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Ambiente

Caccia. Legambiente contro la Regione Piemonte: “Non continui a fare gli interessi dei cacciatori”

Redazione Quotidiano Piemontese

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caccia“I controlli sulla fauna problematica sono stati un fallimento, così pure i ripopolamenti, ma allora perché non se ne traggono le conseguenze e si cambia finalmente rotta? E si può considerare come vera “protezione della fauna” quella data dalle fasce di rispetto di strade e ferrovie che costituiscono circa la metà delle zone in cui la caccia è vietata?”. Sono queste alcune delle questioni poste da Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta nelle osservazioni alla proposta di Piano Faunistico Venatorio della Regione Piemonte. A più di vent’anni di distanza dalla legge nazionale 157 del 1992 la Regione ha infatti deciso di mettere mano a questo strumento di pianificazione per la protezione della fauna e per la regolamentazione dell’attività venatoria. Il Piano è in fase di osservazione per la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e per la Valutazione d’incidenza.

“L’ennesima sospensiva al calendario venatorio da parte del TAR lo scorso settembre, sospensiva motivata anche dalla mancanza appunto del Piano Faunistico Venatorio, ha fatto sì che, in tutta fretta, la Giunta Regionale adottasse una proposta di Piano –ricorda Rossana Vallino, responsabile del settore Altri Animali di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Nella proposta si leggono interessanti analisi retrospettive sulla gestione faunistica e la caccia in Piemonte, ad esempio sull’assurdità dei ripopolamenti, sull’inefficacia dei controlli della cosiddetta fauna problematica, sulla ridotta popolazione attuale dei cacciatori. Nonostante la giusta analisi sugli errori del passato, la proposta di Piano non ne tiene conto e si limita ad un po’ di raccomandazioni per mitigare le conseguenze negative. Alla fine ne deriva solo un brutto compromesso tra la protezione della fauna e la caccia che finisce per essere però più sbilanciato a favore di quest’ultima, contravvenendo alla finalità stessa del Piano che deve essere invece prima di tutto finalizzato ad una gestione conservativa della nostra fauna”.

Ad aggravare la situazione, per Legambiente, la presentazione nei giorni scorsi del Centro di lavorazione della selvaggina di Piscina (TO). La struttura, secondo l’associazione ambientalista, non farà altro che rafforzare la tendenza alla valorizzazione della fauna soltanto dal punto di vista economico e non contribuirà a risolvere l’emergenza cinghiali: “All’assessore Sacchetto che afferma che grazie all’attivazione del Centro di Piscina si realizza davvero il concetto di fauna come bene pubblico, non possiamo che rispondere che questo bene la maggioranza dei cittadini lo preferisce vivo! Una gestione ormai ventennale della specie cinghiale in Piemonte basata quasi esclusivamente sull’uccisone degli animali non ha dato risultati positivi ma anzi, in questi anni, più che mai sono cresciute le lamentele degli agricoltori, segno che qualcosa non funziona. Ma se una medicina non funziona la soluzione é prenderne di più o non sarebbe meglio cambiare cura?”, chiede retoricamente Rossana Vallino.

E’ la stessa proposta di Piano Faunistico Venatorio adottata lo scorso settembre dalla Giunta Regionale che mette in discussione la gestione della fauna selvatica negli ultimi anni: “È possibile affermare che gli interventi hanno reale efficacia se ad una maggiore intensità di controllo corrisponde una diminuzione dei danni economici. Per ogni provincia e per ogni anno sono stati confrontati il numero di capi controllati ed il numero di danni agricoli denunciati l’anno successivo. Per i corvidi ed i cinghiali le relazioni indicano l’assenza di effetti di controllo e addirittura di un incremento dei danni a seguito dei controlli stessi”, si legge a pagina 171 della proposta di Piano.

“Ci auguriamo davvero – dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – che la Regione Piemonte colga l’occasione del Piano per gettare finalmente le linee guida per una gestione più attenta e lungimirante del territorio e della fauna, nell’interesse di tutti, anche delle risorse economiche sempre più scarse e che non possono più essere sprecate per una gestione fallimentare e consumistica di un patrimonio che è di tutti i cittadini”.

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