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Cultura

Il margine dell’alba, intervista con Mariangela Cerrino

Gabriele Farina

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Avete mai letto un romanzo che racconta la persecusione dei valdesi nel ‘500 in Piemonte? Probabilmente no. Il tema non è molto frequente nella letteratura, se non in quella saggistica. Il margine dell’alba, Golem Edizioni, di Mariangela Cerrino, racconta invece prorpio questa storia.

Lo fa seguendo le vicende di due giovani, Jean Luis Arlaud, figlio di un notaio di Oulx, e Etienne de Villard, nobile, figlio di valdesi ma cresciuto come cattolico. I due sono amici e si fidano completamente l’uno dell’altro. Hanno però idee e valori diversi. Il primo è sicuro e punta al successo militare. Il secondo è roso dai dubbi e ha l’unica certezza nel rinnegare guerra e violenza. Inevitabilmente le loro storie si separeranno. Trovate qui la recensione completa del libro.

Mariangela Cerrino ha gentilmente risposto alle nostre domande.

Il tuo romanzo affronta un tema poco trattato in letteratura eppure fondamentale per la storia dell’Europa e soprattutto del Piemonte: la persecuzione dei valdesi. Perchè hai deciso di affrontarlo?

Il Piemonte è la mia terra; mi occupo di storia e di antiche religioni da molto tempo, quindi mi è sembrato giusto dedicarmi a un periodo storico importante eppure così poco conosciuto. La storia delle comunità valdesi e di tutto quanto è stato loro fatto in tanti secoli non dovrebbe essere ignorato. E posso dire che nel romanzo ho avuto la “mano leggera” nel descrivere le tante atrocità commesse contro di loro.

E’ anche (soprattutto?) un romanzo di guerra e battaglie, con una ricostruzione storica molto precisa. Anche in questo caso è un tema raro per una scrittrice. Da cosa nasce la tua attenzione?

Ho sempre scritto romanzi di grandi battaglie e di epiche guerre (se mai le guerre possono essere definite tali). La trilogia degli Etruschi scritta per Longanesi negli anni ’90, tanto per cominciare, ma anche la conquista della Gallia (vista però dalla parte dei Galli) per Rizzoli, e così via. La guerra è una parte fondamentale della storia umana.

I due protagonisti sono amici inseparabili eppure la pensano diversamente sui temi fondamentali che finiranno per porli su fronti diversi. Tra loro, quasi a continuare comunque ad unirli, c’è una donna speciale. Ci racconti come sono nati questi personaggi?

Il personaggio del capitano Lacazette è un personaggio storico, e posso assicurare che tutto quanto ci è stato tramandato di lui è presente nel romanzo; così la sua famiglia, la moglie, i figli, le battaglie e il carattere. Tutto rigorosamente documentato. In quanto ai personaggi di Etienne e di Felicienne, sono di invenzione, ma sono il contrappunto necessario allo sviluppo della storia. Come nascone i personaggi di questo genere? Da un’intuizione. O da quella magia che prende una storia nel momento in cui viene creata dalla mente, e che la fa vivere.

Siamo per buona parte della vicenda nelle vallate piemontesi. Qual è il tuo rapporto con queste terre e con Torino?

Io sono piemontese da infinite generazioni. Del cuneese per parte di padre, e della Valle di Susa per parte di madre (Il bisnonno era della Savoia). Amo questa terra, e non distinguo confini tra il di qua e il di là delle Alpi per quanto riguarda le terre delle Savoia e della valle della Durance, in cui mi sento a casa. Quindi mi piace parlare di queste terre.

Guerre di religione. La violenza, folle, estrema, impietosa, vendicativa, per imporre pensieri che propaganderebbero in realtà uguaglianza e accettazione. Un tema clamorosamente attuale…

Purtroppo l’essere umano non cambia. Il fondamentalismo religioso è quanto di peggio una società possa sviluppare, e tuttavia nel corso dei millenni non si è mai estinto, asservendosi anzi alla convenienza di questa o quella parte. Come dice il mio personaggio Etienne: “Credo che Dio c’entri ben poco in queste misere cose di uomini.”

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