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Cultura

Intervista con Roberto Gandus, autore de La Sarta

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Abbiamo intervistato Roberto Gandus, autore del noir “La sarta, Torino, 1942“. Il romanzo, Fratelli Frilli Editore, è ambientato nel 1942 in una Torino in piena Seconda Guerra Mondiale e prende spunto da un fatto di cronaca. Dalla morte di una sarta nasce il soggetto che si dipana nelle vicende dei personaggi che Gandus crea. Qui la recensione del libro.

La Sarta prende spunto da un fatto di cronaca del 1942. Come ne è venuto a conoscenza e cosa in quell’episodio l’ha spinto a costruirci intorno un romanzo?

Tutto il romanzo è costruito sull’ambiguità e sull’inganno. E’ davvero andata così? Davvero quella è la soluzione del caso oppure il ragazzino si è inventato qualcosa che forse non è avvenuto.
Il discorso sarebbe più lungo in ogni caso sul tema dell’ambiguità e dell’inganno ho voluto fare parte del gioco. Il fatto di cronaca è vero oppure inventato per costruire un clima per altro più che mai vero, oppure è la somma di vari fatti di cronaca del periodo?

La struttura del romanzo è particolare, con le due vicende narrate che si alternano senza (quasi) mai incrociarsi. Come mai questa scelta?

Sono un amante di quel grande sceneggiatore che è Guillermo Arriaga che ha costruito i film “21 grammi” “Babel” su varie storie che si incrociano questo lo spunto anche se ho sempre pensato che così è la vita.
Lei ed io in questo momento ci incrociamo, abbiamo vite parallele? Potremmo un giorno scontrarci o incontrarci come stiamo facendo? Che cosa ne scaturirà?
Le storie nel romanzo si incrociano eccome, pensi alla concorrenza del negozio del padre di uno dei ragazzi con quella del nostro Cohen ecc.

L’eroe, come a volte succede nei gialli, non è il poliziotto (che anzi è qui una figura fortemente negativa). Ma in questo caso non abbiamo proprio un “eroe” che si occupi di risolvere il mistero. Struttura atipica per un giallo/noir. Soddisfatto di questa scelta?

Non credo negli eroi, non ci sono eroi in questo lungo racconto, per un verso o per l’altro tutti sono personaggi negativi, tutti (torniamo al tema dell’inganno) ingannano tutti, per motivi diversi come credo avvenga nella vita (io sto ingannando lei tentando di rendere bello il mio lavoro).
Soddisfatto della scelta di non avere un detective, spero di aver reso la vita di uno dei periodi più negativi della nostra storia, non credo nell’etichetta giallo forse questo non lo è almeno lo spero, ma è la vita che ho vissuto da bambino (c’è molta autobiografia inconscia o forse no).

Gli episodi storici compaiono con estrema precisione e si fondono alla vicenda narrata. Ritiene che la stessa storia avrebbe potuto essere ambientata anche in un periodo storico diverso?

Ovvio che questa storia non poteva essere che ambientata in quel periodo anzi è il periodo, i fatti, le date che l’hanno costruita.

Lei è nato proprio negli anni in cui il romanzo è ambientato. Ha quindi vissuto da bambino gli ultimi anni di guerra e primi di ricostruzione. Qual è l’immagine più forte di Torino che ricorda di quel periodo?

Come ho detto forse c’è autobiografia proprio perché quegli anni mi hanno profondamente e drammaticamente segnato (non dimentichi che, ci fosse bisogno dirlo, sono ebreo).
Ricordo il giorno in cui tornato dallo sfollamento ho preso il tram e ho visto corso Vinzaglio, la piazza d’armi , la città che sfilava davanti ai miei occhi attoniti, come la prima volta che i miei mi hanno portato al cinema a vedere “La famiglia Sullivan” ero in galleria e se non mi avessero trattenuto, io, in piedi, mi sarei lanciato nello schermo. Di qui è nata la mia passione per il cinema.

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