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Cultura

Le origini piemontesi della caffettiera Moka

Eccellente esempio di Art Déco, la Moka è diventata col tempo un’icona e un simbolo del Made in Italy

Gabriele Farina

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OMEGNA – Se pensiamo al caffè, inutile negarlo, viene in mente Napoli, eppure il caffè è strettamente legato anche al Piemonte. Nelle nostre terre è stata infatti inventata la caffettiera Moka, oggi utilizzata in tutto il mondo. Era il 1933 e l’idea fu di Alfonso Bialetti.

Fino a quel momento erano vari i metodi con cui l’acqua bollente si fondeva con la polevere di caffè per dar vita alla bevanda. Lo strumento più utilizzato era la caffettiera napoletana, che vediamo in tanti storici film italiani. L’acqua bolle, la caffettoera viene girata e l’acqua bollente cola passando attraverso la polvere di caffè e scendendo nella camera sottostante.

La nascita della Moka Bialetti

Nel 1933 Alfonso Bialetti, che si occupava di alluminio a Omegna, sul lago d’Orta, ebbe l’idea di un nuovo progetto, ribaltando il funzionamento. Nella Moka infatti l’acqua attraversa la polvere di caffè non colando ma salendo, durante la bollitura. L’effetto di questa tecnica “più violenta” è un caffè più corposo, più pieno e con quella tipica cremina che ne è la caratteristica principale.

L’origine del nome

Bialetti scelse il nome Moka ispirandosi alla città di Mokha, nello Iemen, da dove all’epoca arrivavano le migliori qualitè di caffè.

Un oggetto di design

Eccellente esempio di Art Déco, la Moka è diventata col tempo un’icona e un simbolo del Made in Italy, tanto da essere presente nella collezione permanente della Triennale di Milano e del MoMA di New York.

A rendere la Moka ancora più iconica ci pensò Paul Campani, che nel 1953 inventò per Carosello l’omino coi baffi, il pesonaggo cha da allora si affianca alla caffettiera. Pare fosse ispirato a Renato Bialetti, figlio di Alfonso.

La storica pubblicità della Moka Bialetti

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