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Cronaca

Coronavirus. Uilm: oltre 3 mila lavoratori senza copertura Cig per Covid nel Torinese

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Sono oltre 3 mila, secondo l’ultima rilevazione della Uilm di Torino, i lavoratori metalmeccanici della provincia che, a causa dei ritardi dell’Inps, non hanno ancora ottenuto l’erogazione diretta della cassa integrazione annunciata dal Governo per l’emergenza Covid-19. Nonostante le promesse di una pronta attivazione dei pagamenti per dare copertura immediata ai lavoratori posti in cassa integrazione a seguito del lockdown, sono numerose le segnalazioni di ritardi da parte dell’Inps e dunque di mancati versamenti. Per lo stesso motivo, anche la convenzione siglata dall’Abi e dal ministero del Lavoro per consentire l’anticipo dell’ammortizzatore sociale resta sulla carta, perché l’Inps sta ritardando le autorizzazioni e, per tale ragione, le banche non hanno ancora avviato il pagamento degli anticipi.

Si tratta di un fatto grave, che mette a repentaglio la tenuta economica e sociale del nostro tessuto produttivo proprio nel momento in cui si inizia a ipotizzare un calendario, tutto da definire, per la ripartenza produttiva. Al riguardo, sarebbe utile e doveroso che la Regione Piemonte e le parti sociali definissero un protocollo per fornire indicazioni chiare all’intero comparto produttivo. Tale documento dovrebbe affrontare anche la questione delle attività correlate, a partire dai trasporti pubblici, per garantire adeguati standard di sicurezza ai lavoratori che dovranno rientrare. In quest’ottica, è auspicabile che la Regione consideri, in via sperimentale e su base volontaria, l’utilizzo dei test sierologici per tenere sotto controllo l’andamento del virus tra i lavoratori che saranno richiamati in azienda.

Dichiara Luigi Paone, segretario della Uilm di Torino: “È fondamentale per l’economia del Paese e della nostra regione far ripartire le attività produttive in modo progressivo e adottando tutte le misure per garantire la salute dei lavoratori, ma è altrettanto essenziale che, in un momento difficile come questo, agli annunci del Governo seguano provvedimenti concreti in grado di dare un supporto reale ai lavoratori. Occorre intervenire anche a livello locale: senza un protocollo unico, in un tessuto produttivo strutturalmente frazionato il rischio è che le aziende si muovano in autonomia rendendo rischioso e ingestibile il rientro dei lavoratori nella cosiddetta Fase 2. Siamo inoltre molto preoccupati per il futuro delle Pmi, che di fronte a un eventuale slittamento dei tempi per la ripartenza, correrebbero il serio rischio di non riaprire più”.

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