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Processo No Tav: polemiche e testimonianza del leader di Rifondazione

Redazione Quotidiano Piemontese

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 Al processo che riguarda la “guerra in montagna”, ovvero gli ormai famigerati scontri tra polizia e attivisti No Tav di Chiomonte, in val Susa nell’estate del 2011, parla Paolo Ferrero, massimo esponente di Rifondazione Comunista dall’aula bunker del carcere Vallette di Torino: “E’ stato un assedio medievale. Gas, lacrimogeni su centinaia di persone senza vie di fuga“. Il leader di Rifondazione, presente agli eventi, sostiene di aver contattato il prefetto per comunicargli che la situazione era pericolosa, che non sembrava esserci via d’uscita, che tutto stava precipitando, era impossibile persino respirare a causa dei gas lacrimogeni nell’aria, vedere cosa succedeva, ma le informazioni che aveva lui erano diverse, quindi anche le valutazioni sugli scontri. Nessuna trattativa con le forze dell’Ordine fino a quando le cose sono precipitate. Ferrero è convocato come teste al processo contro i No Tav e rievoca i fatti del 27 giugno 2011, la notte precedente la manifestazione, le ruspe, lo sgombero dei presenti il giorno dopo e prosegue citando anche alcuni episodi del 3 luglio dello stesso anno. Una vera piccola guerra, una repressione secondo le sue descrizioni. Ad aggiungere tensione alla tensione è la perquisizione personale di Marco Scibona, sottoposto a controllo prima del suo ingresso nell’aula. Perquisito come tutti quelli che si presentano, dichiarano le forze dell’Ordine. Per ognuno la medesima procedura, tesserino parlamentare o meno, ma gli avvocati, in particolare Danilo Ghia, la ritiene una “violazione della Costituzione”.

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