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Cultura

Arriva Roberto Saviano e il Salone del Libro sembra uno stadio. La fotogallery

Davide Mazzocco

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Più che al Salone del Libro, oggi, verso mezzogiorno, all’Auditorium del Lingotto, sembrava di essere allo stadio. Salutato da un lungo applauso in apertura e addirittura da una standing ovation in chiusura Roberto Saviano ha rubato la scena a Francesco Piccolo, Michele Serra, Luciana Littizzetto e Fabio Fazio che lo accompagnavano sul palco. Il direttore del Salone del Libro Ernesto Ferrero ha fatto da gran cerimoniere disinnescando l’eversione della Littizzetto e ponendo, da subito, l’accento sul contributo dato alla cultura del libro da Saviano e Fazio con le loro trasmissioni.

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 Da domani e per tre sere Saviano e Fazio saranno i protagonisti di Quello che (non) ho la trasmissione di La 7 che ha scelto come sfondo le Officine Grandi Riparazioni di Torino che ospitano la mostra Fare gli italiani che ha molto colpito Roberto Saviano. Lo scrittore è tornato sul suo dirompente esordio letterario: “Quando ho scritto Gomorra non pensavo che avrebbe potuto interessare un così vasto pubblico e non lo pensava nemmeno il mio editore. Ma raccontare delle storie permette di condividere e la condivisione permette il cambiamento. Sono stati i lettori a rendere pericolose le mie parole. Alla criminalità organizzata o alle dittature, passate e presenti, non importa tanto che una parola venga detta, quanto che quella parola ‘passi’ al pubblico e crei empatia. Christian Poveda, regista messicano de La vida loca, è stato ucciso dalle stesse persone che gli hanno consentito di girare il documentario sul narcotraffico, dopo che questo era riuscito a penetrare sul mercato americano”. Ciò che veramente spaventa la camorra e le mafie, dunque, è che chi parla di questi fatti riesca a usare un linguaggio capace di raggiungere il pubblico e di differenziarsi dal magma indistinto di una sovrainformazione nella quale tutto si confonde.

È un discorso sull’ambiguità della comunicazione che Michele Serra, uno degli autori di Vieni via con me e, ora, di Quello che (non) ho ,  ha spostato sullo scenario televisivo nel quale “si è ormai creato un classismo dei pubblici, con trasmissioni nelle quali si può lavorare, anche con fatica, per un pubblico capace di accogliere un linguaggio alto e altre nelle quali il linguaggio diventa corrivo e basso”. Come ha ricordato Saviano non esiste al mondo trasmissione con ospiti letterari che possa vantare i numeri di Che tempo che fa di Fazio.  Nonostante questo e nonostante il clamoroso successo di Vieni via con me (maggiore ascolto di sempre nei 33 anni di vita di Raitre) Quello che (non) ho è dovuto emigrare a La 7 dove quasi sicuramente farà registrare un altro record di rete.

Saviano ha anticipato uno dei temi dei suoi monologhi: parlerà di Beslan, della strage perpetrata in un teatro dell’Ossezia nel settembre 2004. Non si limiterà a raccontare ciò che si è letto sui giornali ma scenderà nei dettagli con un esercizio terribilmente pericoloso. Perché è quello che le madri di Beslan vogliono: che si buchi il muro dell’omertà e che le parole “passino”. E anche i lettori e gli spettatori sono parte di questa catena della narrazione, di questa responsabilità condivisa: “Difendete ciò che vi piace perché è quanto di più necessario ci possa esistere”. Applausi e auditorium in piedi.

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