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I miei, i tuoi, i nostri. Intervista con Gabriella Mosso

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Sareste in grado di raccontare la storia della vostra famiglia? No, non pensate che la vostra non sia una famiglia la cui storia merita di essere raccontata. La famiglia di Gabriella Mosso infatti non ha al suo interno personaggi famosi o capitani d’industria, eppure lei ha raccontato una storia avvincente nel suo I miei, i tuoi, i nostri, arabAFenice edizioni.

Una storia che dura più di un secolo e racconta la vita di una famiglia piemontese, molto piemontese. Al punto che tutti i capitoli (ed anche il racconto) sono puntellati da frasi e detti tipici del nostro dialetto. Trovate la recensione completa del libro qui.

Gabriella Mosso ha risposto alle nostre domande.

E’ curioso che un libro racconti la storia di una famiglia che non ha al suo interno “personaggi famosi” e che tuttavia riesca ad essere avvincente e  coinvolgente. Da cosa è nata questa necessità?

I personaggi non sono famosi, sono singolari, molto diversi fra loro, ma in sintonia caleidoscopica. La necessità di scriverne è nata dall’invito della secondogenita, molto più giovane del fratello, nel timore di perdere i preziosi ricordi dei suoi/nostri cari. Una cara amica bibliotecaria ha letto una prima bozza e mi ha sollecitata a pubblicare perché colpita dal puzzle della mia famiglia.

“I miei, i tuoi, i nostri”. Ci vuoi spiegare questo titolo?

Il titolo trae origine dalla composizione della mia famiglia paterna: figli di un primo matrimonio, secondo matrimonio di due vedovi con figli, figli di un secondo matrimonio e poi la magia di 6 fratelli di provenienze diverse, ma meravigliosamente fratelli fra di loro.

Il libro è pieno zeppo di episodi. Riesci ad estrapolarne uno solo che sia rappresentativo della storia della tua famiglia?

Dovendo estrapolare un episodio che contraddistingua questa famiglia citerei l’uscita dalla trattoria di mio padre e la battuta maligna di un conoscente sul cognato di mio padre, fresco vedovo, che corteggia una cugina. La reazione di mio padre e la solidarietà di mia madre nel difendere la nuova vita del cognato è rappresentativa dello spirito di coesione familiare.

La storia è puntellata da frasi e detti piemontesi. Quanto ha influito sulla tua famiglia il territorio? Qual è il tuo rapporto con Torino ed il Piemonte?

Io sono nata e cresciuta a Torino, i miei genitori si rivolgevano a me esclusivamente italiano, la mia mitica nonna materna, nelle trasferte al paese, mi impartiva lezioni di piemontese. Ho voluto coinvolgere il lettore nei sapori, odori e fedelissimi modi di dire delle situazioni descritte. Amo molto la mia terra, ma amo viaggiare, conoscere, come imparato dai miei cari dei quali ho scritto.

Immagina una trasposizione cinematografica del tuo romanzo (no, non sarebbe una follia). Quali attori ti piacerebbe vedere interpretare i tuoi familiari?

Sai che i lettori mi suggeriscono la trasposizione televisiva? Federico Audisio ne suggeriva l’ambientazione nei nostri splendidi centri storici. Al cinema (dai fammi sognare), io potrei essere Cristina Capotondi, mio padre Riky Tognazzi, mia madre Margherita Buy, i miei zii Stefano Accorsi (zio giramondo), Vittoria Puccini, Gianmarco Tognazzi, Alessandro Gassman.
Per la figura della nonna materna vulcanica ormai Virna Lisi purtroppo se n’è andata.

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