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I dati sulla cultura in Piemonte nel 2015

Redazione Quotidiano Piemontese

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L’Osservatorio Culturale del Piemonte ha presentato, in occasione del Convegno conclusivo degli Stati generali della cultura presso il Teatro Carignano, “La cultura in Piemonte nel 2015 – Relazione annuale”. Lo studio – pubblicato ogni anno – restituisce lo stato del settore culturale in Piemonte, con particolare attenzione ai consumi, alla produzione e alle risorse economiche.

I dati sui consumi registrano anche per il 2015 una ripresa, seppur lenta, della partecipazione culturale: il 50% dei piemontesi ha assistito ad almeno una proiezione cinematografica durante l’anno e il 37% ha visitato almeno un museo. Percentuali più basse si registrano invece per altre attività come, la partecipazione a spettacoli teatrali o a concerti di musica classica (rispettivamente 19% e 12%). Su tutti, però, è ancora decisamente debole la lettura: il 52% dei residenti dichiara infatti di non avere letto alcun libro nel 2015.

Il Piemonte conferma la sua forte vocazione nel settore musei e beni culturali. I 5,66 milioni di ingressi nel 2015 hanno portato un aumento di visite pari all’8% sull’anno precedente. L’aumento più significativo si registra nell’area metropolitana torinese, dove si contano 4,7 milioni (+11% sul 2014); in crescita anche l’interesse per l’Abbonamento Musei.

Sul fronte economico, nel 2014, si è assistito per il secondo anno consecutivo a un aumento delle risorse destinate alla cultura, che, seppur contenutissimo, rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al trend negativo successivo alla crisi economica: gli enti pubblici e le fondazioni di origine bancaria hanno messo a disposizione del settore un totale di oltre 250 milioni di euro. La filiera della produzione culturale ha generato nel 2015 un valore aggiunto di 5 miliardi di euro, contando su oltre 21 mila imprese attive sul territorio che impiegano circa 80 mila occupati.

Dalla lettura complessiva dei dati emerge un quadro sostanzialmente positivo, che parrebbe indicare l’uscita da quella crisi in cui versava il settore da anni. È tuttavia una situazione più intricata, in cui segnali ottimistici non possono distogliere l’attenzione da una più generale contrazione dell’offerta; se la domanda resta attestata su un trend positivo, lo è di fronte a un’offerta essenzialmente stabile e comunque drasticamente ridotta rispetto al passato.

Pare dunque opportuno partire da un’analisi retrospettiva delle politiche culturali, per fare fronte a una domanda crescente senza ricorrere a un’offerta ipertrofica, che senta la necessità di farsi carico dei debiti pregressi, ma verificandone puntualmente l’utilità sociale e la sostenibilità della programmazione, anche attraverso la diffusione di una nuova cultura di impresa. Si tratta di un cambiamento non immediato, che necessita di una prospettiva di lungo periodo e di riflessioni condivise da una comunità professionale.

Il lancio degli Stati Generali della Cultura ricopre, in questo senso, un particolare significato; essi infatti hanno avviato una riflessione attorno alla futura strategia per la cultura, seguendo il filo conduttore di quattro aree tematiche quali governance, mondo del lavoro culturale, rapporti con i diversi pubblici e impresa culturale. Allo stesso tempo, hanno nutrito il processo di redazione di una nuova e unica legge regionale per la cultura.

Da questa esperienza è emersa una richiesta da parte degli operatori di un intervento forte della Regione, non limitato all’aspetto economico, ma capace di ascoltare i partner, creare le condizioni per lo sviluppo, operando su tre livelli:

· strumenti operativi che permettano di risolvere problematiche, magari circoscritte, ma che incidono sull’attività di un’impresa culturale

· dispositivi di sostegno per le politiche culturali e anche di semplificazione burocratica

· nodi di carattere strategico per arrivare a una programmazione che permetta di ritrovare senso e ruolo ai progetti culturali

Questo lo studio completo

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