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Peste suina africana: nell’abbattimento dei cinghiali l’esercito è superfluo e non ha armi adatte

Da fine ottobre l’azione è portata avanti dai “bioregolatori”, che nell’esercitazione nei boschi di Acqui Terme si sono rivelati autosufficienti

Sandro Marotta

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ALESSANDRIA – Nell’attività di uccisione dei cinghiali per contenere il virus della Peste suina africana i militari non servono più, bastano i “depopolatori” (ovvero i cacciatori che hanno seguito dei corsi per il contenimento della Psa). Questa pare essere la decisione dell’esercito, emersa anche durante nella prova di contenimento collettivo messa in pratica a ottobre vicino ad Acqui Terme.

L’esercitazione di ottobre

Durante la prova del contenimento collettivo l’esercito era deputato a coordinare l’azione di alcune squadre di bioregolatori, ma queste hanno agito in perfetta autonomia. In più, c’è anche la questione dell’inadeguatezza delle armi in dotazione all’esercito: “difficilmente i militari spareranno ai cinghiali, durante le fasi di depopolamento perché le loro armi non sono adatte alla caccia”, aveva spiegato Francesco Pugliese, comandante delle guardie venatorie provinciali.

Chi sono i depopolatori

Anche detti “bioregolatori”, i depopolatori sono carabinieri, cacciatori o guardie venatorie che hanno seguito un corso ad hoc per evitare l’espansione della peste suina africana e che sono autorizzati a sparare ai cinghiali. Attivi da fine ottobre, il loro scopo, secondo la Regione Piemonte, è di “riportare il numero dei selvatici entro i limiti di sostenibilità indicati dalle autorità competenti, agendo direttamente sulle cause della veicolazione del contagio”.

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