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Due quattordicenni arrestati per rapina su un treno Torino-Milano: il CNDDU lancia un appello per l’inclusione educativa
La scuola, ricorda il Coordinamento, può e deve giocare un ruolo centrale nella prevenzione del disagio giovanile, ma ha bisogno di essere sostenuta da una rete ampia e stabile

TORINO – Due ragazzi di 14 anni, privi di documenti, sono stati arrestati nei giorni scorsi a Milano Centrale, al termine di un viaggio in treno partito da Torino. Secondo le autorità, sarebbero responsabili di una rapina impropria a bordo, in possesso di un coltello e di altri oggetti sottratti a un passeggero. La notizia, già di per sé grave, ha sollevato interrogativi più ampi sulle condizioni di vita e le opportunità mancate di molti adolescenti ai margini.
A esprimere “seria preoccupazione” è stato il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), che attraverso una nota ufficiale ha voluto riportare l’attenzione sul contesto sociale e culturale in cui maturano episodi del genere. “Non si tratta di un caso isolato”, sottolinea il presidente del CNDDU, prof. Romano Pesavento. “È il risultato di una marginalizzazione crescente che colpisce minori invisibili ai radar delle istituzioni scolastiche, sanitarie e civili”.
Il Coordinamento non mette in discussione l’operato delle forze dell’ordine né della magistratura minorile, ma invita a un’analisi più profonda, che coinvolga l’intero sistema educativo e sociale. “A 14 anni – prosegue il comunicato – non si dovrebbe né conoscere né usare la violenza per sopravvivere. Se ciò accade, è il segnale di un fallimento collettivo”.
Legalità e prevenzione, non solo repressione
L’associazione di docenti rilancia la necessità di strategie di prevenzione integrata, che vadano oltre la semplice risposta repressiva. Tra le proposte: il potenziamento dell’educazione alla legalità nelle scuole, la mappatura dei minori dispersi dai percorsi scolastici, il rafforzamento della rete tra scuole, servizi sociali e giustizia minorile, e investimenti mirati nei territori più fragili, dove troppo spesso la scuola rappresenta l’unico presidio pubblico.
“Criminalizzare il disagio minorile o, peggio, associare devianza a origine etnica è un errore culturale prima ancora che politico”, avverte il CNDDU, che invita a non oscurare le vere cause alla radice del fenomeno: abbandono, esclusione, traumi non elaborati, assenza di adulti di riferimento.
La scuola non può essere lasciata sola
La scuola, ricorda il Coordinamento, può e deve giocare un ruolo centrale nella prevenzione del disagio giovanile, ma ha bisogno di essere sostenuta da una rete ampia e stabile. Non bastano le buone intenzioni degli insegnanti. Servono consultori, educatori di strada, psicologi, assistenti sociali, in grado di costruire percorsi individualizzati di reinserimento, motivazione e cura.
Da qui l’appello del CNDDU alle istituzioni: costruire insieme progetti di educazione civica, supporto psicologico e inclusione sociale, capaci di offrire alternative concrete alla violenza e alla marginalità.
“Ogni adolescente – conclude il professor Pesavento – ha diritto a un futuro libero dalla violenza, ma anche a una comunità adulta che non rinunci al proprio ruolo educativo”.
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Ardmando
13 Luglio 2025 at 8:56
MA quale inclusione educativa. Occorre pugno di ferro in guanto di ferro. Ogni adolescente che fa cose del genere ha genitori che vanno presi a bastonate sui denti.