Seguici su

Piemonte

Il vescovo di Torino Cesare Nosiglia per Natale: l’accoglienza  rappresenta ancora oggi uno dei gesti più difficili

Redazione Quotidiano Piemontese

Pubblicato

il

Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, durante la messa della notte di Natate celebrata nel Duomo ha ricordato che Gesù è venuto a insegnarci una via migliore: quella di allargare i confini della nostra casa, famiglia, patria e cultura a tutti coloro che lo desiderano, rompendo steccati consolidati e superando divisioni di ogni genere. Secondo Nosiglia: “L’accoglienza  rappresenta ancora oggi uno dei gesti più difficili. La novità è Cristo, il figlio di Dio che nasce per noi, ma per accorgersene, e per sentire che lui sta bussando alla porta di casa, occorre non essere distratti, disattenti e preoccupati per altre cose, come lo sono stati gli abitanti di Betlemme, che gli hanno chiuso la porta delle loro case e del loro cuore”.

Il testo integrale del discorso di Cesare Nosiglia per la notte di Natale

Oggi è nato per noi il Salvatore». In questa notte santa, dopo oltre 2000 anni, risuona l’annuncio degli angeli, che ha segnato la storia dell’umanità e continua a stupire per la gioia che porta nel cuore di ogni persona. «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio»: questo è il grande mistero del Natale, del Dio-con-noi che si fa umile, povero, semplice bambino, indifeso e bisognoso di tutto e di tutti. Egli entra nella storia in punta di piedi.

Ogni Natale rinnova questo evento e lo ripropone in modo diverso e nuovo, perché Dio non si ripete mai. La sua venuta è come la nascita di un nuovo figlio, uguale nel suo significato a quella che l’ha preceduta, ma anche totalmente diversa e portatrice di speranze e attese sorprendenti. Che cosa porterà questo Natale 2017 alla nostra vita e alle nostre famiglie? Quale novità il Signore ha in riserbo per ciascuno di noi?

La novità è Cristo, il Figlio di Dio che nasce per noi. Ma per accorgersene e per sentire che Lui sta bussando alla porta di casa, occorre non essere distratti, disattenti e preoccupati per altre cose, come lo sono stati gli abitanti di Betlemme, che gli hanno chiuso la porta delle loro case e del loro cuore. L’accoglienza rappresenta anche oggi uno dei gesti più difficili, perché esige un atteggiamento e una scelta precisa: quelli della gratuità. La cultura, che persegue anzitutto il proprio interesse, ostacola l’apertura del cuore senza riserve verso gli altri. Viene meno il gesto libero e spontaneo e l’apertura alle persone senza secondi fini e tornaconti, per puro dono. Si ama chi ci ama, si aiuta chi ci può a sua volta aiutare, si accoglie chi un giorno ci potrà restituire quel favore.

La mia casa, la mia famiglia, i miei amici, il mio paese, la mia religione, la mia proprietà, tutto ciò che è mio è un valore e come tale va rispettato, accolto, accresciuto; ma guai a farne un assoluto, che chiude il cuore verso chi non rientra nel cerchio ristretto di questo “mio”. Gesù è venuto per insegnarci una via migliore: quella di allargare i confini della nostra casa, famiglia, patria e cultura a tutti coloro che lo desiderano, rompendo steccati consolidati e superando divisioni di ogni genere. Quel divino Bambino, che nasce a Betlemme per noi, ci porta la vera pace, perché ci salva dal peccato di orgoglio e di superbia, che ci impedisce di perdonare anche chi ci ha offeso o fatto del male, di fare il primo passo per riallacciare un rapporto o un’amicizia compromessa e data ormai per chiusa.

Ci libera dal peccato di indifferenza, che ci rende estranei a coloro che vivono accanto a noi in casa, nel lavoro, nella stessa città o paese. Egli nasce per tutti, amici e nemici, vicini e lontani, ricchi e poveri: nessun uomo è escluso dal suo amore; anche chi lo rifiuta e lo perseguita può contare sempre su di Lui.
«Pace in terra agli uomini che Dio ama», hanno cantato gli angeli. Sì, la pace è possibile quando nasce dentro di noi, accettando di fare spazio a Dio, e si traduce in gesti concreti di amore e di perdono, di impegno per la promozione della dignità di ogni uomo, per  l’abbattimento di ogni steccato che ci divide dagli altri. E questi altri sono, anzitutto, quelli che vivono con noi ogni giorno, nella nostra casa, verso i quali non vanno mai dati per scontati l’amore sincero e disinteressato, l’ascolto delle loro esigenze anche spirituali, la piena condivisione dei loro problemi mediante un dialogo ed incontro meno frettoloso e superficiale.

