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Cronaca

Uccise il padre per difendere la madre, Alex Pompa condannato a 6 anni e 2 mesi

Alex uccise il padre con 34 coltellate

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TORINO – La Corte d’assise d’appello si è pronunciata: Alex Pompa, che nel frattempo ha cambiato cognome prendendo quello della madre, è stato condannato a sei anni, due mesi e 20 giorni di carcere per aver ucciso il padre.

I fatti: l’omicidio a Collegno

Giovedì 30 aprile, intorno alle 23, al sesto piano del palazzo in via Edmondo De Amicis 47, a Collegno, Alex Pompa – all’epoca 18enne – uccide con 34 coltellate il padre Giuseppe Pompa, un operaio di 52 anni incensurato. L’omicidio arriva al culmine di una lite, una reazione all’ennesima aggressione da parte dell’uomo nei confronti della moglie, Maria Cotoia.

“Ho agito per difenderci. Per difendere me, mia madre e mio fratello. Mio padre stava andando in cucina a prendere un coltello e io l’ho anticipato” – queste le dichiarazioni fornite ai giudici e ai carabinieri quando il giovane, difeso dall’avvocato Claudio Strata, si è costituito. Al momento dell’omicidio, in casa erano presenti sia la moglie che l’altro figlio maggiorenne, Loris, di 21 anni.

Secondo la tesi dell’accusa Alex ha agito in anticipo prendendo il coltello e colpendo il padre disarmato alla schiena e poi per altre 33 volte fino a ucciderlo. Per questo erano stati chiesti 14 anni di reclusione.

Le reazioni dopo la sentenza

Il fratello e la madre di Loris, subito dopo il verdetto arrivato dopo un lungo iter giudiziario, hanno dichiarato: “Non siamo assolutamente d’accordo. Alex dev’essere assolto, ci ha salvato la vita. Senza di lui non saremmo qui. Alex non è un assassino, non lo è. Assolutamente non lo è”. Queste le parole riportate da La Stampa.

L’avvocato Strata ha commentato: “Siamo passati da un’assoluzione in primo grado a una condanna con richiesta di trasmissione degli atti per valutare le dichiarazioni della madre e del fratello. È una scelta incomprensibile, leggeremo le motivazioni. Sono stati sentiti una prima volta la notte del 30 aprile. Poi il tribunale del Riesame aveva ordinato di risentirli subito, sino a che non potevano incontrarsi e avere contatti di alcun tipo, ma non è stato fatto. Sono stati sentiti in dibattimento. Per il tribunale era testimoni affidabili, per questa Corte evidentemente no. Sono testimoni falsi. È un aspetto molto difficile da accettare”.

La Corte ha ordinato la trasmissione degli atti in procura per valutare le dichiarazioni rese dalla madre e dal fratello.

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