Seguici su

Cultura

Musica oltre le sbarre: le note di MiTo arrivano in carcere e nelle case di cura

Redazione Quotidiano Piemontese

Pubblicato

il

Questa storia fa venire in mente una sequenza di Le ali della libertà, film del ’94 con Tim Robbins e Morgan Freeman. Il detenuto Andy Dufresne, ingiustamente condannato a due ergastoli e rinchiuso nel penitenziario di Shawshank, riesce con un colpo di mano a diffondere nel carcere la musica immortale di Mozart. “Per un istante tutti ci siamo sentiti liberi”, dice il protagonista. La situazione dei detenuti italiani non è un film: siamo reduci da un’estate calda, che ha visto riesplodere problemi endemici di sovraffollamento e abbandono. Eppure, tra qualche giorno, in alcuni istituti di pena piemontesi entreranno le note di MiTo Settembre Musica: un’iniziativa che ha un grande valore simbolico.

Come accade già da alcuni anni, nel periodo del festival si terranno concerti per i detenuti del Lorusso e Cutugno (Vallette) e per quelli del carcere minorile Ferrante Aporti. “In questi momenti tutti si fermano – ha spiegato Pietro Buffa, direttore del Lorusso e Cutugno, durante la conferenza stampa di presentazione – Ciò che più colpisce è il contrasto di atmosfera: il ritmo della vita carceraria che si interrompe per lasciar spazio all’effetto sorpresa della musica”. Non è la prima volta che la cultura fa breccia nelle mura di un carcere. Anzi, il Piemonte si distingue per una particolare attenzione rivolta alle condizioni dei detenuti. Tanti sono i progetti di reinserimento, come quelli del Salone Internazionale del Libro nei penitenziari di Torino e Saluzzo. Ci sono libri e scrittori che oltrepassano le sbarre, ma ci sono anche storie che escono, esperienze dolorose che trovano il coraggio di diventare parola, narrazione, libro. Per quanto difficile, si cerca un’osmosi col mondo esterno. Anche il cinema ha fatto la sua parte. Nel 2009 al Lorusso e Cotugno è entrato l’occhio-telecamera di Davide Ferrario, che vi ha girato il film Tutta colpa di Giuda, facendo partecipare anche detenuti e personale del carcere.  

Il suono ha la tendenza a espandersi: viaggia nell’aria, dribbla gli ostacoli e si infila caparbiamente dappertutto. Da tempo MiTo cerca di sfidare l’isolamento e portare la musica dove di solito non arriva: nei luoghi più nascosti, percepiti come chiusi, lontani, separati. Non c’è solo il carcere, ma anche la solitudine dei malati, degli anziani, di chi fatica e tenere il passo con una realtà sempre più frammentata e individualista. Per questo i promotori del Festival hanno organizzato concerti nella Casa di Riposo Ebraica, nel centro Aurora per i pazienti Alzheimer, nella comunità psichiatrica Althea e nella casa protetta Villa Mainero.

Iscrivi al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese