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Storia della contraccezione in Italia tra falsi moralisti, scienziati e sessisti. Intervista con Matteo Loconsole

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Si chiama Storia della contraccezione in Italia tra falsi moralisti, scienziati e sessisti, è stato scritto da Matteo Loconsole per Pendragon ed è un saggio estremamente interessante che ripercorre le origini e il dibatto che dilagarono, in Italia, tra il secondo Ottocento e i primi del Novecento, intorno alla contraccezione e al controllo delle nascite.

Loconsole parte dai presupposti di Malthus, Darwin e Morel per poi concentrarsi sul movimento neomalthusiano e sul tentativo di superare gli antichi preconcetti che vogliono la donna come inferiore all’uomo e, dal punto di vista sessuale, null’altro che una macchina per produrre figli.

In questa analisi ha unn ruolo di primo piano la rivista “L’educazione sessuale”, pubblicata a Torino tra il 1913 e il 1915, che rappresentò una delle prime realtà italiane a promuovere una libera e pubblica discussione intorno a tematiche sino a allora ritenute tabù. Non più quindi sessualità a solo scopo riproduttivo e soprattutto non più donna succube e incapace di avere una propria vita e autonomia sessuale.

Il tutto teso alla consapevolezza che una buona educazione sessuale e contraccettiva avrebbe rappresentato un elemento essenziale per la salvaguardia dell’Italia. Ci si arrivò invece parecchi anni dopo e a dirla tutta la questione non è ancora pienamente risolta.

Matteo Loconsole ha risposto alle nostre domande.

Da dove nasce il tuo interesse per questo tema?

Il mio interesse per il tema della contraccezione, e in generale per il “problema sessuale”, nasce dalla necessità di rispondere a una domanda: perché, pur nella consapevolezza di quanto i problemi connessi con la sfera della sessualità e della prevenzione, si è spesso deciso “d’ignorare struzzescamente”, come scrisse Polledro, tali argomenti? Penso che, pur trattandosi di temi apparentemente di esclusiva pertinenza intima/personale, sia necessario discuterne pubblicamente come si fa con qualsiasi altro tema di rilevanza scientifica. D’altro canto, proprio l’ignoranza e la salvaguardia di un forse non sempre sincero sentimento del pudore, hanno influito nella formazione di un corpus di pregiudizi sessuali tuttora radicati nella nostra cultura.

Nel libro analizzi il dibattito da fine ‘800 ai primi decenni del ‘900. Possiamo però dire che la questione in Italia non sia ancora pienamente risolta?

Anzitutto, ho deciso di concentrarmi su questo preciso momento storico in quanto credo che la letteratura Otto-Novecentesca italiana (scientifica e non), rappresenti con efficacia quella “commistione”, di cui ho parlato nel libro, tra scienze naturali e pregiudizi culturali. Ad esempio, dall’idea dell’immoralità della limitazione delle nascite è scaturita la recriminazione “medica” della contraccezione in quanto pratica rischiosa per la salute della donna. Ciò detto, sebbene in Italia si stia riscontrando una certa apertura a trattare pubblicamente tali tematiche, credo che sia necessario lavorare ancora al fine di modificare la nostra forma-mentis e realizzare un sistema pedagogico che miri a educare l’individuo, sin dall’infanzia, in merito a ciò che concerne la sessualità e la prevenzione sessuale.

Nel volume tocchi solo di sfuggita il ruolo che la Chiesa ha svolto nella questione. Ritieni che abbia avuto un peso importante o secondario nel contrastare la voglia di conoscenza?

Più che dell’influenza della Chiesa in quanto istituzione ho evidenziato come ad avere un peso rilevante all’interno del dibattito sia stato il corpus di credenze e preconcetti determinati dalla lettura e/o dall’interpretazione delle Scritture. Ad esempio, rifacendomi alle parole degli studiosi esaminati, se da un lato posso affermare che per i clericali il controllo delle nascite non fosse peccato (sebbene praticabile solo attraverso la castità forzata), dall’altro, forti del principio biblico del “crescete e moltiplicatevi”, ritenevano che il ricorso ai mezzi anticoncezionali rappresentasse una violazione della stessa legge divina. In questo senso, quindi, si può dire che la voglia di conoscenza incontrò dei limiti. E poi, in nessun caso, nelle Scritture, l’educazione sessuale è giudicata peccato. Per riprendere un passo citato nel libro: meglio sfidare i pregiudizi e imparare a conoscere il mondo della sessualità, piuttosto che finire “in quel paese… dove Pinocchio si sentiva spuntare ai lati del capo certe cosuccie pelose e lunghe”!

Ci riassumi in poche parole l’importanza che la rivista “L’educazione sessuale”, edita a Torino, ebbe nel dibattito?

Sebbene pubblicata per soli due anni, dal 1913 al 1915, la rivista torinese “L’educazione sessuale” ricoprì un ruolo di massima importanza nel dibattito italiano su sessualità e contraccezione. Diretta dal medico torinese Luigi Berta e dall’avvocato Alfredo Polledro, “L’educazione sessuale”, che aveva ospitato scritti di autori di differente formazione e orientamento politico della storia Otto-Novecentesca, quali Filippo Turati, Benito Mussolini, Luigi Fabbri, Pio Foà ecc., rappresentò il primo tentativo, in Italia, per dar forma a un’iniziativa pubblica che, già dal titolo della testata, rivelava in maniera esplicita i propri propositi: promuovere, su scala nazionale, un programma di educazione e prevenzione sessuale prestando particolare attenzione alla questione, sino a allora poco dibattuta sulla scena pubblica, della contraccezione.

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