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Cultura

Pietro in dvd, la sfida di Gaglianone al sistema-cinema

Davide Mazzocco

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In un’Italia dove l’esposizione è diventata l’unico criterio dell’essere, gli emarginati sono divenuti ancora più invisibili. I giornali riempiti da mesi con le nevrosi e i problemi di un solo uomo hanno spinto le cronache della gente comune nelle brevi di tre righe.E poi c’è il cinema, capace solamente di produrre commedie che a mala pena strappano un sorriso e che anche quando criticano la volgarità dilagante della nostra classe politica lo fanno scendendo a compromessi con un livello che televisione e organi di informazione hanno contribuito ad abbassare a livelli di guardia. Salvo sempre più rare eccezioni, il nostro cinema – che nella sua epoca d’oro fece del “pedinamento” zavattiniano il proprio metodo e il proprio stile – è diventato cinema autoreferenziale.

Fra i pochi registi italiani che non perdono tempo guardandosi l’ombelico c’è Daniele Gaglianone, anconetano di nascita e torinese di formazione. Ecco perché l’uscita in cofanetto del suo Pietro va vista come una vittoria. Un successo del suo staff che ha lavorato praticamente gratis per un film che – girato in appena 12 giorni – è stato l’unico italiano in concorso all’ultimo Festival di Locarno. Pietro, interpretato dal bravissimo Pietro Casella, è un ragazzo con un deficit mentale che vive con il fratello tossico, guadagnando qualche soldo con il volantinaggio. La gente che lo circonda – lo spacciatore Nikyniky, il suo datore di lavoro o, più semplicemente, l’uomo a cui suona il campanello – è sorda alla sua solitudine e lo respinge con una violenza che non conosce pietà e, anzi, usa il suo handicap per farlo diventare un buffone.

Il grande talento registico di Gaglianone sta nell’affondare in profondità nel reale senza mai abdicare pienamente a uno stile realista. Pietro non si sottrae a questa logica e i momenti di sospensione sono i più riusciti, quelli che danno un’impronta autoriale al suo film, come il monologo finale del protagonista che ricorda la scena più bella del suo Nemmeno il destino. Film duro, ruvido, asciutto, Pietro è stato fortemente voluto da Gaglianone dopo sei anni di assenza dal cinema di finzione: una reazione a un ambiente che gli consigliava di fare film più facili, più consolatori. Messo di fronte a un trivio fra lo smettere, l’omologarsi e il continuare per la propria strada, Gaglianone ha deciso di radicalizzare la sua idea di cinema in una pellicola che sottopone a un’esperienza a tratti insostenibile per la sua efficacia drammatica. Privo di riferimenti a politica e attualità, Pietro è in realtà il film più politico uscito in questa stagione, laddove per politica si intenda la volontà di svegliare le coscienze assopite da quel multiforme magma senza più confini che sta fra informazione e pratica di governo.

La fortuna di Gaglianone è avere incontrato il produttore Gianluca Arcopinto, uno che crede in un cinema libero da ogni condizionamento, «non omologato, non allineato, non rassegnato», in cui l’etica è anche estetica e viceversa. Da questa spinta nasce – con la complicità di Sergio Bianchi e Ilaria Bussoni di DeriveApprodi la nuova collana Cinema autonomo. Il primo cofanetto in vendita in libreria a 15 euro contiene, oltre al film, un diario di quattro anni di lavoro di Arcopinto, uno che, come Gaglianone, non crede che il cinema debba essere consolatorio. Perché è la consolazione che assopisce e, talvolta, occorrono film come Pietro per svegliarsi e guardare in faccia la realtà.

 

 

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