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Parto: l’ospedale Sant’Anna di Torino primo in Italia per volume attività

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In base ai dati Istat, in Italia nel 2021 si è scesi per la prima volta sotto la soglia psicologica dei 400 mila nuovi nati. Quanto ai ricoveri per parto, se ne sono registrati appena 398.506 (fonte: PNE 2022). Ormai da tempo si assiste al loro progressivo calo, un trend su cui l’avvento della pandemia da Covid-19 non ha praticamente influito, spiegano gli autori del report. Il crollo di questi eventi, secondo gli analisti, va addebitato piuttosto a una denatalità persistente da oltre 30 anni e alla conseguente contrazione del numero di donne in età fertile a cui si sommano scarse politiche a sostegno della famiglia.

A calare sono anche i punti nascita, che da 475 nel 2019 sono passati a 442 nel 2021 (dalla pagina dei risultati di ricerca di Doveecomemicuro.it è possibile individuare quelli che eseguono almeno 10 parti annui). Ma in quali di questi si sono registrate più nascite?

“L’alto numero di parti eseguiti in un anno si traduce in maggiori garanzie di sicurezza per mamme e bambini. Un alto volume di attività è, quindi, tra i fattori di cui tenere conto al momento di scegliere l’ospedale in cui dare alla luce il proprio bambino”, spiega la Prof.ssa Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e membro del comitato scientifico di Doveecomemicuro.it.

I 15 punti nascita più performanti per volume di parti

  • Ospedale Sant’Anna – A.O.U Città della Salute e della Scienza di Torino (n° parti: 6964) (cesarei: 16%) (VBAC: 24,8%)
  • Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano (n° parti: 5949) (cesarei: 27,5%) (VBAC: 7,2%)
  • Policlinico Casilino di Roma – Eurosanità (n° parti: 4631) (cesarei: 31,26%) (VBAC: 9,19%)
  • Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma (n° parti: 4126) (cesarei: 20,17%) (VBAC: 9,88%)
  • Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (n° parti: 4000) (cesarei: 11,6%) (VBAC: 18,82)
  • Ospedale San Pietro di Roma – Fatebenefratelli (n° parti: 3934) (cesarei: 29,63%) (VBAC: 4,12%)
  • Ospedale San Giovanni Calibita di Roma – Fatebenefratelli (n° parti: 3393) (cesarei: 27,97%) (VBAC: 13,87%)
  • Ospedale Maggiore C.A. Pizzardi di Bologna – AUSL Bologna (n° parti: 3287) (cesarei: 15,12%) (VBAC: 17,92%)
  • Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano – ASST Fatebenefratelli Sacco (n° parti: 3248) (cesarei: 9,73% (VBAC: 23,08%)
  • Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze (n° parti: 3139) (cesarei: 12,88%) (VBAC: 16,67)
  • Presidio Ospedaliero Spedali Civili di Brescia – ASST Spedali Civili (n° parti: 3060) (cesarei: 16,05%) (VBAC: 21,34%)
  • Policlinico di Modena (n° parti: 2984) (cesarei: 16,92%) (VBAC: 26,45%)
  • Fondazione Poliambulanza di Brescia – Istituto Ospedaliero (n° parti: 2910) (cesarei: 18,46%) (VBAC: 24,53%)
  • Azienda Ospedaliera di Padova (n° parti: 2898) (cesarei: 23,72%) (VBAC: 19,7%)
  • Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli (n° parti: 2757) (cesarei: 29,97%) (VBAC: 5,45%)

(Le percentuali riportate si riferiscono ai dati del PNE aggiustati*).

Solo il 32,1% dei punti nascita supera i 1000 parti annui
Tra i punti fermi per valutare la sicurezza di una struttura c’è la soglia minima fissata dalle autorità ministeriali – con l’Accordo Stato Regioni del 2010 ripreso nel DM 70/2015 – di 1000 parti annui. A rispettarla, nel 2021, sono 142 punti nascita, pari al 32,1% delle strutture nazionali che, da sole, coprono il 63,3% dei parti totali.

Il 31% degli ospedali non oltrepassa i 500 parti annui
Nel 2021, 137 maternità, pari al 31% del totale, non superano i 500 parti annui (soglia minima per il mantenimento dei punti nascita): questi centri coprono appena il 6,9% della casistica nazionale. Nel 2020 i punti nascita che non superavano il tetto erano 141 per un valore corrispondente di casistica pari al 6,8%.

Rispetto degli standard sui cesarei: i dati sono in lieve miglioramento rispetto al 2020
Il DM 70/2015 fissa una soglia massima di tagli cesarei primari pari al 25% per i punti nascita sopra i 1000 parti annui e al 15% per quelli sotto i 1000 parti annui. A rispettare lo standard nel 2021 sono il 69,7% dei centri sopra i 1000 parti annui e il 14,1% di quelli sotto (escludendo i centri che non superano i 500 parti annui interessati da un elevato ricorso del taglio cesareo): questi dati sono in lieve miglioramento rispetto al 2020, quando le percentuali si attestavano rispettivamente al 62,8% e al 10,1%.

“Benché la proporzione di parti con taglio cesareo primario sia fortemente diminuita rispetto ai primi anni Duemila – quando era intorno al 40% -, le percentuali osservate nell’ultimo periodo rimangono però ancora al di sopra della soglia indicata dall’OMS del 10-15%, che garantisce il massimo beneficio complessivo per la madre e il bambino”, commentano gli autori del PNE 2022.

Parti vaginali in donne con pregresso cesareo
La quota (mediana) di VBAC (Vaginal Birth After Cesarean) – parti vaginali dopo pregresso cesareo – in Italia, nel 2021, è pari a 6,7%: in lieve aumento rispetto agli anni precedenti. Si tratta di un altro indicatore che consente di valutare la qualità dell’assistenza erogata nei punti nascita.

“Le linee guida internazionali, in assenza di particolari condizioni di rischio, non escludono questo tipo di parto in donne precedentemente sottoposte a taglio cesareo. In Italia, però, la proporzione di VBAC è ancora complessivamente bassa e l’incremento nel tempo estremamente contenuto”, spiegano gli autori del PNE 2022.

Un portale in aiuto dei cittadini
Il portale di Public Reporting delle strutture sanitarie italiane Doveecomemicuro.it, che vanta un database di oltre 6300 strutture (sanitarie pubbliche e private, centri specialistici, polispecialistici, diagnostici e residenze sanitarie), rappresenta un punto di riferimento per i cittadini alla ricerca di un punto nascita.
Per operare un confronto tra gli ospedali per quanto riguarda i volumi di parti e gli altri indicatori è sufficiente inserire nel “cerca” la voce “parto” e poi limitare la ricerca alla città o alla Regione di appartenenza. In cima alla pagina dei risultati compariranno i centri ordinati per volume, per vicinanza o in base ad altri criteri selezionabili.

*Dati del PNE aggiustati: nei rapporti del PNE viene effettuato un aggiustamento degli indicatori attraverso l’utilizzo di metodi di risk adjustment, che permettono di studiare le differenze tra strutture e/o aree territoriali (espresse in termini di Rischio Relativo) “al netto” del possibile effetto confondente della disomogenea distribuzione delle caratteristiche dei pazienti. Si tiene conto, cioè, delle possibili disomogeneità esistenti nelle popolazioni studiate, dovute a caratteristiche quali età, genere, gravità della patologia in studio, presenza di comorbidità croniche, ecc., fattori che possono agire come confondenti dell’associazione tra esito ed esposizione.

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