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Piemonte

Inizia Traffic nel segno del successo: 50.000 in piazza per De Gregori

Redazione Quotidiano Piemontese

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Quando arriva lui, l’ultimo degli artisti in scaletta, ormai è buio, le nuvole si sono soffiate via un timido spicchio d luna e lo spazio davanti al palco è gremito all’inverosimile: secondo lo staff di Traffic Festival ci sono 50.000 persone, distribuite tra piazza san Carlo e via Roma, una fiumana che arriva quasi in piazza Castello. Lui, Francesco De Gregori, guest star della serata, alle spalle quarant’anni di canzoni, è uno che non passa, che non si estingue. Setacciando il suo sterminato pubblico si scova gente di ogni età, di ogni orientamento culturale, politico e musicale: un fenomeno unico nel panorama italiano. E dire che le esibizioni dal vivo sono tutto tranne che nazionalpopolari.

I fan lo sanno bene: De Gregori non è uno da grandi cori all’unisono. Nel suo rapporto con la gente è implicita una ritrosia che a volte lo rende perfino scostante. E nonostante questo riesce a farsi amare. L’ultima puntata torinese non fa eccezione. Quando il cantautore sale sul palco, succedendo a Cristina Donà e Le luci della centrale elettrica, in piazza c’è un’atmosfera tiepida: nessuno sembra aver troppa voglia di spellarsi le mani dagli applausi. Lui indossa la maschera musicale cui ormai è affezionato da anni: quella del blues e delle chitarre elettriche distorte. Pesca soprattutto dagli album più recenti: Numeri da Scaricare, Il panorama di Betlemme, che racconta la drammaticità della guerra, Gambadilegno a Parigi, canzone di grande fascino ma poco conosciuta. All’inizio il pubblico resta un po’ in disparte: è come se la cinghia di trasmissione tra palco e piazza si fosse inceppata. Ma forse De Gregori è un “diesel della canzone”: bisogna dargli tempo.

E in effetti con l’andare del concerto il clima si fa più acceso e il tasso di emotività più elevato. Prima o poi il paradosso si deve sciogliere, perché un artista che ha saputo entrare nei circoli Arci come negli oratori, che ha riempito di sé tinelli, auto, bar e piazze di tutta Italia non può starsene eternamente sulle sue. Un piccolo cambio di scena mette da parte i distorsori per far spazio a un suono più acustico e disteso. La gente inizia a cantare. Poco a poco il poeta giocatore, impareggiabile nel dipingere fantasie oniriche, estrae dal mazzo le carte migliori, proprio come quei “quattro assi” di una sua celebre canzone. A duettare con lui c’è la voce soffice e insieme decisa di Cristina Donà.”Che grande onore” confessa la cantante un attimo prima di intonare Alice. Scrosciano gli applausi.

Il finale è un treno di successi, impressi nella memoria di tre generazioni: Buonanotte fiorellino, Rimmel, La donna Cannone, Generale. Come sempre gli arrangiamenti sono eccentrici, a volte molto interessanti, a volte azzardati, ma comunque in linea con un personaggio che rivisita continuamente il passato vestendolo di colori nuovi. L’ultima canzone, il commiato del cantautore, ha un valore tutto speciale: “è vicina al mio cuore e sono particolarmente contento di cantarla a Torino, perché in qualche modo è legata alla vostra splendida città. E questa volta la sentirete come non l’avete mai sentita”. Attimo di silenzio. Tornano sul palco Le luci della centrale cui tocca intonare una versione rock di Viva l’Italia.

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