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Cultura

Da Torino in Iraq per salvare i resti della Mesopotamia, l’intervista al prof. Carlo Lippolis

Redazione Quotidiano Piemontese

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A fine marzo partirà di nuovo per Tulul al Baqarat, un’area a 40 chilometri a sud di Kut, in Iraq. Lui, il professor Carlo Lippolis, dal 2013 dirige una missione archeologica italiana in un’area composta da 10 principali colline archeologiche.

Docente di Archeologia e Storia dell’Arte del vicino Oriente all’Università di Torino e Presidente del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia, Lippolis da anni è impegnato in un progetti di ricerca, catalogazione e scavi in Iraq: una delle zone più affascinati della terra, e, nello stesso tempo uno dei territori più a rischio in questo momento storico: a causa dell’avanzata del Daesh (o Isis)  infatti il progetto di Lippolis ha subito delle interruzioni.

“La violenza estrema, la volontà di distruzione totale proprio di alcuni siti archeologici. (…) Per sradicare quella storia che è fondamentale, ed è elemento collante tra le comunità, crea consapevolezza, senso di appartenenza…. che sono cose che l’Isis non vuole”, spiega Lippolis. “Quello che fa paura a queste persone” continua “è la forza di un passato così presente, così potente in Mesopotamia, che ha già costituito un elemento di legante tra un popolo diviso per molte ragioni, ma che unitariamente riconosce la grandezza del suo passato”.

Non solo. Al problema dell’Isis si aggiunge anche quello degli scavi clandestini che rovinano il panorama archeologico.

Ecco allora la decisione da parte del professore di ripartire. A fine marzo di quest’anno però, è prevista una nuova spedizione che porterà gli archeologi di nuovo a Baqarat per continuare nel difficile compito di ricostruire il paesaggio antico di questa zona dell’alluvio mesopotamico, “per difendere il ruolo della storia e del patrimonio culturale generale di questo paese”. “E’ un messaggio che spero di trasmettere, in quanto docente, ai nostri studenti – conclude Lippolis –  che potrebbero anche essere un po’ demoralizzati in questa fase storica, soprattutto quelli che si rivolgono all’oriente, che vogliono studiare questi paesi”.

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