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Aggressione omofoba a Cuneo: condannato a tre anni e otto mesi ma senza aggravante per discriminazione sessuale

La vittima, un giovane cuneese, ha riportato gravi lesioni. Il giudice riconosce l’aggravante dei futili motivi, ma non quella per discriminazione sessuale.

Gabriele Farina

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CUNEO – È stato condannato a tre anni e otto mesi di reclusione il ventisettenne domiciliato a Fossano, ritenuto responsabile di un’aggressione avvenuta in Piazza Boves nel maggio del 2023. La sentenza, emessa questa mattina dal Tribunale di Cuneo, ha riconosciuto l’imputato colpevole dell’aggressione che provocò gravi lesioni a un giovane cuneese, tra cui una frattura alla clavicola, un trauma cranico e contusioni multiple, per una prognosi complessiva di 87 giorni.

La vittima, costituitasi parte civile attraverso l’avvocato Antonio Dell’Aversana, riceverà una provvisionale di 5.000 euro. L’ammontare definitivo del risarcimento verrà stabilito in sede civile.

Secondo quanto ricostruito in aula, l’aggressione sarebbe avvenuta in modo del tutto immotivato. La vittima stava passeggiando con un amico per festeggiare un compleanno. I due erano a braccetto e, in un gesto di affetto, si erano scambiati un bacio sulla guancia. In quel momento, l’imputato si sarebbe avvicinato, fraintendendo il gesto come rivolto a lui, e avrebbe reagito con violenza. Dopo aver colpito il giovane alla spalla, lo avrebbe fatto cadere a terra, continuando poi a colpirlo con calci e pugni. Durante l’aggressione, avrebbe anche pronunciato insulti omofobi.

Proprio su queste espressioni si era concentrata la richiesta della Procura, che aveva domandato il riconoscimento dell’aggravante per discriminazione sessuale. Il pubblico ministero Mario Pesucci aveva sottolineato il carattere esplicitamente discriminatorio delle parole pronunciate dall’imputato, definendole un’espressione di omofobia non rivolta solo alla vittima, ma potenzialmente a chiunque presente in quel momento.

Futili motivi ma non discriminazione sessuale

Il giudice, tuttavia, ha respinto la richiesta, ritenendo invece sussistente l’aggravante dei motivi abietti e futili.

Durante il processo, l’avvocato Dell’Aversana ha contestato l’idea che si possa identificare un “comportamento omosessuale” riconoscibile, affermando che tale concetto non ha fondamento, a prescindere dall’orientamento della vittima, che ha confermato i fatti nel corso dell’istruttoria.

La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Enrico Gallo, ha sostenuto che si fosse trattato semplicemente di un litigio avvenuto all’esterno di un bar. Secondo la sua ricostruzione, il fatto sarebbe stato decontestualizzato, e l’insulto – pur offensivo – non avrebbe avuto le caratteristiche per giustificare un’aggravante per discriminazione. A sostegno della sua tesi, ha fatto riferimento anche a recenti dichiarazioni del pontefice sul tema.

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