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Cultura

La Cerimonia dell’arte nella provocazione di Arrabal

Un teatro «geniale, brutale, provocatorio» è quello dello scrittore spagnolo Fernando Arrabal che approda al Teatro Astra di Torino con Cerimonia per un negro assassinato da giovedì 3 a sabato 5 marzo, alle ore 21. La pièce è diretta e interpretata da Lorenzo Gleijeses e vede sulla scena anche Anna Redi e Manolo Muoio. Catalogato fra le opere più suggestive del teatro dell’assurdo, questo testo prende corpo in una dimensione che presto assume dei contorni spiccatamente meta-teatrali, e la vicenda presto supera i limiti propri della finzione per trasbordare nello spazio della realtà, perseguendone una trasformazione irrimediabile quanto inaspettata.

Davide Mazzocco

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CerimoniaUn teatro «geniale, brutale, provocatorio» è quello dello scrittore spagnolo Fernando Arrabal che approda al Teatro Astra di Torino con Cerimonia per un negro assassinato da giovedì 3 a sabato 5 marzo, alle ore 21. La pièce è diretta e interpretata da Lorenzo Gleijeses e vede sulla scena anche Anna Redi e Manolo Muoio. Catalogato fra le opere più suggestive del teatro dell’assurdo, questo testo prende corpo in una dimensione che presto assume dei contorni spiccatamente meta-teatrali, e la vicenda presto supera i limiti propri della finzione per trasbordare nello spazio della realtà, perseguendone una trasformazione irrimediabile quanto inaspettata. Gli interpreti principali, costretti nello spazio claustrofobico di una stanza, non possono evitare di giocare al teatro, in una girandola di personaggi, sorprendenti e stranianti, che nascono, si trasformano e scompaiono senza soluzione di continuità, sotto lo sguardo rapito dello spettatore. Nella nostra visione specifica della vicenda drammatica, il lavoro è diventato, da un lato, uno studio minuzioso su una serie di artisti che non sono riusciti a coniugare la loro visione dell’arte con la vita quotidiana, e che sono rimasti feriti a morte dalla propria stessa arte: poeti maledetti, potremmo chiamarli (Vladimir Majakovskij, Antonin Artaud, Vincent Van Gogh, Ian Curtis…). Uomini e donne che sentirono la vita troppo intensamente per sopportare di vi

verla, e la cui concezione assoluta ed esclusiva del proprio universo creativo ha condotto a  compromettere irrimediabilmente la stessa esistenza biologica. Per un altro verso si tratta di un tentativo di riflettere sulle distorsioni grottesche con cui la società dello spettacolo – nel suo stadio avanzato – ci costringe a fare i conti giorno dopo giorno: l’esperienza dissociante e spasmodicamente inclusiva che i nervi scoperti della nostra percezione vivono a contatto con lo spazio mediatico contemporaneo, il paradossale solipsismo autistico della nostra dimensione cibernetica e lo scontro / incontro con le mille culture in movimento, con le quali la cultura globale ci obbliga a confrontarci, come mai prima d’ora, anche nella vita concreta.

Il regista e attore  ha una formazione solidissima maturata con maestri del calibro di Lindsay Kemp, Eimuntas Nekrosius, Yoshi Oida, Eugenio Barba, Jerzy Grotowski, Augusto Omlù e Nikolaj Karpov. Nel 2001 con Julia Varley ha dato vita allo spettacolo Il figlio di Gertrude che gli è valso il Premio Ubu 2006 come nuovo attore e la candidatura agli Oscar Olimpici del Teatro-Premi E.T.I. come migliore attore emergente.  Negli ultimi cinque anni Gleijeses ha portato i suoi spettacoli negli spazi teatrali più rappresentativi della scena nazionale: Napoli Teatro Festival Italia, Festival delle Colline Torinesi, Le Vie dei Festival, Primavera dei Teatri, Teatro Mercadante Stabile di Napoli, Teatro India di Roma. Ha diretto vari seminari in diverse Università e centri teatrali: Dams di Bologna e di Torino, Teatro di Roma, l’Università di Ferrara, Il Teatro Mercadante e Punta Corsara di Napoli.

Biglietti in vendita a 15 e 12 euro. Per info e prevendita: www.fondazionetpe.it

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