Il regalo più importante di Natale per ogni membro della famiglia, marito e moglie, genitori e figli, fratelli ed anziani, è il saper perdere un po’ del nostro tempo prezioso per stare di più insieme, per parlare ed ascoltare quello che gli altri hanno da dirci, per apprezzarne di più
le doti positive, per mostrarsi meno indifferenti o estranei alle necessità interiori di ciascuno.
Gli “altri” sono anche tutte quelle persone che a Natale usufruiscono delle briciole, che cadono dalla tavola dei consumi abbondanti delle famiglie e della società, ma restano spesso sole e senza l’affetto e l’amicizia di una casa e di una famiglia. A Natale ci si sente tutti
più buoni e disponibili e spesso si riscoprono i poveri, ai quali riserviamo qualche buona azione e generosa elemosina e solidarietà: sono gesti belli e significativi, se non restano però isolati. «I poveri – ci ricorda il Signore – li avete sempre con voi» (cfr. Mc 14,7). Basta avere occhi per vedere, orecchie per ascoltare, mani per sostenere e cuore per amare.

Guardare negli occhi una persona che soffre e stargli vicino costa tempo ed impegno, ma rende molto di più, ti fa sentire vivo e utile, ti dà la carica dell’amore e realizza i più bei sogni che hai nel cuore. Cari amici – e cari giovani in particolare –, se questa notte siete venuti qui, ne sono certo, è perché avete in voi un desiderio di amore, di gioia e di amicizia più grande di quelli che già sperimentate: non accontentatevi di ciò che siete e di come vivete,
dei risultati che pensate di aver raggiunto; si può gustare la vita con ancora maggiore gioia e frutto, se, uscendo da voi stessi, saprete donarvi con sincerità a chi attende da voi segnali e gesti dicondivisione e di solidarietà.

A voi tutti e alle vostre famiglie giungano i miei auguri più sinceri,accompagnati dalla mia preghiera, perché possiate aprire il cuore alla sorpresa che Dio ha in serbo per ciascuno in questo Natale. Come Maria, la Vergine Madre, possa ogni famiglia ed ognuno di noi serbare
dentro di sé e meditare tutte le esperienze che gli capiteranno in questi giorni, aprendo la propria casa alla visita del Figlio di Dio per accoglierlo con fede e riconoscerne la presenza in coloro che, in un modo o nell’altro, Egli ci farà incontrare.

Il discorso della Messa di Natale di Cesare Nosiglia

Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci. Non c’è spazio per la tristezza in questo giorno in cui nasce la vita – una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse
eterne. Nessuno è escluso da questa felicità, il santo e il peccatore, il ricco e il povero, il sano e il malato, il credente e ogni uomo di buona volontà. Sì, Gesù è la luce che illumina ogni uomo che viene in
questo mondo, perché è il Salvatore di tutti.

Da che cosa dobbiamo essere salvati? Dal nostro peccato di orgoglio, radice di ogni male, e dal formalismo e dall’indifferenza nei rapporti con gli altri, anche con chi vive accanto a noi ogni giorno. Il Natale è la festa della ritrovata semplicità nel cuore e nella vita, perché ci mette davanti ad un Bambino, nato per noi: il Figlio di Dio che si fa umile e povero e ci chiama a riconoscerlo nella fede, ma anzitutto
ad accoglierlo nel cuore.

Il fascino del Natale nasce anche da questo: dentro ciascuno di noi c’è sempre nostalgia di quel bambino che eravamo un tempo e che oggi è soffocato da tante altre esigenze e problemi, ma pur sempre desideroso di affetti sinceri, di incontri gioiosi, di speranze e certezze non deluse. Il mondo in cui viviamo è spesso artefatto, per cui il luccichio delle cose e l’apparire prevalgono sulla sostanza del
messaggio e del contenuto; lo spettacolo si confonde con la realtà e la realtà si vive come un teatro, in cui siamo attori di una parte scritta, non da noi, ma da altri registi; in ogni situazione di vita –
famiglia, lavoro, società – si consuma una gara spietata per arrivare primi e superare gli altri o per mantenere comunque il potere
acquisito con tanta fatica.

