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Cultura

Bavagnoli: la vita umana si scopre esplorando il sottosuolo

Redazione Quotidiano Piemontese

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bavagnoliUscirà a breve il nuovo documentario realizzato dall’associazione Teses che, dal 1996, opera nel vercellese ricercando, studiando ed esplorando il mondo sotterraneo italiano. Un’attività che viene condotta con passione e attenzione dal gruppo coordinato da Luigi Bavagnoli, fondatore dell’ente no profit, tanto da diventare un punto di riferimento anche per programmi televisivi di Rai e Mediaset come Mistero. Come, quando e dove si svolgono queste esplorazioni?  Signor Bavagnoli ci sono esplorazioni sotterranee previste a breve?

Esploriamo praticamente sempre, nei fine settimana, le sere dopo il lavoro. L’attività è costante. Purtroppo non sempre una ricerca culmina con una scoperta. Molte volte occorre rientrare con la delusione di non aver trovato conferme alle leggende o alle storie da cui si è partiti. Proseguono le indagini presso molti castelli vercellesi, ma a breve saremo anche nel bresciano e dalle parti di Bologna. Spazieremo da pozzi a ricoveri anti bombardamento, senza trascurare le gallerie degli antichi castelli.

E’ in calendario una nuova partecipazione a qualche puntata televisiva di programmi come Mistero o dello stesso genere?

Siamo costantemente in contatto con la redazione di Mistero e sono diverse le proposte di nuovi servizi insieme. Al momento, però, non abbiamo ancora registrato niente.
Torneremo a breve su RAI 3, al TG R Lombardia, per mostrare altri luoghi dimenticati e di interesse storico, culturale e archeologico.

Cos’è la speleologia per lei e perchè è così bello scendere nel cuore della madre terra?

Per me è come un viaggio nel passato dell’uomo. Una ricerca archeologica che avviene sul campo, tra le mura di chi è vissuto prima di noi e che ci ha lasciato numerose testimonianze spesso ignorate.
Credo che in molti praticanti scatti un interruttore, nel momento in cui si esplora si diventa un’altra persona. Cambia il mondo di riferimento, le priorità. Anche la fatica e la stanchezza hanno pesi differenti rispetto alla vita di superficie.
Per me poi la “speleologia”, è quella carsica, quella che avviene in grotta. Lo studio e l’esplorazione delle cavità artificiali che pratico personalmente è un po’ diverso, sebbene abbia in comune alcune situazioni, quali l’ambiente oscuro ed insidioso e parte delle attrezzature.

La speleologia può avere una valenza di terapia, anche, per patologie come la claustrofobia o l’agorafobia?

So che alcuni luminari della psicologia affermano che sia così. Sinceramente non ne ho idea. Personalmente ritengo che talvolta l’abitudine graduale ad affrontare certi problemi sia un’efficace terapia.
Quando tengo i corsi di introduzione alle indagini in cavità artificiali spesso incontro la resistenza degli allievi nell’entrare in cavità anguste.

Come li convince in questi casi?

Facendo loro notare che è normale perché, all’improvviso, cambiano molti parametri che il nostro corpo percepisce. Occorre procedere sdraiati, quindi in una posizione in cui non siamo abituati. L’ambiente è buio, spesso è freddo e umido. Anche l’odore di “vecchio” e della terra è un odore al quale non siamo più abituati.
Se lavoriamo ad abituare un senso per volta, anche chi incontra inizialmente più difficoltà, dovute anche a claustrofobia, nictofobia, etc… riesce facilmente a superare i problemi e procedere in luoghi ancora più angusti.

Quali sono i requisiti essenziali per poterla praticare in sicurezza?

Indubbiamente la mentalità. Spesso considerare questa attività uno sport porta ad avere un approccio troppo dilettantistico. Si tratta di condurre ricerche ed indagini, in luoghi a volte pericolosi. Non va sottovalutato nulla e tutto va pianificato nel migliore dei modi, solo dopo aver frequentato corsi di preparazione e formazione ed aver maturato anni di esperienza.

C’è un requisito fondamentale?

Il buon senso a cui segue la preparazione atletico-sportiva e psicologica, che va supportata da un’alimentazione controllata ed adeguata.
Ma tutto questo è insufficiente nel momento in cui, a complemento della formazione dell’esploratore, manca la preparazione storica, archeologica, architettonica e geologica per poter comprendere cosa finalmente ha raggiunto con tanta fatica.

Ogni tanto si sentono notizie di speleologi bloccati nei cunicoli con tanto di film drammatici che ne raccontano le imprese. Sono i rischi del mestiere o è semplice pazzia?

Purtroppo l’incidente è sempre in agguato e tende a palesarsi più frequentemente quando si è stanchi. Anche una semplice distorsione, in fondo ad una cavità diventa più complicata che in un parco. A volte è inevitabile, l’unica cosa che possiamo fare è mantenere la calma e la lucidità necessaria per agire nel migliore dei modi, evitando a tutti i costi che subentri il panico, che non può far altro che peggiorare la situazione fino a risvolti drammatici.

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