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Crioconservazione cellulare, ovvero come congelare i propri ovociti per diventare mamme

Redazione Quotidiano Piemontese

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Donne, che ne dite di surgelare i vostri ovuli per tentare una maternità in futuro?Avete superato gli anta e temete di non poter restare incinte? Ora, le cose cambiano. Si può posticipare un figlio, mettendo nel congelatore fertilità e desiderio di procreazione. Non è una realtà alla Star Trek, ma una proposta di cui si è discusso durante il convegno “Crioconservazione Cellulare e Applicazioni Cliniche”, organizzato da UniStem, centro di ricerca sulle cellule staminali dell’università di Milano. La procedura si chiama Social Freezing.

Si tratta di una crioconservazione biologica, un’intuizione antica resa affidabile dalla nascita delle “biobanche” che, seguendo rigorosi protocolli, conservano, in azoto liquido, vari tipi di cellule garantendo nel tempo l’integrità e la vitalità in previsione di un utilizzo futuro. Anche gli ovociti umani, ossia le cellule riproduttive femminili, possono essere conservate come assicurazione per una futura gravidanza. Il Social Egg Freezing nasce per offrire la possibilità di crioconservare gli ovociti per una maternità, potenzialmente messa a rischio da tumori e chemioterapie e determina  anche una riduzione significativa dei cicli di fecondazione assistita, e relativi bombardamenti ormonali, a cui sono costrette a sottoporsi le donne che vedono il desiderio di maternità contrastato da problemi di infertilità.

Inoltre, stando ai ricercatori, questa tecnica renderebbe, nei casi di infertilità, non più necessario il ricorso alla fecondazione eterologa con ovociti donati ottenuti da donne di età tra i 20 e i 25 anni (possibile solo recandosi all’estero) e consentirebbe un forte contenimento, nell’ambito della procreazione assistita, di quelle attività che hanno generato sino ad oggi forti discussioni sul piano sanitario, legale e bioetico.

“La crioconservazione di ovociti ha un valore sociale – sostiene Giuseppe Mucci, presidente di Bioscience Institute cell factory  – per questo puntiamo a rendere sempre più conosciuto e accessibile il Social Egg Freezing, assicurando, al contempo il più alto grado di sicurezza biologica”.

Così il luogo più sicuro dove conservare i propri ovociti diventa il caveau della biobanca: monitoraggio costante dei parametri di temperatura e livelli di azoto, sistemi satellitari di allarme e segnalazione anomalie, schermature di protezione dai raggi cosmici e terrestri (radiazioni che possono danneggiare gli ovociti), circuito di web cam che, attraverso internet, consente a chiunque di visualizzare cosa avviene, in ogni momento e in ogni ambiente della biobanca.

Nell’ultimo decennio, il momento in cui viene concepito il primo figlio è sempre più posticipato e, con l’avanzare dell’età, portare a termine una gravidanza è diventato molto più difficile. Tra il 1991 e il 2001 il numero di donne che hanno avuto il primo figlio tra i 35 e i 39 anni è aumentato del 36%, ma l’Italia possiede anche il primato europeo delle mamme over 40, infatti 1 bambino su 5 nasce da una donna che ha più di 40 anni (i dati del 2005 stimano in 26mila i parti di quella fascia di età), un vero boom giacché nella fascia tra 40 e 44 anni l’aumento delle gravidanze è del 70%. E il tasso di natalità generale è crollato drammaticamente negli ultimi 20 anni, per motivi  correlati a fattori  sociali ed economici: instabilità economica, necessità di studiare e consolidare la carriera ma anche l’assenza di una relazione stabile o di un  partner  “giusto” con cui nasce il desiderio di mettere su famiglia.

Il risultato è che dopo i 35 anni la possibilità di portare a termine con successo una gravidanza e avere un bambino sano diventa esponenzialmente più difficile. In parte perché il numero di ovociti a disposizione di ciascuna donna è un “patrimonio” che riceve alla nascita secondo regole genetiche che stabiliscono anche quanto durerà la sua vita fertile, in media tra i 35 e i 37 anni, ma soprattutto perché con l’aumentare dell’età diventa più difficoltoso concepire: a 23 anni ogni ovulazione si trasforma in una gravidanza nel 28% dei casi, a 39 anni nel 14%, a 40 nel 12%, a 42 anni nel 10% e a 43 anni solo nell’8% dei casi.

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