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Cultura

Perone sui tagli alla cultura: “Un nuovo piano strategico per il rilancio”

Davide Mazzocco

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La riconversione post-industriale di Torino e del Piemonte rischia una severa battuta d’arresto con i tagli alla cultura che minacciano un settore che genera un indotto notevole: a fronte di una spesa regionale dello 0,6% gli introiti generati sono pari all’11% dell’economia locale.Eppure in un sondaggio condotto lo scorso anno dalla Fondazione Fitzcarraldo è emerso come l’86% dei turisti giunti a Torino programmi la visita a un museo torinese, mentre il 41% scelga addirittura di vederne 2 o 3. Fra i moventi che spingono i turisti a soggiornare a Torino l’Arte rappresenta addirittura una quota dell’81,2% contro – per esempio – il 4,8% della gastronomia. C’è poi un dato che la dice lunga su come sia cambiata la percezione della Torino post-olimpica: in dieci anni si è passati da mezzo milione a due milioni di presenze e nelle ultime vacanze natalizie Torino ha operato un sorpasso storico nei confronti di Venezia.

Quali possono essere, dunque, le soluzioni per proseguire sulla strada intrapresa quasi vent’anni fa? Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura del Comune di Torino, nel recente incontro Le Buone Pratiche del teatro ha proposto quattro differenti strategie : «Nel settore culturale raramente le entrate vanno a colmare le uscite. Com’è dunque possibile far fronte a una crisi che mette in crisi quelle entità pubbliche deputate a ripianare il deficit? Le strategie possono essere quattro: 1 – L’investimento pubblico e privato. La cultura ha un valore altissimo, fa parte del welfare ed è un elemento imprescindibile della società. Gli enti pubblici e i grandi sponsor privati che condividono quest’idea possono operare attivamente per ripianare il deficit di bilancio. 2 – La detassazione. Occorre che lo Stato – recepita l’importanza della cultura – defiscalizzi le sponsorizzazioni incentivando così l’intervento di investitori privati. Questa è una delle soluzioni più utilizzate all’estero. 3 – La patrimonializzazione delle realtà culturali può creare riserve monetarie utili a fronteggiare i momenti di crisi. 4 – Il servizio pubblico copre i deficit di bilancio creandosi un’attività economica redditizia. Si tratta di un modello che ha dato ottimi risultati in Austria. Qualche esempio? Un teatro per ragazzi che gestisce un parco di divertimenti prospiciente. Un teatro che ricava le risorse per pareggiare il bilancio da un ristorante interno».

Decisamente più pessimista la posizione di Ugo Perone, Assessore alla Cultura della Provincia di Torino: «Io sono stato assessore alla Cultura nel Comune di Torino dal 1993 al 2001 ma la situazione, rispetto a quegli anni, è cambiata radicalmente. Il vecchio concetto di cultura – condiviso tanto a destra quanto a sinistra – è andato in crisi con il berlusconismo. I giovani premevano per allargare le maglie dei finanziamenti alla cultura provenivano da tutto l’orizzonte politico: pur nella diversità degli schieramenti politici era unanime l’idea che la cultura fosse necessaria. Oggi questo concetto non esiste più: la cultura si è trasformata in spettacolo e in audience e solo chi riesce ad avere grandi numeri è legittimato a sopravvivere grazie ai finanziamenti. E questo è un sistema che scricchiola. Bisogna ripartire con un nuovo piano strategico. Quello che iniziò nel 2000 per arrivare fino alle Olimpiadi ha dato ottimi frutti ma ora occorre ripartire allargando la pianificazione alla cintura di Torino che ha un immenso potenziale e anche a quelle periferie nelle quali vi è un deficit della vita culturale, penso, per esempio, a Torino Nord. L’obiettivo di diventare Capitale Europea del Cultura nel 2019 può essere lo stimolo giusto». Un nuovo traguardo, dunque, al quale guardare quando calerà il sipario sui festeggiamenti di Italia 150.

 

 

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