Cultura
La Lega Nord sfoglia la margherita della storia: “No al 25 aprile, sì ai moti torinesi del 1864”
È il caso di Stefano Allasia, segretario provinciale torinese, e di Davide Cavallotto, tra le altre cose coordinatore dei Giovani padani piemontesi. Per loro, nel calendario delle festività, ci sarebbe invece bisogno di un’altra giornata della memoria.
UN PO’ DI STORIA. “Fra il 22 e il 23 settembre 1864, piazza San Carlo, a Torino, fu teatro di un sanguinoso accadimento che causò più di cinquanta vittime e centotrenta feriti: una vera e propria strage avvenuta durante il moto di protesta contro l’intento dei Savoia di trasferire la capitale del Regno d’Italia da Torino a Firenze”. Inizia così il testo della proposta di legge presentata a dicembre dai due deputati piemontesi in vista dell’istituzione di una “Giornata in memoria delle vittime della repressione delle manifestazioni di protesta per il trasferimento della capitale d’Italia da Torino a Firenze”. Le vittime, viste la partecipazione emotiva dei due leghisti, saranno state sicuramente padane. E ancora: “Una recente lapide a Torino ricorda queste vittime della repressione dell’esercito sabaudo, ma è difficile che si possa leggere dell’accaduto in un libro di storia. La storiografia ufficiale sembra aver censurato questo massacro causato dall’inganno risorgimentale, la prima strage di Stato, le cui vittime si sono sacrificate in un moto di orgoglio derivato dagli enormi sacrifici affrontati per la creazione dell’Italia”.
Dunque, ricapitolando: Borghezio attacca (e chiede di abolire) il 25 aprile perchè festa di parte, figlia di una distorta visione della storia che da una guerra civile senza buoni né cattivi ha partorito una finta retorica democratica. Alassia e Cavallotto invece presentano un testo di legge per ricordare un singolo episodio di un’altra “guerra civile”, quella che si consumò nei frangenti terribili e grandiosi della creazione del regno unitario. Perchè, scrivono, sarebbe “l’occasione per restituire valore e onore alla memoria dei caduti”. Padani, of course.

