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Cronaca

Rifugiati: l’appello all’accoglienza dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia

Redazione Quotidiano Piemontese

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© Gianfranco Bella - Fotolia.com

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“Faccio appello alle famiglie, alle realtà religiose, alle parrocchie, ad ogni persona di buona volontà e alle istituzioni perché si passi dall’emozione, che tante volte sale di fronte ai numerosi morti del mare di sicilia, all’impegno di prendersi fino in fondo la responsabilità di dare una risposta unanime e concreta a questa emergenza umanitaria”. Sono le parole pronunciate stamane da Cesare Nosiglia durante l’omelia alla festa di San Giuseppe Benedetto Cottolengo nel corso della quale ha espresso con forza il suo appello all’accoglienza dei rifugiati:

Chi sono oggi questi ultimi degli ultimi? L’elenco sarebbe lungo, ma desidero richiamarne alcuni che, per l’attuale momento storico che stiamo vivendo, appaiono sulla scena del nostro paese con grande evidenza, non sempre accettati perché troppo “altri” rispetto a noi e troppo “ingombranti” per essere accolti nella propria vita e anche nella propria casa, se necessario. Si tratta dei rifugiati che rischiano la vita affrontando viaggi carichi di dolore e di violenza inaudita, per avere un barlume di speranza che la loro esistenza possa cambiare e cercano, come ha detto Papa Francesco, una vita migliore, più giusta e più serena per se stessi e i propri cari. Quando sono stato in Brasile per la Giornata Mondiale dei giovani sono andato a San Paolo e ho visitato l’Arsenale della Speranza dove vengono accolti migliaia e migliaia di persone povere e bisognose di tutto. Ebbene, le grandi sale di questo edificio sono tutte riempite di graffiti dove si leggono tante frasi scritte in diversi dialetti del nostro paese, fatte da immigrati italiani che sono passati per questo luogo, adibito alla loro prima accoglienza…

Più di due milioni di persone che hanno affrontato un viaggio faticoso dal nostro paese a quel paese lontano, sognando un futuro migliore e, purtroppo, tanti non ce l’hanno fatta per gli stenti e le sofferenze affrontate. Mi chiedo allora: il nostro popolo che oggi si trova sostenere questa ondata di profughi si ricorda che a suo tempo molti dei suoi antenati – e non tanto lontano dai nostri tempi – hanno subìto la stessa sorte di questi fratelli e sorelle che oggi bussano alla porta del nostro paese? Forse sarebbe bene ricordalo perché farebbe bene al cuore e aprirebbe varchi di maggiore sensibilità e impegno di accoglienza verso di loro.

Per questo faccio appello alle famiglie, alle realtà religiose, alle parrocchie, ad ogni persona di buona volontà e alle istituzioni perché si passi dall’emozione, che tante volte sale di fronte ai numerosi morti del mare di sicilia, all’impegno di prendersi fino in fondo la responsabilità di dare una risposta unanime e concreta a questa emergenza umanitaria. la nostra chiesa locale – che si gloria di San Giuseppe Benedetto Cottolengo come di tanti altri santi della nostra terra, ultimo di tempo tra pochi giorni un Figlio del Cottolengo: Fratel Bordino che sarà proclamato beato – deve dare esempio ed essere in prima fila in questa gara di solidarietà mostrando che l’amore più grande, la cui icona è custodita nella Sindone, è reale e porta a compiere anche scelte che possono sembrare faticose, ma che si rivelano invece fonte di un profitto di beni umani, spirituali e sociali di cui necessitano le nostre famiglie e comunità.

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