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Cultura

Mentre Torino dorme, intervista con Fabio Beccacini

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E’ da poco in libreria, per i tipi di Fratelli Frilli Editori, la nuova avventura del commissario Paludi, nato dalla fantasia di Fabio Beccacini. Mentre Torino dorme porta Paludi in un’avventura che coinvolge in pieno la città ma lo porterà anche lontano, nel cuore di una vicenda che si snoda dalla Colombia all’est europeo, tra un immenso traffico di droga ed una serie di omicidi.

Trovate qui la recensione del libro.

Fabio Beccacini ha risposto ad alcune nostre domande

Un titolo che è fortemente evocativo. Mentre Torino dorme. Nel buio (reale o virtuale) della città escono i suoi aspetti più duri. Come nasce il titolo e come il romanzo?

Il titolo è nato in verità alla fine del libro, quando la stesura era ormai prossima a concludersi. Stavo facendo una palla del copriletto in una delle mie notti insonni da manuale, quando mi è venuta voglia di fumarmi una sigaretta. Ma di fumare ho smesso da cinque anni, allora mi sono perso a guardare l’alba spuntare da un vasistas, in alto. Con un caffè bollente. Si vedevano solo i tetti della città. Tutto era immobile. Tutto era accaduto dunque ancora una volta, ancora quella notte. E Torino, dormiva ancora. Tradiva la sua fatica di emergere dalla notte.

Il commissario Paludi (cinquant’anni il giorno dei Santi) è uno di quei poliziotti da noir americano. Come si sta sviluppando il suo personaggio mam mano che affronta nuove avventure?

Credo che stia maturando, suo malgrado. La consapevolezza di non poter cambiar il proprio carattere, né il mondo, alla soglia dei cinquanta è finalmente un dato acquisito. E gli consente di essere più duro, con chi di dovere, e lasciarsi andare di tanto in tanto a slanci affettivi che rifiutava da troppo tempo. In fondo credo stia proprio abbandonando gli stereotipi del noir americano per avvicinarsi ad essere un poliziotto da giallo mediterraneo. Di quelli con le palle.

Il romanzo ha una struttura complessa, una serie di vicende lontane nello spazio e nel tempo finiscono per riunirsi quasi all’improvviso. Come è stata scelta la tecnica di narrazione?

Sono da sempre affascinato dalle storie corali, dalle possibilità di raccontare il mondo attraverso punti di vista eterogenei. Faccio fatica ad immedesimarmi con un solo personaggio, stare con lui per tutta la lunghezza, e la durezza, del racconto. Preferisco seguire molte piste, false o non, sovrapporle e cercarne in qualche modo l’epifania. Credo che questa malattia sia dovuta in parte ai miei studi cinematografici, e in parte alla vita così com’è: quasi tutto succede all’improvviso. O perlomeno diveniamo consapevoli della maggior parte delle cose soltanto improvvisamente.

Qual è il tuo rapporto con Torino e quale quello di Paludi?

Per me tutte le città sono donne. In un modo o nell’altro ne sono attratto, ne cerco l’incanto, qualche spicchio di bellezza tra il traffico e la routine del lavoro. Mi piace corteggiarle e farmi viziare. Vado in cerca del loro lato femminile, notturno, misterioso. Prima di abitare a Torino ho vissuto abbastanza a lungo a Genova. Per tentare di rispondere alla tua domanda con un confronto ti direi che con Genova è stato un colpo di fulmine. Mi ha portato in un bordello che non ero neppure sceso dal treno a Piazza Principe. Con Torino invece è stato un lungo gioco della parti, un corteggiamento, dapprima educato, poi diventato inaspettatamente vitale, passionale. Torino non è una da una botta e via per capirci, è una che ti frega per anni. E quando te ne accorgi è troppo tardi. E ti trovi ad esserne perdutamente innamorato dopo averla odiata così a lungo. Come una negromanzia.

Un gioco con cui mi piace sempre chiudere. Lasciando spazio alla fantasia, quale attore vedresti adatto ad interpretare il commissario Paludi in una trasposizione cinematografica?

Davvero difficile… si dovrebbe pensare a un attore molto alto, Paludi è quasi due metri.. dovrebbe essere goffo e al contempo deciso. Un uomo rude con slanci eccezionalmente morali e cadute infernali nel clichè, negli abissi della malinconia. Potrebbe essere un duro alla James Cromwell, ma avrebbe la faccia troppo spigolosa, da ‘irlandese’… mi piacerebbe potesse essere bello come Liam Neeson, ma non sono sicuro che il commissario sia così bello! Insomma Paludi è Paludi. E, per ora, bisogna tenerselo così com’è. Custodito nella fantasia distinta di ogni lettore, con le sue mille facce.

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