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Cultura

Riprendiamoci la Rai, al Politecnico di Torino una serata nel nome del servizio pubblico

Davide Mazzocco

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In apertura le note dell’Orchestra Sinfonica della Rai, quindi un servizio su Non è mai troppo tardi, il programma con cui il maestro Manzi insegnò a leggere e scrivere a un’Italia divenuta centenaria ma non ancora unita linguisticamente. Perché se è vero che nel “fare gli italiani” la Rai ha avuto un ruolo determinante e altresì vero che fondamentale può essere il suo ruolo nell’evitare che il Paese si disfi. Questa soluzione salvifica può realizzarsi solo e soltanto se la televisione di stato continuerà a fare servizio pubblico. Nell’aula magna del Politecnico di Torino si è svolta la decima tappa di Riprendiamoci la Rai, il tour itinerante in difesa della televisione di stato che viaggia verso i sessant’anni.

“La Rai è un servizio pubblico come l’acqua e l’energia pulita – ha esordito Carlo Verra, il segretario dell’Usigrai – che sta attraversando una crisi etica, funzionale e tecnologica. Si tratta di un bene che ci appartiene ma che la legge Gasparri ha permesso di lottizzare”. A frenare lo sviluppo della rete di stato non è soltanto la “morsa dei partiti” ma l’arretratezza delle tecnologie: “Questa sera qualcuno trasmette per la prima volta una partita in 3D, noi siamo indietro di due generazioni”. Poi una rivelazione: “Dopo aver arato il campo con questa campagna di sensibilizzazione annuncio, per la prima volta qui a Torino, che pensiamo addirittura di andare a un referendum se la situazione non migliorerà”.

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Luciana Littizzetto contribuisce al dibattito con la sua solita verve spiegando come nella sua ormai ventennale parabola professionale non sia mai riuscita a lavorare alla Rai di Torino, eccezion fatta per qualche programma radiofonico o qualche comparsata come ospite a inizio carriera: “Com’è possibile che la Rai funzioni a Milano e a Torino no? Perché c’è gente che ha voglia di farla funzionare… A Torino abbiamo il Torino Film Festival, la Film Commission, il Salone del Gusto, il Circolo dei Lettori, il Salone del Libro, Terra Madre, la Biennale Democrazia, Torino Spiritualità, il Circolo dei Lettori, Palazzo Nuovo a due passi dalla sede Rai, possibile che la Rai non riesca a trovare il modo per collaborare con questi enti? Visto che vicino c’è quello del cinema perché non facciamo anche un bel museo della Rai?”.

Da Steve Della Casa arriva una proposta: perché non spostare a Torino Rai Movie e arricchire di un altro tassello l’articolato sistema-cinema del capoluogo piemontese? Parlano Alessandra Comazzi, don Luigi Cotti interviene attraverso una (applauditissima) lettera. Poi, in video, Luca Mercalli, Antonio Albanese, Gianni Amelio, Sergio Rubini e Corradino Mineo rivendicano, ognuno dal proprio punto di vista, una televisione libera, non lottizzata, educativa. Giorgio Merlo, vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, pone l’attenzione sui tentativi di privatizzazione bipartisan ma anche sul rischio opposto che la Rai diventi “una sommatoria di faziosità”. Molto duro il giudizio su Minzolini che fra qualche ora – dopo il consiglio di amministrazione della Rai di oggi – lascerà la direzione del Tg1 “dopo averla portata dal 28% al 20-21%, contribuendo a sfregiare la principale testata giornalistica della Rai”. Altre voci, altra musica. Nata a Torino la televisione italiana ha bisogno anche di Torino per progettare il suo futuro. Un futuro che è già cominciato e del quale il palinsesto è ancora tutto da definire.

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