Erode, quando i Magi gli annunciano la nascita di Gesù, ha paura di perdere il suo potere regale e tenta in ogni modo di soffocare quel neonato che tanto lo turba. Nel corso della storia di ieri e di oggi ritorna prepotente questa tentazione dell’uomo di soffocare il bambino Gesù, stemperando il suo Natale in mille luci, regali, corse affannate al consumismo, emozioni forti e passeggere di buonismo per mascherare l’impatto terribile con quel Dio troppo poco Dio, troppo poco catalogabile dentro i nostri schemi razionali, culturali e sociali.
Eppure, se vogliamo veramente vivere il Natale nella sua pienezza di gioia e di pace, è necessario affrontare questo discorso con noi stessi anzitutto, svuotarci un po’ del nostro io superbo e altero e
diventare più semplici ed umili, più discepoli che maestri, più ultimi che primi.

Il Natale è festa sincera e vera e ci invita a ricuperare la verità e sincerità della nostra vita dentro il tessuto concreto dei nostri rapporti familiari, professionali, sociali; a rigettare la maschera, che a volte nasconde il nostro vero volto e intorpidisce il cuore; a saper sorridere agli altri e a salutare magari chi ci è antipatico o a perdonare chi ci ha fatto un torto; a telefonare per gli auguri anche a chi da tempo non sentiamo più o con cui abbiamo rotto i ponti dell’amicizia e del dialogo; a guardare negli occhi le persone che incontriamo tutti i giorni: marito, moglie, figli, anziani, colleghi di lavoro, poveri o sofferenti che vivono soli o che incontriamo, ad accorgerci di loro e dei segnali che ci lanciano di aiuto, di richiesta di comprensione, di maggiore affetto e vicinanza, di un incontro meno frettoloso del solito, di un gesto sincero di amicizia.

Sì, il Signore, che rinasce tra noi, apra i nostri occhi per vedere, le nostre orecchie per udire e il nostro cuore per gioire delle persone che ci sono vicine, nel quotidiano della nostra casa e del nostro lavoro, ma anche sulla strada o che vivono insieme a noi nella nostra città, anche se sono di un altro Paese o religione. Nessuno può essere escluso o rifiutato, perché sarebbe un rinnovare quello che ci
ha detto il Vangelo di oggi: egli, il Figlio di Dio, venne tra quelli della sua casa, fatto uomo in mezzo agli uomini, e i suoi non lo hanno né riconosciuto né accolto in ciascuno dei loro simili.

Rinnovo pertanto l’invito a ospitare a pranzo nella nostra casa un povero senza dimora, che può essere segnalato dalla Caritas o dalla san Vincenzo della parrocchia. Attraverso di lui, infatti, Gesù Cristo
ci visita, ci parla, si comunica: ogni persona è sempre il tesoro più prezioso da scoprire, perché in essa c’è il Figlio di Dio, la sua viva presenza, il Dio-con-noi che vuole incontrarci ed amarci. Fare spazio
a Dio significa fare spazio all’uomo, ad ogni uomo, soprattutto solo, malato o senza diritti e scartato da tanti, perché entri da amico nella nostra casa, nella nostra vita.

Cari amici – e cari giovani in particolare –, se oggi siete venuti qui, ne sono certo, è perché avete in voi un desiderio di amore, di gioia e di amicizia più grande di quelli che già sperimentate: non accontentatevi di ciò che siete e di come vivete, dei risultati che pensate di aver raggiunto; si può gustare la vita con ancora maggior gioia e frutto, se, uscendo da voi stessi, saprete donarvi con
sincerità a chi attende da voi segnali e gesti di condivisione e di solidarietà.

A voi tutti e alle vostre famiglie giungano i miei auguri più sinceri, accompagnati dalla mia preghiera, perché possiate aprire il cuore alla sorpresa che Dio ha in serbo per ciascuno in questo Natale. Come
Maria, la Vergine Madre, possa ogni famiglia ed ognuno di noi serbare dentro di sé e meditare tutte le esperienze che gli capiteranno in questi giorni, aprendo la propria casa alla visita del Figlio di Dio,
per accoglierlo con fede e riconoscerne la presenza in coloro che, in un modo o nell’altro, Egli ci farà incontrare.

Buon Natale ad ogni famiglia e ad ogni uomo di buona volontà, che Dio ama.

Iscrivi al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese