare ad individuare strade per facilitare la coesione e la convivenza multiculturale. Nel rapporto Istat 2012 “i migranti visti dai cittadini” vengono riportati gli esiti di una ricerca commissionata dal Dipartimento Pari Opportunità dalla quale si evince una significativa discriminazione nei confronti degli immigrati che, soprattutto in questa fase di crisi socio economica e di scarsità di risorse, devono essere considerati secondi, dopo gli italiani, per l’accesso alle opportunità lavorative, agli alloggi popolari e cosìm via. UNAR rileva che nel 2013 vi è stato un aumento delle discriminazioni etnico-razziale (sul totale delle segnalazioni giudicate di pertinenza UNAR, il 68,7% riguardavano discriminazioni razziali); inoltre si sottolinea anche la crescita delle offese e istigazioni all’odio razziale è sempre più veicolati attraverso rete internet e social networks.

Come lavorare per affrontare anche questa complessità?

Il territorio regionale è ricco di esperienze, di successi, di collaborazioni pubblico privato, di sforzi comuni per favorire i processi di integrazione e, come dice la Prefetta Basitone nella presentazione del rapporto “il processo presuppone azioni coordinate e condivise di accoglienza dell’immigrato, mirato a fornirgli un bagaglio linguistico sufficiente ad un adeguato inserimento nel tessuto sociale e lavorativo”.

A Torino ad esempio alcuni progetti sono portati avanti dall’associazione Idea Rom, uno di questi si chiama Sedrin ed è di caratura europea. Viene realizzato nelle scuole della periferia nord di Torino, dove le donne Rom sono formate per sostenere i loro bambini in classe. I risultati del progetto cominciano a vedersi: è raddoppiata la frequenza scolastica rispetto allo scorso anno, le relazioni tra le insegnanti e le famiglie sono costanti e dirette, i bambini hanno iniziato a partecipare alle gite e ai soggiorni didattici e la qualità degli apprendimenti è migliorata.

Un altro progetto interessante avviato a Torino si chiama AlloggiAmi e rappresenta l’incontro tra la domanda di posti letto da parte di studenti e ricercatori universitari e l’offerta di ospitalità degli abitanti del quartiere: da una parte viene data agli abitanti di Mirafiori una possibilità di integrazione del reddito; dall’altra viene offerta ai giovani l’opportunità di usufruire di alloggi a prezzi calmierati. A Mirafiori ci sono molti alloggi semivuoti e di grande dimensione, alcuni sono occupati magari da pensionati soli. Questo progetto prevede che, a prezzi calmierati, studenti, spesso stranieri, possano prendere in affitto una singola camera. Sono già arrivate più di 80 domande e in 22 studenti hanno trovato alloggio.

L’apprendimento della lingua italiana come fondamento del processo di integrazione è la filosofia di riferimento con cui la Regione Piemonte, in collaborazione con la Prefettura e con altri partner, anche per il 2013 ha realizzato il Piano regionale per la formazione civico linguistica rivolta a cittadini di Paesi terzi, più noto come progetto “Petrarca”.

Attraverso questo progetto sono state raggiunti nel 2013 migliaia di cittadini stranieri; oltre i 2/3 sono state donne e un’alta percentuale di loro a bassissima scolarizzazione o analfabete nella loro lingua d’origine.

Colpisce che circa il 40 % sul totale dei beneficiari è in Italia da più di 5 anni e che il 15% è in Italia da tre a 5 anni. Ne consegue che diventa assolutamente prioritario trovare strategie di “aggancio” per favorire la formazione linguistica degli adulti e ridurre la casistica che vede i figli dei migranti troppo spesso coinvolti come “traduttori” per i genitori quando questi sono in rapporto con i servizi, le istituzioni, l’insegnante del proprio figlio, la società civile.

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